Nelle centinaia di previsioni prima della partenza del campionato, fatte un po’ per gioco e un po’ per tentare di avere un’indicazione su quale potrebbe essere l’andamento della stagione, nessuno ha messo le parole “Milan” e “Scudetto” vicine tra loro. Anche per questo, i meriti di Pioli e della sua squadra sono quindi molteplici.
LE PREMESSE SMENTITE
Gli addii di Calhanoglu e Donnarumma, anche e soprattutto per la modalità con cui sono avvenute, sembravano ferite complicatissime da ricucire. L’arrivo di Maignan e soprattutto il mancato acquisto di un nome di statura internazionale sulla trequarti, sono passati tra il silenzio generale e l’indifferenza, sia della piazza rossonera che di chi la guardava da “fuori” con meno coinvolgimento emotivo. La partenza lampo in campionato però, con le prime 12 partite senza una sconfitta, ha fatto in modo che quella ferita non solo si rimarginasse, ma che nemmeno la cicatrice lasciasse dei segni.
Mike Maignan ha fatto talmente bene (17 cleen sheets) e si è calato a tal punto da subito nel nuovo contesto da sembrare il guardiano della porta del Milan da anni, anziché il nuovo arrivato dopo il rumoroso divorzio con Donnarumma, un figlio di Milanello. Calhanoglu più che da un nome è stato sostituito dai compiti: non importa chi gioca (nelle prime fasi Brahim Diaz aveva l’esclusiva, poi a rotazione Krunic o Kessié a seconda del bisogno), ma cosa c’è da fare e come farlo in quella zona di campo così determinante. Ora si può dire: esami superati.
🏆 SIAMO NOI, SIAMO NOI, I CAMPIONI DELL'ITALIA SIAMO NOI! 🇮🇹 🏆#SassuoloMilan #SempreMilan#AlwaysWithYou pic.twitter.com/4tEngKpDzR
— AC Milan (@acmilan) May 22, 2022
IL GRUPPO
Come giustamente è stato fatto per tutto l’arco del campionato, quando si parla del Milan non si può non parlare dell’importanza del gruppo. Tra le big, è forse quella che ha meno nomi di grido nella propria rosa. Ma dove non sono arrivati i singoli, è arrivato l’insieme. Il Milan ha dovuto giocare 3/4 del campionato in costante emergenza infortuni, potendo avere una gamma di scelte più ampia solo nel finale di stagione. I continui acciacchi di Ibrahimovic, la lungodegenza di Kjaer, le assenze contemporanee di Bennacer e Kessiè per la Coppa d’Africa, Rebic mai veramente arruolabile, Giroud che ha dovuto cedere ai problemi alla schiena per una porzione importante di stagione. Tutte assenze fondamentali, che senza uno spirito collettivo saldo e radicato avrebbero stroncato gli entusiasmi di chiunque.
Eppure il Milan è Campione d’Italia. Ha potuto contare sull’esplosione di alcun elementi che sono andati a sopperire alle assenze dei giocatori chiave. Kalulu ha garantito un rendimento altissimo diventando a tutti gli effetti un titolare al posto di Romagnoli; Tonali è stato un altro rispetto a quello visto la passata stagione, diventando perno imprescindibile nel centrocampo rossonero; Leao ha vissuto la stagione che lo ha visto definitivamente affermarsi a livello internazionale, chiudendo la stagione in “doppia doppia“, come miglior marcatore della squadra insieme a Giroud (11) e miglior assist-man rossonero (10).
RIMANERE FOCALIZZATI
Un altro degli elementi che ha contraddistinto il percorso del Milan fino allo Scudetto è stato l'atteggiamento nei momenti di difficoltà. Lo ha sottolineato Pioli nelle interviste post-Sassuolo, ricordando l'esito di Milan-Spezia, che secondo il tecnico di Parma doveva avere un altro risultato: "Sono contento che quel risultato non abbia inciso sulla vittoria dello Scudetto, altrimenti avremmo avuto da recriminare. Siamo stati bravi a catalogare quell'episodio come un semplice incidente e siamo rimasti sul pezzo". All'interno delle mura di Milanello il pensiero è sempre stato quello di guardare in casa propria, per remare tutti dalla stessa parte.
A rafforzare questa tesi ci sono anche gli episodi del gol di Udogie in Milan-Udinese forse segnato con la mano, o il fuorigioco di Giroud di Milan-Napoli che ha annullato il gol del pareggio di Kessié con l'attaccante francese a terra. Eppure non c'è mai stata una dichiarazione scomposta da Pioli, calciatori o società. Focus.
MANTENERE IL PASSO
Guardando il percorso di Milan e Inter, quello che salta all'occhio come elemento di differenza che ha portato Pioli e i suoi ragazzi a trionfare è la continuità di passo. Per tutta la stagione, il Milan è riuscito a mantenere quasi sempre sullo stesso livello l'asticella del rendimento. La striscia più lunga senza vittorie arriva a 3 partite: il pareggio nel derby di andata e le sconfitte con Fiorentina e Sassuolo. L'Inter ne conta 4, quindi solo una di più. In corrispondenza però di quel tristemente famoso periodo dei 7 punti in 7 partite, dopo la rimonta di Giroud nel derby di ritorno. Tra febbraio e fine marzo infatti, i nerazzurri hanno tirato il freno a mano nella corsa scudetto, dilapidando tutto il vantaggio accumulato fino a lì. Arrivando fino al recupero con il Bologna, con l'errore beffardo di Radu che ha tolto gli asterischi dalla classifica, mettendo definitivamente il Milan davanti a tutti. I rossoneri un periodo di calo non lo hanno mai avuto, o perlomeno mai così prolungato.
La forza di questo Milan è stata quella di rialzarsi sempre. La differenza determinante tra Inter e Milan è stata proprio questa: la costanza. In un campionato estenuante, fitto di partite e di impegni, tenere la barra della continuità il più in alto possibile ha portato lo Scudetto sulla sponda rossonera di Milano.