ESCLUSIVA – Alessio Lisci, la Spagna e il ritorno in panchina: “Cambiare paese non sarebbe un problema”

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ESCLUSIVA LISCI – La nostra redazione ha avuto il piacere di intervistare Alessio Lisci, che ringraziamo per la disponibilità, attualmente ai box dopo l’esperienza manageriale con il levante. Dalla chiacchierata sono emersi vari punti in comune del calcio italiano con quello spagnolo, ma ne abbiamo limitato anche le differenze. Un’occasione per parlare di tematiche attuali del calcio fino alla domanda sul nuovo impiego in panchina.

In una società globalizzata come quella attuale, in cui l’accesso ai dati è aperto a tutti, come credi che ci si differenzi tra un allenatore e l’altro?

“Tutto sta nella capacità di riassumere un concetto per dare un risvolto qualitativo a certi strumenti che abbiamo a disposizione al giorno d’oggi”.

Come ti piacerebbe scegliere i collaboratori?

“Ci sono vari valori molto importanti per la scelta dello staff. Chiaramente deve essere un team leale che deve avere molte conoscenze. Un membro deve essere funzionale all’altro come tra i giocatori: caratterialmente devono sapersi amalgamare. Con me si lavora ventiquattro ore al giorno quindi devono stare sul pezzo per molto tempo”.

Quale allenatore italiano all’estero ammiri di più e qual è il tecnico a cui ti ispiri?

“Credo che sia difficile non risponderti Carlo Ancelotti. È chiaro che abbiamo tutti studiato Sarri al Chelsea, così come Conte. Ritengo anche De Zerbi un grandissimo allenatore: mi piace molto studiarlo e vedo quasi sempre le partite del Brighton. Non ho un idolo in panchina: cerco di prendere gli aspetti positivi da ogni manager e farne tesoro”.

Un calciatore di cui si parla poco che ti piacerebbe sempre avere in squadra?

“Ce ne sono molti: un calciatore che si conosce poco e secondo me avrebbe potuto avere una carriera diversa, nonostante al Sociedad stia facendo molto bene, è Mikel Merino (passato anche nel Borussia Dortmund e da poco convocato in Nazionale spagnola). Un altro calciatore da portarsi sempre dietro è senz’altro Santi Comesaña del Rayo Vallecano, di ruolo centrocampista centrale o mediano”.

Tornando in Italia: un commento sul campionato di Serie A? Cosa ne pensi del Napoli?

“È evidente che il Napoli fa storia a sé e le più importanti competitor non sono riuscite a trovare la giusta continuità: la Juventus ha cominciato male, le milanesi sono state altalenanti. Sia la Lazio che Roma, invece, stanno facendo due ottimi campionati per la rosa a loro disposizione. Non è un caso quando in panchina hai Mourinho e Sarri. Il tecnico ex Napoli sta dimostrano, in particolar modo, una volta in più il suo grandissimo valore e penso che ci siano rose più preparate per stare secondi al posto dei biancocelesti. Con il lavoro di Sarri la Lazio sta dimostrando di essere la seconda forza del campionato”.

In quale campionato preferiresti tornare ad allenare?

“Per carattere mi piacerebbe cambiare. Sono cosciente che in Spagna ho più mercato, ma a me piace sempre cambiare e conoscere nuovi ambienti. Spostarmi non sarebbe un problema. In questo momento bisogna prendere un progetto interessante dove si può lavorare bene, il paese assume un ruolo secondario”.

Come si vive il campo dalla panchina e come da esterno ai fatti in televisione?

“Le percezioni sono simili. L’aspetto che cambia è quello delle emozioni. In campo la stessa sensazione la provi moltiplicata per cinque. Quando le cose vanno bene o male bisogna convincersi che è solamente una percezione. Perché in video, lontano dalla pressione del campo, effettivamente ti puoi accorgere che su un episodio avevi torto e l’arbitro aveva ragione. Il fattore fondamentale è che i principi di gioco si vedano sia in campo che in video.

Come reputi la comunicazione verso i media di un allenatore in Spagna a confronto con l’Italia?

In Spagna gli allenatori delle squadre di alto livello, penso a Xavi e Ancelotti, sono dei maestri delle conferenze stampa. Sanno gestire tutto il clima di tensione che comporta. Hanno un background importante che li permette di saper gestire il momento. Le parole di De Zerbi rivolte all’Italia, però, si possono allargare anche al mondo spagnolo: si credono tutti allenatori. Avendo lavorato al Levante ti posso garantire che l’ambiente è simile al calcio italiano per quantità di gente che esprime la sua visione calcistica. Invece non ho mai lavorato in Inghilterra ma ho delle fonti che mi dicono effettivamente che è tutta un’altra storia mediaticamente parlando”.

E il Levante adesso lotta per tornare tra le grandi…

Il Levante ha avuto il problema che ha cominciato male e ha avuto un momento no sul piano delle prestazioni anche se adesso lotta per la promozione diretta. Il valore della rosa è molto superiore a quello della categoria quindi, se verrà portato avanti un lavoro fatto bene, a lungo termine credo possano risalire direttamente in Liga. Avendo lavorato lì, glielo auguro.

EdoardoE
Scritto da

Edoardo Crico