Settimana scorsa parlavamo di turno, sulla carta, favorevole per la Juventus.

La realtà è stata invece decisamente crudele, dato che la ventiquattresima giornata di Serie A si è trasformata in un incubo ad occhi aperti per la Vecchia Signora.

Oggi l’Inter vola via, in testa alla classifica di un campionato che sembra disputato quasi a parte.

Massimiliano Allegri, che da sempre in stagione parla di qualificazione Champions, dovrà prestare attenzione a non farsi scavalcare da un Milan distante un solo punto.

BUIO PESTO

Se ad inizio febbraio potevamo parlare di lati positivi e lati negativi, oggi viene difficile trovare una luce.

La Juve, al momento, ha in tasca la qualificazione alla prossima Champions League e già da sabato contro il Verona ha la possibilità di riprendere a vincere.

Questa squadra però è apparsa in seria difficoltà contro Empoli (anche se in inferiorità numerica) e Udinese, addirittura giocando in casa.

Le certezze legate all’unità di intenti, sono ormai cadute.

E immaginarsi una squadra sul velluto a Verona sembra utopia.

Non venitemi a parlare del livello degli avversari, molto simile a quello delle altre squadre affrontate di recente.

Oggi i bianconeri hanno in loro stessi il più grande rivale da affrontare.

IL CAMPO

Di recente abbiamo parlato della differenza tra la Juve dello scorso anno e quella odierna.

Dal punto di vista sportivo, di campo, fatico a trovare differenze eccezion fatta per quel piccolo accenno al pressing delle prime giornate, archiviato dopo Reggio Emilia.

Una cosa diversa, se vogliamo, è legata alla riaggressione che a Torino tentano di eseguire dopo aver perso il pallone.

Tentano non a caso, perché il valore dell’intensità della riaggressione è elevato, ma lo stesso non si può dire per quanto riguarda l’efficacia.

E allora viene logico pensare che i risultati siano arrivati per un solo motivo: una voglia diversa rispetto allo scorso anno.

Quella necessità di dimostrare a se stessi e al mondo che si poteva fare qualcosa di impensabile in estate.

Non è un caso che dopo aver perso il contatto con l’Inter sia crollato il castello di carte.

IL FUTURO

Responsabilità dell’allenatore? Certo, ma non solo. In campo ci vanno i calciatori, non scordiamolo mai.

E se grazie alla voglia si riusciva a portare a casa le partite anche dentro un contesto spoglio dal punto di vista di costruzione di gioco, significa che tanti (o forse tutti) hanno mollato mentalmente.

Voglio parlare dei giocatori perché in caso di cambio in panchina (che mi auguro in vista della prossima stagione) non vorrei trovarmi nella condizione di avere alcuni atleti che di default vivono negli alibi.

Se Allegri (giustamente) se ne andrà, i giocatori resteranno e continueranno ad andare in campo.

L’impegno e la dedizione non devono mai mancare all’interno di una squadra come la Juve, anche in momenti delicati della stagione.

Poi le responsabilità di Max, per quanto mi riguarda, sono immense.

Siamo soltanto a tre punti in più rispetto alla giornata ventiquattro della passata stagione.

Insomma: dell’Allegri bis rimane sempre una sbiadita e mediocre fotografia, legata (e solo a volte) ai pochi gol subiti e ad una sterilità offensiva ormai cronica.

Da Morata e Dybala, passando per Kean e Milik, fino a Chiesa e Vlahovic.

Giocatori diversi ma uniti da un filo rosso: nella seconda avventura del tecnico a Torino nessuno di questi è mai riuscito a portare gol con continuità.

E se i trofei mancano dall’annata di Pirlo una riflessione importante sulle indicazioni offensive del tecnico va portata senz’ombra di dubbio.

LucaL
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Luca Toselli