FA – Football Addicted #47! “Jack Wilshere: la fine di una bellissima illusione”

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QUESTA È FA – FOOTBALL ADDICTED, LA RUBRICA D’APPROFONDIMENTO TARGATA NUMERO DIEZ DEDICATA ESCLUSIVAMENTE AL CALCIO D’OLTREMANICA. OGNI SETTIMANA, AL MERCOLEDÌ, VI RACCONTEREMO UNA STORIA D’ATTUALITÀ O DEL PASSATO, CONDIVIDENDO CON VOI LA NOSTRA PASSIONE PER IL FOOTBALL MADE IN UK! OGGI PARLIAMO DELL’ADDIO AL CALCIO GIOCATO DI JACK WILSHERE E DELLA NUOVA CARRIERA CHE LO ATTENDE.

“I’ve lived my dream. Thank you all”. “Ho vissuto il mio sogno. Grazie a tutti”.

Con queste parole Jack Wilshere lo scorso 8 luglio ha annunciato il suo ritiro dal calcio giocato. Ad appena 30 anni.

“È stato un viaggio incredibile, pieno di momenti speciali. Mi sento un privilegiato per aver vissuto così tante esperienze durante la mia carriera. Sono passato dall’essere un ragazzino che giocava a pallone in giardino a capitanare il mio amato Arsenal e giocare per la mia Nazionale a una Coppa del Mondo. Ho vissuto il mio sogno”.

Un addio doloroso, comunicato al Mondo – come ormai sempre più spesso accade – attraverso una lunga lettera pubblicata sui propri canali social e nella quale l’ex centrocampista inglese ha provato a spiegare motivazioni e sentimenti personali.

“È stato difficile accettare che la mia carriera mi sia scivolata dalle mani negli ultimi anni a causa di motivi che non sono dipesi da me, mentre io sentivo di avere ancora molto da dare. Ho giocato ai massimi livelli e sono sempre stato molto ambizioso, ma non avrei mai pensato di ritrovarmi in questa posizione. Tuttavia, dopo aver parlato con le persone a me più care, ho capito che questo è il momento giusto per guardare con orgoglio a cosa ho fatto e conquistato in carriera, nonostante tutte le difficoltà. Ho giocato ai livelli più alti con alcuni dei calciatori più forti al Mondo, ho vinto delle FA Cups, ho capitanato il mio club e rappresentato la mia Nazione. Ho superato ogni sogno fatto da bambino, mentre crescevo a Hitchin”.

Ma chi è stato davvero Jack Wilshere?

E soprattutto, chi sarebbe potuto essere?

TALENTO SFRONTATO

Jack Andrew Garry Wilshere, nato il 1° gennaio 1992 a Stevenage, a pochi chilometri a nord di Londra, è stato uno dei più talentuosi centrocampisti inglesi degli ultimi vent’anni, nonché uno dei più grandi rimpianti per il football d’oltremanica.

Le sue enormi qualità tecniche si sono viste subito. L’ambizione e la sfrontatezza di chi sa di aver ricevuto doni importanti da Madre Natura pure.

Dopo averlo osservato attentamente durante gli allenamenti quotidiani con l’Academy dell’Arsenal, Arsene Wenger se ne innamorò e il 13 settembre 2008 decise di farlo debuttare in prima squadra, in Premier League, negli ultimi minuti della sfida contro il Blackburn Rovers.

All’epoca Jack aveva 16 anni e 256 giorni, numeri che lo resero (e che lo rendono ancora) il più giovane esordiente nella Storia dei Gunners in prima divisione.

Nello stesso anno fece poi la sua prima apparizione anche in Champions League, contro la Dinamo Kiev, iniziando così a far conoscere il proprio nome anche sul massimo palcoscenico europeo.

A colpire fu la sua prima intervista rilasciata in campo ai microfoni di Sky Sports UK.

Un giovane ragazzino dal volto angelico, ma dagli occhi furbi. Vispi. Attenti. E con una grande sicurezza nei propri mezzi.

Un’educata strafottenza.

D’altronde Wilshere è sempre stato consapevole di ciò che era: un grande talento in grado di poter raccogliere un giorno l’eredità di leggende del centrocampo come Steven Gerrard e Frank Lampard.

Un numero 6 capace di giocare anche da numero 10, bravo sia a gestire palla in una posizione più arretrata in mediana che a dare nuova spinta all’azione e inventare per gli attaccanti dalla trequarti.

