ESCLUSIVA GALLI- In esclusiva ai microfoni di Numero Diez è intervenuto Filippo Galli, ex difensore centrale (tra le tante squadre) del Milan, nonchè vincitore di 3 Champions League coi rossoneri (tra i tanti trofei), ed in seguito vice di Ancelotti nel Milan del 2008-2009. Parecchi gli argomenti trattati all’interno di questa intervista: dal suo passato al calcio di oggi, e molto altro. Di seguito le sue parole.
IL MILAN TRA IERI ED OGGI- “Credo che fare questi paragoni non sia mai corretto, nel senso che si rischia di perdere qualcosa sia da una parte che dall’altra. Quello era sicuramente un Milan pieno di grandi campioni, un Milan che si apprestava ancora una volta ad entrare nella qualificazione per la Champions League. Se non sbaglio in una delle ultime partite con la Fiorentina bastò il pareggio a Firenze e ci permise di nuovo di andare in Champions League, e poi Ancelotti se ne sarebbe andato al Chelsea. Quindi quello era un Milan di grandi campioni, con l’abitudine alla vittoria. Questo è un Milan che non ha questa abitudine, ha vinto meritatamente lo scorso anno il campionato facendo una rimonta importante nei confronti dell’Inter, ma poi dimostrando sul campo di saper offrire un gioco di un certo spessore. Oggi sta pagando una situazione un po’ particolare perchè credo che questo campionato debba soprattutto registrare un Napoli straordinario che sta andando oltre le previsioni dello stesso Napoli, perchè davvero sta facendo numeri importanti. Veniamo da una sosta inusuale legata ai campionati del mondo, per cui era difficile prevedere che cosa potesse portare questa sosta. Di fatto, al Milan sono tornati dal Mondiale alcuni giocatori un po’ scarichi, che hanno bisogno di ricaricarsi: parlo di Theo Hernandez e Giroud ad esempio; c’è il problema Leao che comunque sembra non essere ai suoi livelli precedenti alla sosta e soprattutto hanno perso un po’ di lucidità e compattezza Kalulu e Tomori. Tornando a quello che dicevo all’inizio, è indubbio che questa squadra ha vinto l’anno scorso ma ha ancora tanto da dimostrare e dimostrerà nel corso del campionato, poi ci sarà la Champions. Insomma, è un momento di riflessione in cui credo si debba restare uniti a partire dal gruppo, i giocatori, lo staff, i tifosi“.
CHAMPIONS LEAGUE- “Si dice sempre che sia aumentata la velocità nel calcio e questo credo che sia un dato importante. Però poi questo non deve fuorviare rispetto a quella che è la preparazione e la formazione dei nostri giocatori. Noi spesso diciamo che il calcio ha aumentato la velocità e quindi dobbiamo lavorare sulle capacità condizionali, su forza, velocità, ecc. Io credo che soprattutto per un percorso di settore giovanile, per preparare i giocatori al calcio di grande livello, che sfocia per i più bravi e per quelli che giocano nelle squadre più forti, nella Champions League occorre un percorso che tenga presente non solo delle capacità condizionali ma di tutti quei fattori che sono legati propriamente al gioco. Quindi lo spazio e il tempo, la capacità tecnica di saper gestire le situazioni all’interno di questi due principi regolatori del gioco, che sono appunto lo spazio e il tempo. Credo che se noi formiamo un giocatore in quella direzione poi il giocatore sappia rispondere alle richieste anche di una Champions League. Poi ci sono squadre straordinarie, c’è l’abitudine a rimanere a certi livelli: mi viene in mente il Real Madrid. Anche il Paris Saint-Germain purtroppo è una squadra che è stata costruita negli anni per vincere ma non è riuscita a vincere. Forse perché non ha nel DNA un’abitudine a stare ai grandi livelli. È tutto molto complesso, il calcio è davvero complesso“.
