Con un 7-1 complessivo il Torino ha superato il Debrecen conquistando il pass per il terzo turno preliminare di Europa League, dove affronterà i bielorussi dello Shakhter. L’avversario non ha creato particolari grattacapi ai granata, a causa di un gap tecnico, tattico e fisico abissale tra le due compagini. Ciò che invece ha suscitato il nostro interesse era l’assetto tattico con cui il Toro si è presentato alla doppia sfida. L’anno scorso la squadra di Walter Mazzarri ha disputato un ottimo campionato basando le sue fortune principalmente su un’idea di difesa a uomo iperaggressiva introiettata al meglio dai giocatori. Di contro, minori consensi ha ricevuto la fase offensiva: la fonte principale di gioco del Toro era nel recupero alto del pallone, in modo tale da dare il via a transizioni veloci. A difesa avversaria schierata sorgevano invece annose difficoltà: l’incostanza di Iago Falquè e un centrocampo più votato alla muscolarità che alla tecnica spingeva la squadra a rifugiarsi sulle corsie esterne, finendo per rendere la manovra offensiva poco variegata.
SOLUZIONI
Per ovviare a queste difficoltà Mazzarri ha cominciato il ritiro dichiarando di voler trasformare il passato 352 in un 343 a trazione offensiva. La presenza di centrocampisti come Meitè, Baselli e Rincon rende l’esperimento fattibile, ed infatti nelle due partite andate in scena contro gli ungheresi lo schieramento scelto è stato quest’ultimo. Difficile ipotizzare chi dei tre rimarrà stabilmente fuori, ma sicuramente la profondità di alternative di buon livello permetterà allo staff tecnico di ragionare partita per partita.
Discorso diverso va fatto per l’attacco: in una sessione di mercato in cui – a detta del presidente Cairo – il primo obbiettivo è quello di non vendere prima di effettuare un unico eventuale colpo, Mazzarri si è dovuto arrangiare sfruttando la crescita nell’ultimo periodo della passata stagione di Berenguer per lanciarlo al fianco di Belotti e Iago Falquè.

L’undici scelto da Mazzarri per l’andata della doppia sfida con il Debrecen.
Se nelle poche fasi di non possesso che abbiamo visto, quando la pressione alta non porta risultati, il modulo si evolve in un naturale 541 con gli esterni di centrocampo schiacciati sulla linea dei difensori e gli esterni d’attacco a supporto del centrocampo, con la palla al piede decifrare il Torino risulta meno automatico. Lo scaglionamento nella metà campo avversaria si fonda su alcuni concetti basilari: i tre centrali attivi in costruzione con Izzo e Bremer pronti a partire in conduzione per guadagnare metri, gli esterni di centrocampo alti quasi sulla linea di Belotti per coprire l’ampiezza e uno dei due centrocampisti più avanzato rispetto all’altro. Dalla trequarti in su invece, lo sviluppo della manovra è sulle spalle dell’inventiva o dell’ istinto dei due esterni offensivi. Entrambi galleggiano negli half-space tra difesa e centrocampo avversario, e si alternano nei movimenti in supporto della punta o in sostegno alla costruzione.

In questa occasione entrambi si abbassano per ricevere palla, ma nel momento in cui Baselli scegli di servire Berenguer, Iago Falquè si rialza per andare ad affiancare Belotti.
L’obbiettivo del Torino è quello di distanziare il più possibile le linee avversarie per aumentare lo spazio di ricezione dei due trequartisti. Nell’occasione del rigore procurato e poi trasformato da Belotti questa strategia viene messa in atto alla perfezione.

Lo spazio tra i due centrocampisti avversari permette a Baselli di avere visuale libera per verticalizzare comodamente su Berenguer..

Simultaneamente il movimento ad attaccare la profondità di Belotti allunga la difesa e permette allo spagnolo di stoppare, voltarsi e imbeccarlo in profondità senza pressione.
Berenguer ha disputato due partite positive, ma tra lui e Iago Falquè è quello che svolge i compiti richiesti in maniera più metodica. Al nuovo numero 10 viene concessa la libertà di assecondare le sue sensazioni per incidere nelle zone di campo da lui stesso scelte. Partendo dal centro-destra il raggio d’azione dell’ex Genoa si espande fino alla fascia sinistra, dove si associa con Ansaldi o con il centrocampista di riferimento (tendenzialmente Meitè).
UOMINI DIVERSI E DIFFERENTI INTERPRETAZIONI
L’assenza di Iago Falquè nella partita di ritorno disputatasi ieri pomeriggio ha portato Mazzarri a riesumare l’attacco pesante Belotti- Zaza sempre con Berenguer a sostegno. L’interpretazione è stata ben diversa da quella avuto dai tre d’attacco nel match di andata: Zaza e Belotti si alternavano nello svolgere compiti di raccordo e attaccare la profondità, mentre l’ex Osasuna variava la sua posizione in base alle fasi di gioco. Con il pallone agli avversari si abbassava sulla linea dei centrocampisti formando un 352, mentre con il pallino del gioco in mano ai granata partiva dal centro-sinistra per andare ad occupare le zone di ricezione più libere.
L’acume tattico sviluppato da Berenguer ha permesso alla coppia d’attacco di combinare liberamente sia nello stretto che in campo aperto, mettendo in luce un feeling tecnico in costante crescita.
La presenza di Iago Falquè – sicuramente meno dedito al sacrifico di Berenguer – esclude l’utilizzo di questa coppia in maniera costante, ma è una soluzione nella quale Mazzarri potrà comodamente rifugiarsi.
AMBIZIONE
La sottrazione di quantità per addizionare qualità all’undici titolare è sintomatica della volontà del Torino di non contorcersi nelle proprie idee senza evolversi. In un campionato che tra Atalanta, il ritorno di Sarri e Conte, l’arrivo di Fonseca e lo sbarco di Giampaolo al Milan sta virando verso top team dall’indole proattiva il Torino di Mazzarri non ha intenzione di perdere la scia.
Il lavoro da svolgere sarà tanto e le partite contro Debrecen e Shakhter non possono e non potranno fornirci indicazioni definitive. La palla è nelle mani dello staff e nelle gambe dei calciatori, con un occhio vigile verso il mercato nella speranza che porti tra le mani di Mazzarri la qualità necessaria per completare il mosaico.
(Fonte immagine in evidenza: profilo Instagram Torino)