Quando veniva accolta dal suo mancino, la palla capiva subito che a toccarla di lì a poco sarebbe stato un piede delicato e abile a trasformare quell’insieme di cuoio e fili in una gemma preziosa per i compagni di squadra.

Precisione nei passaggi corti. Abilità nel trovare il lancio giusto anche a lunga gittata.

Dribblings. Tackles. Corsa.

Un centrocampista completo.

DAL LUTON ALL’ARSENAL

Nelle giovanili dell’Arsenal Wilshere ci arrivò quando aveva 9 anni.

“Ero al Luton e una volta giocammo contro il Barnet e l’arbitro di quella gara era anche un osservatore dell’Arsenal. Dopo la gara andò da mio padre e gli disse che mi voleva portare nel club. Non fu nemmeno un provino, mi voleva all’Arsenal e basta. Ma onestamente, io non ero sicuro di volerci andare. – ha raccontato qualche tempo fa nel podcast Lockdown Tactics – Mio padre non mi mise pressione, ma in quel momento non sapevo cosa fare. Lo ricordo chiaramente, anche se avevo solo nove anni. Poi un giorno ero al parco con un amico e papà mi disse: ‘Questo è l’ultimo giorno, devi prendere una decisione’. Allora mi girai e dissi al mio amico: ‘Fan**lo, vado all’Arsenal’. E il resto è storia”.

Nell’Academy dei Gunners giocò poi per sette anni, contribuendo alla vittoria della FA Youth Cup nella stagione 2008/09, sotto la guida di Steve Bould, segnando sia in semifinale che in finale.

Nello stesso anno debuttò con la prima squadra e diventò subito un figlioccio di Wenger, uomo che per Wilshere ha sempre rappresentato una figura paterna. Colui al quale chiedere consigli ogni giorno o da chiamare nei momenti più difficili della propria vita.

Alla base un rapporto di ammirazione reciproca e rispetto.

“Jack non aveva paura di niente in campo. Per questo lo feci giocare così giovane. – ha raccontato a Sky Sports UK Arsene Wenger dopo l’annuncio del ritiro di Wilshere – Lui e Fabregas erano due giocatori con caratteristiche diverse. Cesc poteva illuminare la partita con un lancio lungo, con la sua visione di gioco. Jack più con passaggi corti, nello stretto, con l’uno contro uno, portando rapidamente la squadra in attacco quando non si vedevano molte soluzioni. Jack aveva un’ottima comprensione del gioco a centrocampo. Era coraggioso, con buone doti comunicative. Era onesto e intelligente. Finire la carriera è sempre frustrante, ma ora deve trasformare questa frustrazione in motivazione. Quando non riesci più a giocare il tuo miglior calcio ed essere ciò che sei stato è difficile. Penso abbia preso la giusta decisione e credo che avrà una bella carriera da allenatore. Glielo auguro”.

ANDATA E RITORNO

Debuttato con l’Arsenal e collezionata una manciata di presenze nei suoi primi anni da professionista, da gennaio a maggio 2010 Wilshere fu mandato in prestito al Bolton Wanderers su richiesta di Wenger.

L’alsaziano voleva infatti veder crescere il giovane Jack in un club che potesse regalargli maggior minutaggio in Premier League, per poi poterlo riaccogliere più maturo e pronto all’Arsenal. E così fu.

“Dovevo decidere tra Hull City, Wigan Athletic e Bolton Wanderers. – ha dichiarato recentemente Wilshere a talkSport – Andai al Bolton e riuscimmo a chiudere il campionato al quattordicesimo posto”.

Rientrato a Londra, Jack diventò presto una pedina fondamentale all’interno dello scacchiere tattico di Wenger, regalandosi e regalando al pubblico quelli che sarebbero stati i suoi anni più luminosi da calciatore.

Nel 2011 vinse il premio di Giovane dell’anno della PFA (riconoscimento assegnato negli anni a vere e proprie leggende del calcio inglese, ndr) e in quella stessa annata si mise in mostra a livello mondiale in quella che è stata, con ogni probabilità, la sua miglior partita in carriera.

LA PARTITA DA RICORDARE

Era il 16 febbraio 2011 e quel ragazzino inglese di diciannove anni dominò la scena davanti all’avversario più importante.

Era la sera dell’andata degli ottavi di Champions League tra l’Arsenal e il Barcellona di Pep Guardiola e l’Emirates Stadium fu fortunato spettatore di uno spettacolo splendido. Quello offerto da Jack Wilshere.

David Villa aprì le marcature per i Blaugrana al 26’ e Lionel Messi fece letteralmente impazzire i difensori dell’Arsenal per i primi venti minuti di gara.

