Gol e polemiche: Mateo Retegui è solo l’ultimo degli oriundi nell’Italia

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L’Italia ieri sera è uscita sconfitta dal Maradona nella prima partita valida per le qualificazioni a Euro2024. Gli inglesi di Southgate si sono imposti 1-2 con le reti di Rice e Kane. Inutile il gol all’esordio con la maglia azzurra (e senza giocare neanche un minuto in Serie A) di Mateo Retegui, l’argentino entrato in Nazionale questa settimana e che tanto ha fatto discutere.

IL PRECEDENTE

L’ultimo successo risale a undici anni fa quando, in un match amichevole disputato allo Stade de Suisse in Berna, la Nazionale dei tre leoni vinse per 2-1 contro gli azzurri.

La selezione di Cesare Prandelli si porta in vantaggio con la rete di Daniele De Rossi e gli avversari rimontano con i gol di Jagielka e Defoe. Del resto, nel 1961 allo Stadio Olimpico in Roma l’Inghilterra vince l’ultima trasferta contro l’Italia. Un incontro segnato dalla doppietta di Hitchens e il gol decisivo di Greaves.

A mettere a segno la marcatura del momentaneo pareggio per gli azzurri è stato Enrique Omar Sivori. Un calciatore – ovvero un oriundo in gergo giornalistico – straniero di adozione e italiano per professione. El Cabezón era argentino, ma viene insignito del premio del Pallone d’Oro in qualità di migliore giocatore d’Europa.

L’attaccante nasce a San Nicolás de los Arroyos da una famiglia di immigrati. Mentre il nonno paterno proviene da una cittadina della Liguria, la madre è di origine abruzzese. In ossequio della normativa vigente il cittadino italiano nato e residente in uno stato estero conserva la cittadinanza italiana.

Dopo avere vinto la Copa America del 1957 con la Seleccion, nel 1961 il centravanti fa la sua prima apparizione con la maglia dell’Italia nella partita amichevole contro l’Irlanda del Nord. Dopo un mese, il calciatore prende parte al match, che ha ricordato il commissario tecnico Gareth Southgate in conferenza stampa della vigilia.

L’Italia – come allora – affronta un dibattito sterile. Un disegno di legge che il Partito Democratico ha proposto allo scopo di modificare la legislazione vigente, secondo cui la cittadinanza italiana si acquista iure sanguinis. Tuttavia, la riflessione secondo cui è italiano solamente il nativo, il quale nasce sul territorio italiano è perfettamente confutabile.

L’argomento interpretativo è tautologicamente errato, in quanto la nazionalità si riferisce all’appartenenza a una Nazione come entità etnica. Per contro, la cittadinanza è un’obbligazione dalla quale derivano diritti e doveri nei confronti dello Stato.

L’ULTIMO DEGLI ORIUNDI

Mateo Retegui è solamente l’ultimo discendente di immigrati italiani, i quali sono fuggiti nel Latino America per inseguire un intento di redenzione. Mister Roberto Mancini si è espresso sulla questione:

“Lo stavamo seguendo da tempo. È un ragazzo giovane che gioca titolare da due anni nel campionato argentino. Ha qualità che a noi mancano, pensavamo che non volesse venire ma ha detto subito di sì e lo abbiamo convocato”.

La naturalizzazione tautologicamente non prevede l’acquisizione della nazionalità straniera, bensì della cittadinanza. Una pratica che presagisce il riconoscimento di un vinculum, che non soppianta, eppure integra l’essenza dell’individuo. Lo straniero ha il sangue argentino, ma è pleonastico sia italiano a tutti gli effetti.

Durante il fascismo Vittorio Pozzo – commissario tecnico della Nazionale – deve trovare una soluzione per permettere agli azzurri di competere per la vittoria della Coppa Rimet del 1934. L’allenatore piemontese parla con il Presidente della Federcalcio Leonardo Arpinati per potere convocare Raimundo Orsi.

In occasione della Coppa del Mondo di casa l’Italia vince 2-1 contro la Repubblica Ceca e ottiene il suo secondo successo nella competizione. In barba ai principi autarchici del regime delle camicie nere, nella formazione titolare figurano la bellezza di cinque oriundi.

D’altra parte, anche nel Mondiale del 2006 a giocare titolare la finale contro la Germania è Mauro Camoranesi. La polemica semmai si infiamma quando – negli Europei del 2008 – Marcello Lippi vara l’impiego Amauri.

Alla vigilia del match tra Italia e Georgia valido per le qualificazioni al Mondiale del 2010 il commissario tecnico della Nazionale torna sulla questione:

“In Italia con gli oriundi ci siamo già passati, e siamo un po’ più restii, me compreso. Oltre al giocatore della Juventus non ci sono solo Motta, ma anche Ledesma e Taddei”.

Un argomento che viene rimandato di qualche anno, quando Cesare Prandelli sarà il primo a convocare Thiago Motta. È un’arretratezza concettuale, la quale è foriera di una concezione antiquata della rappresentativa di calcio maschile.

Tuttavia, non credo che non intendiamo allargare i nostri orizzonti, piuttosto vogliamo chiamare unicamente gli elementi che sono considerati validi. La nostra è una Nazionale di primo rilievo e non accettiamo gli scarti delle nostre rivali.

Invero, non si è avvertita alcuna ostilità quando gli azzurri hanno chiamato Icardi ovvero Dybala per vestire i colori della Nazionale. Secondo questo ragionamento Mateo Retegui non avrebbe la nomea dei suoi connazionali dell’Albiceleste e, perciò, non dovrebbe ricevere i nostri apprezzamenti.

Anche Emerson Palmieri non conosce l’Inno di Mameli, eppure è stato tra i migliori giocatori degli ultimi Europei. Idem Jorginho, che prima del rigore sbagliato contro la Svizzera, era tra i migliori interpreti al mondo nel suo ruolo.

Nondimeno, se Mancini ha pensato di chiamare la punta del Tigre è perché non abbiamo dei validi sostituti. Fermo restando che stiamo sovrastimando la nostra tradizione di attaccanti, che dal 1974 a oggi non hanno superato il record di 35 gol di Gigi Riva.

Peraltro, non dimentichiamo che ci sono anche calciatori i quali, a causa di una legislazione antidiluviana, non possono vestire la divisa degli azzurri. Wisdom Amey, ad esempio, è un talento del Bologna, nato in Italia nel 2005 da madre nigeriana e padre togolese. Il centrale è tra i sessanta migliori giocatori della sua età, ma deve attendere il compimento della maggiore età per potere avere diritto al passaporto italiano.

Discorso analogo per Mario Balotelli, adottato da una famiglia affidataria del bresciano, ma in grado di giocare per i nostri colori solamente a partire dal 2008. Kristjan Asllani invece è in Italia da quando ha due anni, ma dopo avere festeggiato i diciannove anni ha accettato di rappresentare la Nazionale albanese.

La nostra è unicamente una visione intollerante, figlia di un misconcetto ideologico. In un periodo nel quale la Nazionale non può affidarsi ai gol del proprio bomber, Mateo Retegui rappresenta una possibile soluzione all’inconcludenza del reparto offensivo. Un area del campo rimasta povera di interpreti all’altezza e sprovvista di Immobile e Zaccagni.

L’Italia straborda dai confini morfologici e sconfina sino al latino America lì dove gli immigrati hanno coltivato i propri sogni e hanno appagato il proprio intendimento di redenzione. Al diavolo la retorica del non conosce la nostra cultura, El Chapito non parla il nostro idioma, ma parla la medesima lingua: quella del calcio.

 

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