INFORTUNI MILAN – Il Milan continua ad avere l’infermeria piena, a causa di continui infortuni, soprattutto muscolari, che continuano a falcidiare la squadra di Stefano Pioli. Per comprendere le possibili motivazioni degli stop, che sono saliti a 25 stagionali con quello di Thiaw contro il Borussia Dortmund, abbiamo intervistato il dottor Danilo Casali, esperto di prevenzione infortuni in ambito sportivo. Di seguito l’intervista rilasciata a Numero Diez.
IL CASO INFORTUNI-MILAN
“Quando una squadra subisce un numero così rilevanti di infortuni, è fondamentale ampliare il modello di analisi nella valutazione delle cause. Diversamente non è possibile per nessuno trovare una logica, un denominatore comune che permetta di capire e rafforzare l’efficacia della prevenzione. Se potessimo analizzare l’operato dello Staff nei dettagli, è pressoché certo che i professionisti che lo compongono abbiano attuato strategie e programmi adeguati, convalidati anche da altri colleghi. Ma determinate cause sono comunque identificabili, anche se occorre fornire spiegazioni tecniche per le quali chiedo uno sforzo ad ognuno di voi interessato a questo particolare e controverso argomento”.
ZONA D’OMBRA SU CUI SI DEVE INTERVENIRE
“In questi casi viene messo sul banco degli imputati lo Staff atletico, ma il problema è una zona d’ombra, non coperta da ciò che viene attuato per la prevenzione. Non solo al Milan.
Ogni atleta viene sottoposto a tests e monitoraggi meticolosi per quello che riguarda le performance muscolari, la nutrizione, l’idratazione. Parametri di facile rilevamento che consentono allo Staff di avere quella certezza, nero su bianco, di aver operato in maniera corretta e secondo le linee guida. Ma ciò non basta per un motivo ben specifico: la funzionalità biomeccanica di ogni singolo atleta, ovvero la risposta strutturale del sistema alle forze che coinvolgono le articolazioni in relazione al suolo, non è monitorabile da quanto sopra. Con troppo superficialità molti addetti ai lavori credono che sviluppare la forza muscolare ed il miglior coordinamento neuromotorio (controllo muscolare performante nelle innumerevoli situazioni di gioco), seppure imprescindibili, coprano totalmente le necessità per la prevenzione.
A questa affermazione molti potrebbero fare obiezione, precisando che i programmi di prevenzione sono molto più ampi, poiché comprendono anche esercizi di scarico, posture di allungamento muscolare, la criosauna ed altri soluzioni, ma rimane il fatto che il background disfunzionale in seno alla biomeccanica del singolo non può essere gestito con un approccio di gruppo, in cui tutti fanno gli stessi programmi. Il codice biomeccanico disfunzionale ha componenti differenti nell’atleta A, B o C…“.
DALLA PREVENZIONE AL LOOP PROBLEMATICO
“Quando iniziano ad insorgere più infortuni di tipo muscolare, è teoricamente normale che per la squadra vengano proposti più esercizi/programmi mirati alla prevenzione, ma non dobbiamo dimenticare che gli stessi comportano un’attività muscolare che può divenire un ulteriore motivo di sollecitazione e carico, mal recepito se il sistema muscolo-scheletrico del singolo o di più individui hanno una funzionalità perturbata, in rapporto alle forze che imprime e subisce.
Abbiamo quindi giocatori in perfetta forma atletica (forza, resistenza, ecc.) nel cui sistema muscolo-scheletrico si crea un sovraccarico relativo, che genera il terreno fertile vari problemi muscolari e non solo. In pratica, il muscolo in cui si manifesta l’infortunio non corrisponde alle cause del problema latente.
Perdere la miglior funzionalità biomeccanica equivale ad avere una riduzione del range di movimento degli ammortizzatori di una moto. A parità di percorso e con il funzionamento compromesso, il pilota riceverà più sollecitazioni: per mantenere la gestione della moto, dovrà attuare un lavoro muscolare maggiore nel senso stabilizzante”.
Per capire meglio:
https://www.youtube.com/watch?v=9q5tHoX23FQ/
“Nel calcio e rispetto al nostro esempio, abbiamo una tipologia/ampiezza di sollecitazioni radicalmente diversa, ma la sommatoria dei carichi subiti in allenamenti e competizioni creano un sovraccarico relativo su qualche distretto muscolare, fino a generare stiramenti o lesioni vere e proprie.
Senza la riarmonizzazione della funzionalità biomeccanica individuale di ogni singolo atleta, con il progredire della stagione, molte squadre potranno subire questo tipo di infortuni. Quando poi le lesioni interessano il tendine e la giunzione mio-tendinea, dopo aver sviluppato programmi per rafforzare intensamente quei muscoli sui quali vorremmo ottenere una prevenzione, occorre una seria riflessione che interessi tutti gli addetti ai lavori, in ogni squadra“.