Poi però salì in cattedra Jack Wilshere, che, senza paura, a 19 anni, sul palcoscenico più atteso, iniziò a dominare letteralmente la partita.

“Ti sei messo in tasca Xavi e Iniesta questa sera”.

Gli urlerà a fine gara un membro dello staff dei Gunners.

La FIFA gli consegnerà invece tra le mani il premio di Man of the Match, perché, nonostante a segnare i goals che, nella ripresa, regalarono la vittoria per 2-1 all’Arsenal furono Robin van Persie e Andrey Arshavin, a brillare più di chiunque altro in campo quella sera fu proprio Jack Wilshere.

L’INFORTUNIO CHE CAMBIÒ LA CARRIERA

La stagione 2010/11 rimane la migliore nella carriera di Wilshere, con il centrocampista inglese che di lì a pochi mesi si sarebbe ritrovato infatti vittima del suo primo grave infortunio. Quello che finì per cambiare il corso della sua storia.

In occasione di un’amichevole di pre-campionato contro il New York Red Bulls, Jack si fece male a una caviglia. L’inizio di un calvario infinito.

Sette giorni dopo l’accaduto Wilshere scese in campo con l’Inghilterra per un’amichevole contro l’Olanda, ma Fabio Capello, allora CT dei Tre Leoni, capì subito che il ragazzo non stava bene. Che quella caviglia non era a posto. E si infuriò, con chi aveva sottovalutato il problema all’Arsenal.

In quei giorni Wilshere fu operato e costretto a saltare l’intera stagione, lasciandosi alle spalle le 35 presenze vissute l’anno prima con i Gunners in campionato e tanti rimpianti. Non ripeterà infatti mai più quei numeri.

RITORNO E VITTORIE

Il rientro dal lungo stop fu dei più memorabili. Wilshere conquistò subito il premio di Man of the Match alla sua prima partita e dimostrò di essere pronto a riprendere da dove aveva lasciato.

Non sarà però proprio così.

Nel 2014 e nel 2015 il talento inglese vinse due FA Cup consecutive con i Gunners, nonché un Community Shield, oltre che per due volte il premio assegnato dallo storico programma della BBC Match of the Day per il Goal della stagione (andate a rivedervi in particolare la spettacolare rete realizzata contro il Norwich City al termine di un meraviglioso scambio di prima con Santi Cazorla e Olivier Giroud!).

Arrivarono dunque i primi successi in carriera, ma non la continuità di rendimento. Il primo mal curato infortunio alla caviglia portò a continue ricadute negli anni, con Wilshere che nella stagione 2015/16 si ritrovò costretto a saltare addirittura 47 partite.

I fantastici duetti mostrati negli anni con Cesc Fabregas, Santi Cazorla, Tomas Rosicky, iniziarono a diventare perle sempre più rare, con Wilshere che a soli 26 anni si ritrovò a vivere già la fase calante della propria carriera.

Tristemente.

ASCESA E DECLINO ANCHE IN NAZIONALE

Continui infortuni alla caviglia prima. Problemi a ginocchia, perone e muscoli dell’inguine e del polpaccio poi.

I continui problemi fisici hanno finito per condizionare anche la carriera in Nazionale di Wilshere.

Fabio Capello lo definì subito il “futuro del calcio inglese”, un giovane calciatore che mostrava una maturità di testa che lui non vedeva dai tempi di Franco Baresi, Paolo Maldini e Raul Gonzalez Blanco.

L’11 agosto 2010 lo fece debuttare nell’amichevole vinta per 2-1 a Wembley contro l’Ungheria, con Wilshere che entrò all’82’ al posto di Steven Gerrard (autore di una doppietta quel giorno, ndr). Aveva 18 anni, 7 mesi e 10 giorni.

Poi nel 2012 arrivò l’addio di Capello all’Inghilterra e l’arrivo alla guida dei Tre Leoni di Roy Hodgson, altro tecnico che puntò spesso sul giovane Jack.

Sotto la guida del manager inglese, Wilshere giocò le sue migliori partite in Nazionale, venendo nominato Man of the Match per sei volte in sette partite, durante le fasi di qualificazione a Euro 2016.

In occasione dell’incontro con la Slovenia, il 14 giugno 2015 segnò anche i suoi due unici goals con i Tre Leoni, in un match vinto per 3-2, anche grazie alla sua doppietta.

L’ultima delle sue 34 presenze in Nazionale arrivò invece il 27 giugno 2016. Data che decretò l’eliminazione dell’Inghilterra da Euro 2016 a seguito della sconfitta per 2-1 contro l’Islanda negli ottavi di finale e il conseguente addio di Hodgson.