L’ESPERIENZA IN INGHILTERRA- “È un processo di contaminazione tra il calcio latino-europeo nei confronti del calcio inglese. Già allora si incominciava a vedere qualcosa. Colgo l’occasione anche qui per ricordare ancora una volta Gianluca Vialli, che è stato mio coach a Watford. Già lui portava delle idee di calcio italiane, fatte di organizzazioni di gioco, volontà di comandare la partita. Con il famoso kick and run (calcia e corri in avanti) allora veniva etichettato il calcio inglese. Era incominciata una contaminazione forte, anche gli inglesi andavano poi a scegliere allenatori europei. Vedi Wenger, il primo che mi viene in mente. Oggi il campionato inglese è un campionato di riferimento sia per quanto riguarda quello che propone sul campo, ma anche dal punto di vista economico-finanziario. Perché è un prodotto di grande qualità che gli inglesi hanno saputo creare, saputo vendere: queste due cose sono legate. Il valore del gioco che viene offerto è indubbiamente legato alla capacità di avere giocatori importanti e bravi nel proprio campionato. Sono due elementi che si influenzano reciprocamente, e noi da questo punto di vista invece siamo stati un po’ fermi. Abbiamo rallentato. La squadra che da noi prende di più dai diritti televisivi prende lo stesso che prende l’ultima in Premier League. Dopo di che, avere soldi e finanze non vuol dire vincere, non vuol dire migliorarsi, ma gli inglesi hanno saputo farlo: oggi sono sicuramente un riferimento”.
GIANLUCA VIALLI- “Gianluca lo ringrazierò per sempre, mi ha permesso di coronare un sogno, che ho sempre avuto, che era quello di andare a giocare in Inghilterra. Andando al Watford mi ha permesso di coronare questo sogno. Gli sono eternamente grato, per questo”.
I GIOVANI- “Beh sì, a me non piace fare dietrologia, però Calabria è un giocatore importante nell’undici rossonero, è anche capitano. Ma lo stesso Pobega, che è rientrato alla base dopo qualche anno in prestito. Gabbia, che comunque riesce a ritagliarsi lo spazio. Poi ci sono i soliti giocatori, Locatelli che poi ha fatto un percorso differente, è uscito, e ora è alla Juventus. Lo stesso Donnarumma che è al PSG; Cutrone; tanti ragazzi che hanno fatto un certo tipo di percorso e oggi sono professionisti a vari livelli. Se torniamo indietro dovremmo parlare anche di Cristante, Petagna. Ripeto, non mi piace fare dietrologia e non mi piace prendere dei meriti che non è corretto che io prenda, però ci sono tutta una serie di giocatori che poi si sono affermati nei campionati italiani e in generale professionistici. È indubbio che il Milan già di per sè ha per tradizione il fatto di formare giocatori sicuramente in quel periodo. Poi anche per le scelte da parte della società, ovvero non andare più ad acquisire giocatori da 15 anni in poi ci ha consentito di lavorare ancora con un’attenzione massima sulla formazione dei giocatori”.
L’EVOLUZIONE DEL DIFENSORE CENTRALE- “Nel calcio moderno dipende che tipo di calcio vogliamo giocare. Personalmente a me piace giocare un calcio propositivo. Lo ritengo un calcio moderno, al passo coi tempi, e quindi abbiamo bisogno per forza di difensori centrali che sappiano far uscire il pallone da dietro, che abbiano conoscenze, che sappiano costruire da dietro ma allo stesso tempo difendere in campo aperto, lasciandosi molti metri alle spalle tra sè e la porta difesa dal proprio portiere e sappiano avere delle letture di gioco importanti. Devono essere giocatori completi. Prima si chiedeva al difensore centrale unicamente di difendere, ora il carico cognitivo richiesto è molto di più. Si dice sempre che non ci sono più i difensori di una volta nella marcatura, ecc. Però oggi al difensore centrale viene chiesto molto di più rispetto a quello che si chiedeva prima. Questi sono i tempi che corrono, che vanno avanti. Anche la figura del difensore centrale è per forza cambiata. Scalvini e Bastoni sono giocatori che hanno un po’ tutt’e due le fasi, fase difensiva e fase propositiva. Sicuramente quel tipo di giocatore lì è un tipo di giocatore che andando avanti troverà sempre più spazio. Dopo di che, evidentemente poi giocatori con qualità più vicine al marcatore, vicino a chi sa difendere negli ultimi 16-20 metri credo che andando avanti saranno sempre più costretti a giocare in categorie più basse. Questa è la mia sensazione”.
SECONDE SQUADRE- “Sì, potrebbe essere un passaggio importante in modo da tale da avere una squadra che lavori con gli stessi principi di gioco della prima squadra e quindi permetta un certo percorso formativo, di concludere un percorso di formazione al giovane calciatore partecipando ad un campionato professionistico. Questo può aiutare sicuramente, dal punto di vista delle pressioni, dal punto di vista dell’importanza del risultato. Io credo che i problemi debbano essere risolti a monte, quando cioè comincia il percorso formativo dei nostri giovani calciatori e dovremmo accelerare un po’ questo tipo di percorso, perché arrivano tardi e non pronti, perché altrimenti gli allenatori di Serie A li butterebbero con più sicurezza dentro la gara”.
