18 settembre 2022, settima giornata del campionato italiano. La Juventus cade a Monza per un gol a zero.
Sinceramente, non ricordavo nemmeno il marcatore e ho dovuto cercarlo su Google il nome di Gytkjær, attaccante oggi in forza al Venezia in Serie B.
Ancora oggi, quella ai bianconeri è la sua unica rete in A.
La squadra biancorossa non aveva mai vinto una partita nella massima competizione prima di quel giorno. Raffaele Palladino era alla sua prima panchina dopo la promozione interna direttamente dalla Primavera. L’espulsione di Angel Di Maria sembrava una sorta di ammutinamento.
La classifica della Vecchia Signora diventa complicata non solo in Champions League, ma pure in Serie A.
Flashback
Perché vi sto sbloccando questo brutto ricordo? Non sono certamente autolesionista, quei novanta minuti li tengo volentieri lontani dai miei ricordi.
Semplicemente, dopo quella partita, ho ritenuto opportuno esonerare Massimiliano Allegri. Una pausa Nazionali a disposizione e una serie di risultati che non stavano arrivando.
Scrissi un articolo dal titolo forte “Agnelli salvi la Juventus”, dove invocavo meritocrazia e non amicizia in un rapporto non solo professionale tra presidente e mister.
A Torino si scelse di andare avanti con l’attuale allenatore, ma da quel momento il mio pensiero non è cambiato. Ho desiderato un cambio in panchina anche nell’estate del 2023, senza successo.
Max ha iniziato la stagione in corso ma non lo avrei confermato nemmeno con la squadra a soli due punti dall’Inter di Simone Inzaghi o in caso di Scudetto.
Dopo il pareggio a reti bianche contro il Genoa ho chiesto nuovamente l’esonero a stagione in corso, sempre per via della pausa Nazionali e dei risultati osceni che stanno accompagnando il finale di stagione dei bianconeri.
Non ribadire ogni volta la volontà del cambio in panchina non significa non desiderarlo. E credo di aver sempre fatto capire la mia insoddisfazione legata a questo ultimo triennio.
Oltre al coach
Allegri-Juve: un’unione nata nell’estate 2014, praticamente dieci anni fa. Otto in attività, due da svincolato vincitore.
Per forza di cose la figura del livornese è diventata ingombrante a livello mediatico e nelle opinioni dei tifosi.
Purtroppo, però, percepisco poco equilibrio nelle valutazioni dei mass media e dei supporter.
Già nel lontano 2019 si era arrivati ad una vera e propria “guerra social” legata all’hashtag #AllegriOUT scritto sotto ogni post della Juve.
Una frangia di tifosi era stanca di Allegri quando si vinceva, è naturale che sia delusa anche oggi.
Io invece ho stimato (e tanto) il lavoro e i risultati di quel lungo (e vincente) ciclo durato per ben cinque anni. Proprio per questo credo di potermi definire libero da pregiudizi nei confronti della figura di Allegri.
Non valuto l’uomo, la simpatia o altro, ma soltanto quello che è riuscito a dare alla squadra in tre stagioni.
Sono un risultatista, nel senso che senza risultati concreti non posso ritenermi pienamente soddisfatto. Sono però anche una persona che è consapevole che i trionfi non arrivino per caso ma occorre meritarseli.
Sono pure un tifoso, a cui batte il cuore, ma provo ad essere un opinionista, quindi non posso soffermarmi solo sull’emozione.
Le valutazioni cambiano in base a lavoro e risultati, ma da quel Monza juventus 1-0 è cambiato ben poco e la mia opinione non si è spostata di un millimetro: serve un altro allenatore (e non solo, ma è giusto partire da lì).
Intoccabile
Ho una domanda che mi frulla nella testa da tempo: senza il primo ciclo, ci sarebbe questa spaccatura di opinioni su Allegri? Risposta semplice: per me no, tanti giudizi si basano, ancora oggi, sulla riconoscenza.
Io sarò per sempre felice di quei trionfi, ma la vita deve andare avanti, così come la Juve.
Il grave, però, è che spesso e volentieri la “protezione mediatica” nei confronti di Allegri non derivi dai tifosi bianconeri.
Abbiamo creato un paese nel quale devi essere un personaggio: o a favore o contro un determinato argomento.
Sul livornese si ragiona come se fosse un partito politico: ti venderò sempre l’alibi a protezione o la colpa per metterlo in cattiva luce.
In questo stagno sguazzano però soprattutto giornalisti o opinionisti che tifano altre squadre e per forza di cose si mette in secondo piano, sullo sfondo, dietro a Max, la Juventus.
E se ad Agnelli chiesi di mettere la meritocrazia davanti all’amicizia, per tanti storici professionisti dell’informazione (o dell’opinione) chiedo di mettere al primo posto l’onestà intellettuale.
Allegri non è la Juve, ha fatto parte della sua storia conquistando tantissimi trofei, ma il suo ciclo è ormai arrivato al termine.
Una conclusione naturale, dopo una decade di alti e bassi. Con una squadra sicuramente più forte prima e più limitata poi, in cui, però, si è dimostrato incapace di mettere mano per garantire un’organizzazione efficace.
La Coppa Italia e la qualificazione Champions (entrambe ancora non raggiunte) non possono coprire tre anni con alla base sempre le stesse problematiche.
Così come sono stanco di vedere un Allegri coprire la Juve dal punto di vista mediatico.