Da quel giorno Wilshere non fu più convocato in Nazionale né da Sam Allardyce né da Gareth Southgate, ritenuto ormai troppo poco affidabile a causa dei suoi continui infortuni (come quello che nel 2012 lo costrinse a saltare le Olimpiadi di Londra, dove il selezionatore della squadra della Gran Bretagna capitanata da Ryan Giggs, ovvero Stuart Pearce, gli aveva riservato un posto in squadra).

UN RILANCIO MAI AVVENUTO

Alla ricerca di nuovi stimoli, Wilshere nel 2016 si trasferì per una stagione in prestito nel Bournemouth di Eddie Howe, dove riuscì finalmente a trovare un minimo di continuità in campo.

29 le presenze accumulate in quell’annata, quasi tutte da titolare, prima dell’infortunio al perone che lo tolse nuovamente dal campo nel finale di stagione.

Fece seguito un ultimo ritorno all’Arsenal, prima dell’addio definitivo nell’estate del 2018.

Dopo 17 anni nel club, 198 presenze in prima squadra, 14 goals e 30 assists realizzati, Wilshere capì di non rientrare nei piani del nuovo allenatore Unai Emery e decise di lasciare per sempre i Gunners.

Fu l’estate della firma con il West Ham United di Manuel Pellegrini, il club che Jack tifava da bambino, ammaliato dalle giocate di un certo Paolo Di Canio.

Una scelta di cui Wilshere si è poi amaramente pentito, come spiegato in una recente intervista rilasciata a The Athletic.

“Non avrei mai dovuto lasciare l’Arsenal. Non è stata colpa del West Ham, ma è stata una mia decisione sbagliata. Avevo parlato con Emery e mi disse che mi avrebbero proposto un rinnovo di contratto, ma non sarei stato nella formazione titolare ideale. Ero arrabbiato e decisi di istinto di andarmene. Avrei dovuto prendere più tempo”.

In maglia Hammers Wilshere collezionò soltanto 14 presenze in due stagioni, condizionato ancora una volta da innumerevoli infortuni.

Nell’estate del 2020, per la prima volta in carriera, Wilshere si trovò così svincolato. Senza squadra.

IL PERIODO PIÙ BUIO

Cinque mesi al Bournemouth, in Championship, tra gennaio e luglio 2021.

Quattro all’Aarhus, in Danimarca, tra febbraio e luglio 2022.

Queste sono state le due ultime esperienze da calciatore di Jack Wilshere. Due deludenti ultime avventure. Nel periodo più buio per l’ex centrocampista inglese.

“Oggi stavo correndo da solo su una pista d’atletica e mai mi sarei immaginato di ritrovarmi in quel posto a questo punto della mia carriera”.

Ha dichiarato nella già citata intervista a The Athletic, rilasciata prima del suo passaggio all’Aarhus, quando si trovava ancora senza squadra.

“Continuo a chiedermi, ‘perché lo sto facendo?’. I miei figli hanno un’età in cui cominciano a capire. Archie ha 9 anni, ama il calcio e mi chiede sempre perché non gioco. Mi sento come se in Inghilterra tutti mi avessero chiuso le porte a causa della mia storia di infortuni. Credo sia un atteggiamento ingiusto”.

Una ferita aperta nel cuore di Wilshere, che negli ultimi anni si è sentito privato della gioia di giocare a calcio.

“Voglio tornare a divertirmi quando scendo in campo. Avere la gioia di svegliarmi la mattina e andare ad allenarmi. È qualcosa che mi manca”.

Negatività. Insicurezza. Senso di esclusione.

Wilshere nell’ultima fase della sua carriera si è lasciato sopraffare dal suo io più buio, diventando l’ombra di quel meraviglioso, strafottente, coraggioso calciatore che aveva dimostrato di essere all’inizio della sua avventura.

“Un giocatore dovrebbe parlare dei propri sentimenti. – ha spiegato a Sky Sports UK – Non è una forma di debolezza. Alla depressione non interessa se sei un calciatore famoso. Ti colpisce e basta. I pensieri negativi lo fanno. Per questo è importante parlarne”.

NUOVA CARRIERA

Stanco di dover combattere con se stesso per dimostrare di poter essere ancora un calciatore utile da inserire in una rosa di professionisti, Wilshere nei giorni scorsi ha deciso allora di appendere gli scarpini al chiodo.

