Lazio, Tare rivela: “Ecco perchè me ne sono andato dopo 18 anni”

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L’ex dirigente della Lazio Igli Tare si è raccontato ai microfoni del Corriere della Sera, attraverso una lunga intervista nella quale oltre alle sue nuove dinamiche personali e al suo corrente punto di vista calcistico, ha cercato di mettere alla luce le ragioni per quali dopo ben 18 anni di “matrimonio” con i biancocelesti, abbia deciso di separarsi dalla causa.

MANTENERSI AGGIORNATO – «Viaggio molto, studio, mi aggiorno, perché se non lo fai rischi di rimanere indietro e non capire più il mondo del calcio. solo così puoi scoprire chi è migliore, chi sta avanti. L’Inghilterra con la Premier, ovvio. Ma anche la Germania. Oltre al Bayern Monaco, quello che ha fatto il Bayer Leverkusen è incredibile: un grande allenatore, Xabi Alonso, un club organizzatissimo, straordinarie infrastrutture».

LA SITUAZIONE IN ITALIA – «La scuola calcistica non si discute, il valore degli allenatori è un dato affermato in tutto il mondo. Ma a livello organizzativo qui siamo indietro anni luce. Mio figlio più piccolo ha 11 anni, gioca nella Lazio. Da genitore che lo accompagna ad allenamenti e partite capisco le difficoltà delle famiglie, i sacrifici. Una grande società di calcio deve lavorare su questo, creare un’organizzazione che faciliti l’impegno delle famiglie. Così puoi far nascere i campioni. Altrimenti rischi di perderne tantissimi. Per fortuna ci sono gli Europei del 2030. Ma non è solo la costruzione degli stadi. Servono le infrastrutture che fanno grande un club, a partire dal settore giovanile».

L’ADDIO ALLA LAZIO – «La colpa non è stata di Sarri. Assolutamente no. È stato scritto tanto su questo punto, ma non è così. Ho parlato con Lotito: dopo 18 anni era arrivato il momento di lasciarsi in modo civile, senza strappi. Sarebbe stato imperdonabile per tutti. La Lazio è nel mio cuore. Ma avevo bisogno di guardarmi intorno, studiare, conoscere altre realtà. Lui è un integralista, è vero, uno che vuole fare le cose a modo suo, è la sua cifra, la sua caratteristica. Chi lo prende, però, lo sa, non lo può cambiare. Io non ci ho mai litigato, ma non è facile, ha un modo suo di concepire il calcio e il lavoro. Anche Lotito gli somiglia: un presidente dal carattere fortissimo».

LE DIFFICOLTÀ DEI BIANCOCELESTI – «Intanto sono agli ottavi di Champions con un turno d’anticipo. E poi ci vuole pazienza con i nuovi acquisti. Devono inserirsi, non sempre avviene in una settimana. È mancata anche un po’ di brillantezza offensiva. Può capitare, ma la stagione è lunga e la Lazio può recuperare».

FAVORITE PER LO SCUDETTO – «Ci sono Inter e Juve, e poi il Milan e il Napoli che è cresciuto molto. Merito di un grande allenatore come Spalletti che lo scorso anno ha valorizzato tutti i calciatori». 

SUL FUTURO – «Se andrò al Napoli? Non ho sentito nessuno, dunque la mia risposta è no. Poi nel calcio può accadere tutto in un attimo: guardate quello che è successo in Nazionale: Mancini che va via e arriva Spalletti. Il nostro è un mondo veloce in continua evoluzione. C’entrano le offerte economiche, ovvio, ma anche i progetti di un club. Aspetto l’offerta giusta. L’Italia è casa mia. Ho trascorso qui quasi la metà della mia vita. Ma non c’è solo la Serie A, e mi tengo aggiornato. Davanti a un progetto interessante potrei lavorare anche all’estero. Dipende anche dai valori che ha un club».

FilippoF