A trent'anni dalla sua scomparsa, Ayrton Senna non se n'è mai andato

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Il 1° maggio 1994 rappresenta un prima e un dopo della Formula 1. Il fine settimana di gara disputato a Imola rappresenta per molti il momento più buio della storia di questo sport, che ha saputo emozionare e ci riesce tutt’ora oggi nel nostro Paese e nel mondo grazie alle imprese dei piloti che scendono in pista.

Quei tre giorni terribili, dove prima rischiò la vita Rubens Barrichello nelle prove libere del venerdì, nel sabato perse la vita Roland Ratzenberger durante le qualifiche, culminarono con la tragedia più importante e purtroppo famosa della Formula 1, che permetterà di cambiare del tutto una livrea che metteva in serio pericolo il pilota alla guida: San Marino ‘94 è anche la morte di Ayrton Senna.  

IL MITO DI SENNA E QUEL SOGNO MAI REALIZZATO

A 30 anni dalla scomparsa dei uno dei miti della Formula 1, la figura di Ayrton è più viva che mai. Da chi ha vissuto quei momenti terribili in diretta a chi ha cercato di scoprire anni dopo la vita del campione brasiliano, le gesta di Senna hanno saputo e riusciranno sicuramente a ispirare i tanti giovani che si avvicinano a questo sport e che, con tutta probabilità, non conoscono la sua storia. Da Lewis Hamilton a Charles Leclerc, proprio la futura coppia dal 2025 della Ferrari, anche se di diversa generazione, hanno sempre riconosciuto come loro idolo Ayrton, che nella sua carriera invece, è stato a un passo da vestire in rosso fra gli anni dell’addio alla McLaren e l’approdo in Williams, livrea con cui avrà il fatidico incidente della curva del Tamburello, ad oggi completamente cancellata e modificata con una serie di curve e chicane. 

“Vedi quelle tribune piene di spettatori? Il giorno che guiderò una Ferrari cadranno giù per l’entusiasmo”. 

Così dirà Ayrton dopo il Gran Premio di San Marino del 1991, anno in cui sarebbe dovuto arrivare alla Ferrari, ma per via dei problemi e i contrasti avuti con l'allora pilota della Ferrari Alain Prost alla McLaren, del pre-accordo non se ne fece più nulla. 

“Ci siamo parlati e siamo stati molto vicini a trovare un accordo, poi non si è fatto niente ma in futuro ci saranno altre possibilità perché ogni pilota ha come obiettivo correre con la Rossa di Maranello”. 

E invece quel futuro considerato come un sogno o desiderio, anche dai più grandi della storia della F1, non si realizzerà mai. Come dirà anche Montezemolo, presidente dal 1991 sino al 2013, quello sarà il suo più grande rimpianto della carriera, che comunque qualche anno dopo vedrà Michael Schumacher, già due volte campione con la Benetton, nella missione di riportare il cavallino rampante sul tetto del mondo: 

“Lui venne a casa mia a Bologna il mercoledì prima dell’incidente tragico di Imola e mi disse che voleva correre a tutti i costi con noi e di liberarsi dalla Williams. Ci accordammo per sentirci dopo Imola, ma poi accadde quel che accade. Voleva venire da noi e sarei stato ben lieto di averlo”. 

DAL RECORD SINO ALLE MODIFICHE SULLA SICUREZZA

E proprio quella grande rivalità che stava nascendo tra il futuro sette volte campione del Mondo e il tre volte iridato alla guida della Williams, approdato proprio nel 1994 dopo gli anni alla McLaren, si interromperà in un campionato praticamente iniziato. Una gara che sarebbe stata assolutamente da sospendere, dopo aver visto quelle tragiche immagini del corpo di Senna trasportato d’urgenza con l’elisoccorso nell’ospedale di Bologna, dove qualche ora dopo verrà annunciata la sua morte. Schumacher vincerà quella gara, ma non ci sarà nessuna festa. Impassibile, sul gradino più alto del podio, il tedesco affiancato da Larini della Ferrari giunto secondo e Hakkinen terzo, anche nella conferenza stampa post-gara non riuscirà che a pensare ai momenti tragici di quel fine settimana del maggio del 1994. 

Sarà sempre il Kaiser, nel 2000, quando conquisterà il suo primo titolo con la Ferrari, a raggiungere le vittorie di Senna nel Gran Premio di Monza (41 vittorie), dove nella conferenza stampa si vedrà la prima volta la fragilità di un campione di tale portata, sempre piuttosto freddo. Non solo per quella vittoria importantissima, ma anche per aver raggiunto quel pilota che non riuscì a sfidare in pista dopo il 1994, scoppiò in lacrime consolato anche in quel caso da Hakkinen e dal fratello Ralf

Si è detto dunque che quel 1° maggio del 1994 rappresenta un prima e un dopo per la sicurezza dei piloti in Formula 1, dove solamente (e anche qua sarà fondamentale l’introduzione dell’Halo nel 2018 e altre misure di sicurezza come la Virtual Safety Car) Jules Bianchi, nell’incidente di Suzuka del 2014, rappresenta l’unica morte dal 1994 ad oggi. Un’evoluzione incredibile, dettata anche dalle modifiche apportate dopo la morte del pilota brasiliano, che proprio quel giorno sembrava aver accusato più di tutti la perdita di Ratzenberger. Per lui sarà fatale la rottura del piantone, oggetto di un’inchiesta nonché uno dei misteri più grandi della Formula 1. 

AYRTON SENNA PER SEMPRE

Di Ayrton rimangono comunque le immagini di un campione straordinario, dal primo storico podio a Monaco nel 1984, al primo Mondiale a Suzuka del 1988, passando dall’impresa di Interlagos del 1991 concludendo la gara con una sola marcia ed infine le magie a Donington nel 1993 sotto la pioggia. Tre titoli mondiali (1988, 1990, 1991), 41 vittorie e 65 pole position.

E come cantava il grande Lucio Dalla in Ayrton, brano dedicato al campione brasiliano: “E ho deciso, una notte di maggio, in una terra di sognatori. Ho deciso che toccava, forse, a me”, Senna ha concluso da grande sognatore la sua carriera e la sua vita in Italia, dove nell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari, proprio nei pressi dell’ex curva del Tamburello, è stata instaurata una statua per rendergli omaggio. E in migliaia dal tutto il mondo, ogni anno, si avvicinano per un saluto a un mito che rimarrà nella storia.  

Ayrton, per sempre. 

 

Fonte immagine in evidenza: profilo X @globoplaynews