Non ha mollato. Non si è arreso. Ha semplicemente scelto di chiudere un capitolo della propria vita per aprirne uno nuovo, ricco di stimoli e prospettive.

A convincerlo a compiere questo passo importante è stato il club della sua vita: l’Arsenal!

Dopo aver annunciato il proprio ritiro come calciatore, Wilshere è stato infatti annunciato come nuovo head coach dell’Under 18 dei Gunners.

Jack ripartirà dunque dall’Academy dell’Arsenal. Casa sua.

“Ho trascorso anni importanti nell’Academy. Qui ho vissuto alcuni dei giorni migliori della mia vita”.

Ha dichiarato nella prima intervista ufficiale come allenatore dell’U18 rilasciata alla tv del club.

“Essendo ancora giovane, non pensavo che i miei giorni da calciatore fossero finiti, ma quando ricevi un’opportunità come questa è difficile non accettare. Sono entusiasta di iniziare questa nuova avventura. Per me è sempre stato speciale far parte della famiglia dell’Arsenal. Qui le porte per me sono sempre rimaste aperte”.

Lo scorso anno, quando si trovava senza squadra, Wilshere fu infatti invitato ad allenarsi dall’Arsenal per un periodo, nel quale iniziò anche a seguire alcune sessioni d’allenamento dell’Academy, deciso a imparare il mestiere dell’allenatore.

“Quell’esperienza è stata quella che mi ha spinto a prendere questa decisione. Ho sempre avuto in mente l’idea di allenare, ma tutto è diventato più intrigante dopo che lo scorso anno sono venuto qui a farlo a tempo pieno per sei mesi. Ho imparato moltissimo. Non ho l’esperienza di tanti altri allenatori, ma ho quella che serve per mettersi nei panni di un ragazzo che entra nell’Academy, cresce e sale in prima squadra”.

L’idea di calcio che vuole proporre è già chiara.

“Voglio una squadra che domini nel possesso. Che provi a recuperare palla subito in attacco, il prima possibile. Lavorare con un allenatore come Arsene [Wenger] mi ha aiutato a formarmi questa idea di calcio”.

CURIOSITÀ

  • Wilshere nei suoi primi anni di carriera all’Arsenal indossò il numero 19, ma, dopo il passaggio di Robin van Persie al Manchester United, chiese e ottenne il numero 10. Fin da bambino Jack sognava infatti di vedersi in campo con quel numero sulla schiena. Lo stesso indossato da alcuni dei suoi idoli di infanzia, come Dennis Bergkamp (proprio all’Arsenal) e Joe Cole (al Chelsea). Altro calciatore che ammirava era David Beckham, ma non pensò mai di vestire la maglia numero 7, come dichiarato da lui stesso a talkSport.

 

 

  • A fine 2021, quando si trovava senza squadra, è stato invitato dall’amministratore unico del Como, Dennis Wise (leggenda del Chelsea e suo amico, ndr) ad allenarsi con la squadra. Wilshere è volato allora in Italia e si è allenato con il club comasco, senza però essere messo sotto contratto. Alcune regole della Serie B ne hanno impedito infatti il tesseramento.
  • Intervistato da talkSport, Wilshere ha dichiarato che il miglior capitano che ha avuto in carriera è stato Mark Noble, al West Ham United. “È stato come un fratello maggiore. Ti dava sempre consigli. È un leader naturale”.

 

  • L’esperienza danese all’Aarhus è stata l’unica fuori dall’Inghilterra per Wilshere. Fino al 2022, nel corso di tutta la sua carriera, l’ex centrocampista aveva infatti indossato solo maglie di club inglesi: Luton Town, Arsenal, Bolton Wanderers, Bournemouth e West Ham United. In Danimarca in quattro mesi ha collezionato 14 presenze e due assists, senza segnare nemmeno un goal. L’Aarhus resta così l’unica squadra con la quale non è riuscito a realizzare una rete in carriera.

FINE DI UNA SPLENDIDA ILLUSIONE

Un ragazzo sicuro dei propri mezzi, capace di rubare la scena a grandi campioni e di entrare in brevissimo tempo nel cuore degli amanti del calcio inglese.

Una stella in grado di brillare sui palcoscenici più importanti, regalando perle che resteranno negli archivi video di Premier League e Champions League.

Un talento vinto dagli infortuni.

Un “è stato, ma poteva essere ancora di più”.

Un “what if?”.

Una splendida illusione: Jack Wilshere.

And now – once more – let’s grab a pie and a beer, mates. Enjoy!

Alla prossima puntata di ‘FA – Football Addicted’!

 

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