Una giornata mite, lievemente pungente per il freddo, ma niente di anomalo per la stagione. Si presenta così quel giorno di 17 anni fa: una semplice domenica di calcio. È il 14 Marzo 2004. Per molti una data qualunque, ma presto ci accorgeremo che non è così. Siamo a Parma, nel cuore dell’Emilia, perché al Tardini i crociati ospitano il Brescia. Se da un lato il Parma rincorre la zona Champions League, dall’altra le rondinelle lottano per non finire nelle grinfie dell’incubo retrocessione. Ci sono tutti i presupposti per un tradizionale match italiano. Sarebbe dunque una qualunque giornata di campionato se non fosse che nei lombardi gioca un certo Roberto Baggio, non esattamente l’ultimo degli arrivati. Oltre a voler trascinare i compagni alla salvezza, Roby è alla ricerca del goal numero 200 in Serie A. Segnerà? La risposta è semplice, se si parla di Baggio.
QUASI 40 ANNI E NON SENTIRLI
Anno di nascita 1967, segni distintivi: classe, tanta classe. La carta d’identità parla chiaro, eppure il Divin Codino non sembra sentire troppo il peso di 37 primavere sulle spalle. Quell’anno sta vivendo una delle stagioni più prolifiche delle sue ultime annate in carriera. A Maggio saranno 12 reti e 10 assist, che sfornano una media di partecipazione al goal di uno ogni 97 minuti. In poche parole: con Baggio in campo è garantito almeno un goal a partita, che sia lui a segnarlo o meno. Non si tratta certamente di numeri di un giocatore al crepuscolo della sua epopea calcistica. Purtroppo però quel giorno al Tardini molti sanno (e molti altri ancora lo devono realizzare) che a fine stagione Roby dirà addio al calcio giocato. Lo farà in pieno stile Baggio: con semplicità e umiltà, ma rimanendo sempre e comunque determinante.

Fonte foto: Corriere della Sera
Proprio come quel 14 Marzo. Di fronte ai quasi 20mila spettatori, il Brescia è costretto subito a rincorrere. Rete subita al quarto minuto e partita in salita. Baggio è uno dei più positivi, ma è Di Biagio a trovare il pareggio di testa proprio su un cross del diez dei biancoazzurri. Nella ripresa però Marchionni porta nuovamente avanti gli emiliani. Il goal è una fucilata dal punto di vista psicologico per tutto il Brescia, meno che per Baggio. Il Codino sale in cattedra per mostrare la differenza tra lui e tutto il resto. In campo si trasforma in un gigante, non di certo per stazza, e dimostra cosa voglia dire essere determinante, nell’accezione latina del termine (letteralmente “porre un limite”). Roby pone un limite invalicabile tra sé e la restante parte del mondo del calcio, oltre il quale è umanamente impossibile andare. Senza troppi indugi fa la cosa che a lui riesce più semplice e congeniale: segnare.
LA GUERRA FREDDA DEGLI ATTIMI
Il cronometro del signor Paolo Dondarini segna 29 minuti dall’inizio del secondo tempo. Dalla sinistra Colucci serve Baggio al limite dell’area avversaria. Il numero 10 controlla e attende. Un tempo di gioco, due tempi di gioco. Entrambi accompagnati da una leggerissima e quasi impercettibile finta di corpo. È una guerra fredda con il difensore: il primo che sbaglia paga. Un altro interminabile attimo basta all’avversario per decidere di entrare in tackle. Il Divin Codino sembra aver perso il momento giusto per calciare in porta e il pallone probabilmente è perso. E invece no. Roby evita fulmineo l’intervento del difensore, guadagna due metri dentro l’area e angola alla sinistra di Sebastien Frey. Nessuno riesce a stargli dietro: è un portento della natura. Tutti lo sanno, eppure ogni volta riesce a stupire ancora. La giocata è un manuale di classe e leggerezza degno di una prima alla Scala di Milano. D’altronde non serve calciare di potenza, basta colpire con estrema intelligenza, come solo lui sa fare. È il minuto 74: pareggio e goal numero 200 in Serie A. Tutto sempre in stile Baggio.
BAGGIO: ARTE E SEMPLICITÀ…
Ora, se si dovesse definire lo “stile Baggio”, probabilmente lo si potrebbe chiamare “neoclassico”. Tralasciamo le nozioni storiche sul neoclassicismo, straordinario movimento artistico di fine ‘700, per concentrarsi sulla definizione che proprio un neoclassicista (risparmiamo i nomi) attribuì alla corrente culturale. Neoclassicismo era la ricerca della “nobile semplicità”. Senza dubbio Baggio nel suo calcio artisticamente quasi perfetto è sempre stato molto semplice. Niente giocate funamboliche o skills stratosferiche, al massimo una finta di corpo. Risultare efficace con un banalissimo movimento del pallone è forse l’impresa più difficile per un calciatore, anche se non sembra. La giusta scelta di tempo, il giusto controllo e la giusta velocità sono elementi incredibilmente complicati da far convergere perfettamente nell’esecuzione di una singola giocata. Questo Roby lo sa bene, lui che di reti così ne ha segnate una marea.
…E NOBILTÀ
La sua vera vena artistica però risiede proprio nella capacità di nobilitare la sua arte. Le stesse giocate nei piedi di un altro giocatore non risulterebbero tanto eleganti e leggiadre, ma anzi sembrerebbero addirittura goffe. Eppure attraverso quel destro fatato sono una gioia per gli occhi. Con una classe immensa Roby riesce a rendere entusiasmante anche un semplicissimo controllo. Si dice che i campioni facciano sembrare semplici le giocate difficili, ma Baggio è in grado di trasformare la semplicità in bellezza, e forse è ancora più complicato. Saltare il portiere diventa quindi una banalità, serpeggiare tra i difensori un’abitudine: tutte giocate eseguite con una facilità disarmante. Raramente si è vista tanta tecnica, intelligenza calcistica e classe in un unico giocatore. Un mix in grado di stupire sempre di più, anche quando sembrava non potesse più farlo.
#MilanJuve
Memories. pic.twitter.com/RekuTLnKjN— Roberto Baggio (@BaggioOfficial) March 2, 2014
Così Baggio diventa un fenomeno da riscoprire ogni giornata, ogni ora, ogni minuto che passa. Perché Roby l’hanno amato tutti, come quella semplice fetta di pane e marmellata in un caldo pomeriggio di Agosto. È entrato nelle case degli italiani per riempirle di gioia e dolore, per sedersi sui divani e sulle poltrone alla fine del mondiale del ’94 e per impregnarli di pianto insieme a loro. Baggio è eroe, genio, errore, rinascita, riconferma, amore. Tutto in un solo giocatore. Tutto in un solo uomo. Allora non stupisca se quel 14 Marzo di 17 anni fa tutto il Tardini era in piedi per applaudire Roberto Baggio, per tutti semplicemente Roby.
Fonte immagine in evidenza: Tuttocalcionews