NAPOLI- “È indubbio che il Napoli si è rafforzato, ha ritrovato un Osimhen straordinario in fase realizzativa, e questo ragazzo georgiano Kvaratskhelia. Si è migliorato perchè non solo negli undici ma nella rosa ha sicuramente giocatori di qualità e quindi Spalletti ha questa possibilità di scegliere in una rosa ampia e di qualità. Io credo però che i meriti vadano anche dati a Spalletti, allo staff, il lavoro che sta facendo. Sappiamo come Napoli non sia una piazza facile, e quindi complimenti alla società per aver dato una squadra di valore e di qualità a Spalletti e a lui per il lavoro che sta facendo.
La classifica vede queste tre realtà in difficoltà. Anche se il Verona ha vinto nell’ultima gara e sicuramente questo potrebbe dargli le forze emotive ulteriori per la corsa verso la salvezza. La Cremonese ha cambiato allenatore, è una situazione dubbiamente complicata, difficile. Però aspettiamoci delle sorprese perché il campionato è ancora lungo. Non siamo ancora al giro di boa, quindi è chiaro che sono situazioni un po’ difficili. Credo che queste società debbano avere in sé la speranza, il pensiero di poter recuperare.
La Juventus è stata penalizzata di 15 punti, adesso vedremo cosa succederà nell’ultimo grado di giudizio e come andrà avanti questo processo rispetto ai temi per cui è stato affrontato. Io credo che ci sono 6 squadre che lotteranno per un posto in Champions e l’Europa League. Mi sembra che un gradino più sotto siano Udinese, Torino, Fiorentina. L’Atalanta, le due romane, Napoli, Milan e Inter sono le squadre che si giocheranno il titolo e il posto in Champions”.
NAZIONALE- “Sono due manifestazioni che ci devono, speriamo, almeno vedere protagonisti. Io sono molto ottimista, rispetto al lavoro che potrà fare Mancini, avrà tutto il tempo per dedicarsi. Come sempre dovremo essere bravi a sostenere il lavoro della Nazionale, a lavorare di sistema. Anche i club, le leghe, dovranno aiutare la FIGC, fare in modo che Mancini abbia il tempo per preparare ciascuna delle partite che la Nazionale dovrà affrontare. Io credo che poi il Mondiale negli Stati Uniti, Canada e Messico sia un’occasione come sempre importante per crescere. Credo che l’Italia, spero almeno, possa davvero qualificarsi per tornare a vivere e giocare un ruolo importante nel contesto del calcio mondiale. È venuto il momento di reagire con forza agli ultimi due mondiali a cui non ci siamo qualificati“.
VAR- “Come tutti i regolamenti ha bisogno di tempo per essere affinato. Quello che credo che sia giusto è accettare di dare uniformità di valutazione e di intervento del Var. Credo che il VAR abbia migliorato alcune valutazioni, situazioni in cui davvero si è assistito a delle ingiustizie, chiamiamole così. Tutto sommato è uno strumento positivo, importante, ma come sempre lo strumento è utilizzato dagli uomini, dagli arbitri, e dai loro assistenti. È importante andare verso l’uniformità di giudizio e di utilizzo. Più che di giudizio, di utilizzo del mezzo“.
LA PASSIONE PER IL CALCIO- “È nata perché, un po’ come tutti i bambini, quando si trova una palla ci si ritrova a calciarla, e quindi io ho sempre vissuto in un contesto dove si poteva giocare a calcio. Prima era più facile, in cortile o comunque c’erano molti più spazi verdi, con gli amici ci si trovava e si organizzavano le partite facendo le porte o coi maglioni o con le cartelle, con quello che capitava: quindi si giocava. Da lì poi il passaggio nel contesto organizzato di una scuola calcio di una società calcistica del mio paese dove vivevo, a Villasanta, in provincia di Monza (prima in Provincia di Milano), e poi il passaggio al Milan, anche se piuttosto tardi, a 16 anni.
Io sono arrivato a Romario che ormai avevo 31 anni, quindi avevo già delle esperienze importanti alle spalle. È però indubbio che, aldilà di Romario, trovarsi a giocare una finale di Coppa dei Campioni contro una squadra come il Barcellona non è da tutti i giorni. Però mi sono sentito pronto, è andata bene sia dal punto di vista del risultato che della prestazione e quindi bene così. Vorrei riviverla quella esperienza. Questo è quanto”.