Lucas Piazon, la nuova scommessa del Chievo Verona

I campi della Serie A avrebbe potuto calcarli già nell’ormai lontano 2011, quando con una sciarpa bianconera indosso visitò il centro sportivo della Juventus, salvo poi firmare con il Chelsea per tentare un’esperienza in Premier League. Una scelta che guardandosi indietro Lucas Piazon forse non rifarebbe, visti gli ultimi otto anni vissuti a girovagare in prestito per cinque club e quattro nazioni, più che a scrivere pagine importanti con la maglia dei Blues.

Ora Piazon in Italia però ci è arrivato e il suo compito sarà quello di aiutare il Chievo Verona di Sorrentino e compagni nella difficilissima lotta per non retrocedere. Un giocatore di classe, proveniente da un top team come il Chelsea e pronto a mettersi al servizio di Pellissier e Stepinski. Perché è questo che i veneti gli richiedono, fornire assists alle punte, aiutare la manovra offensiva a svilupparsi con maggior rapidità ed efficacia, grazie a quei piedi educati che hanno spinto in passato molti addetti ai lavori a credere che Piazon potesse essere il ‘nuovo Kakà’.

Un paragone scomodissimo – forse un’eresia – dal quale il giovane brasiliano si è sempre abilmente svincolato. In Kakà ha visto un modello da seguire, sia in campo che fuori, e con il leggendario Pallone d’Oro rossonero ha sempre condiviso un volto angelico da bravo ragazzo. Ma in campo si rivede più in Juan Mata e David Silva. Spagnoli ammirati in Premier League, con il primo studiato da molto vicino quando erano compagni di squadra al Chelsea.

“Amo giocare in qualsiasi delle tre posizioni alle spalle della punta centrale, come Juan Mata o David Silva. Se dovessi scegliere un eroe direi Kakà ma io cerco di prendere qualcosa da qualsiasi atleta. Il modo di giocare di Mata, come si muove in campo…lo stesso vale per David Silva”.

Con caratteristiche fisiche più adatte a un giocatore di Serie A che di Premier League, quando nel 2011 decise di lasciare il Brasile per confrontarsi con il calcio inglese, Piazon era convinto di possedere il giusto stile di gioco per sfondare oltremanica. Come rivelò in un’intervista a ‘Sambafoot’:

“Ho scelto il Chelsea perché amo la Premier League. Credo che il mio modo di giocare possa essere ideale per questo campionato, dove si gioca per vincere in modo intenso”.

E a esser sinceri al suo arrivo a Londra Piazon è riuscito a lasciare il segno subito, con la maglia delle giovanili. Dopo aver firmato un pre-accordo con i Blues, in attesa del raggiungimento della maggiore età che gli avrebbe portato in regalo il permesso di lavoro necessario per giocare in Premier League, il brasiliano non ha perso tempo e ha iniziato a incidere nelle categorie minori del club. Una FA Youth Cup conquistata e il premio di ‘Miglior Giovane del Chelsea dell’Anno 2012’. Due successi davvero importanti per un classe 1994 pagato 7,5 milioni di euro dal club inglese.

DAL NUOVO AL VECCHIO CONTINENTE

Dati i primi calci al pallone nelle giovanili del Coritiba FC, Piazon ha concluso il proprio ‘praticantato’ nel settore giovanile dell’Atletico Paranaense prima e del San Paolo poi, squadra di cui è sempre stato tifoso, nonostante il padre abbia cercato di farlo innamorare del Santos:

“L’intera famiglia di mio padre ha sempre tifato il San Paolo. Solo lui tifava il Santos e per questo ha cercato di portarmi dalla sua parte ma…era nelle mie vene [il tifo per il San Paolo]”.

Poi la decisione di lasciare l’America per cercare successo nel Vecchio Continente. L’offerta del Chelsea. La crescita nel club londinese a precedere i tanti prestiti in giro per l’Europa. Prima tappa in Spagna, nelle fila del Malaga, seconda in Olanda, con il Vitesse. Poi è stata la volta della Germania, dove ha vestito la maglia dell’Eintracht Francoforte, prima del ritorno in Inghilterra, in Championship.

Nella serie b inglese si è diviso tra una breve parentesi al Reading e un biennio al Fulham, l’unico club nel quale Piazon è riuscito a mostrare realmente le proprie doti con continuità. Con i Cottagers in due anni ha disputato oltre 50 partite, segnato 12 goal e realizzato 9 assist. Numeri che lo hanno reso uno dei protagonisti della cavalcata vincente che lo scorso anno ha permesso al club di risalire in Premier League.

La competizione che in questa stagione il brasiliano sognava di giocare con il Chelsea e che invece non lo ha mai visto scendere in campo. Alla corte di Maurizio Sarri è riuscito infatti a conquistarsi solamente una convocazione in panchina contro il Tottenham, in Coppa di Lega.

Un’impossibilità di emergere che lo ha spinto ad accettare l’offerta del Chievo e a mettersi alla prova con una nuova avventura tutta italiana. Ai veneti si è legato in prestito fino al termine della stagione, con i gialloblu che hanno inserito nel contratto anche un diritto di riscatto.

L’obiettivo è quello di servirsi della duttilità e della classe del centrocampista natio di San Paolo per provare a scalare la classifica fino a quella zona salvezza che al momento pare irraggiungibile. Fondere le caratteristiche offensive di Piazon con quelle di Giaccherini sarà poi una delle sfide di Domenico Di Carlo.

“La salvezza è possibile, sognavo di giocare in Italia. Voglio solo allenarmi e aiutare la squadra”.

Le prime parole del giocatore al suo arrivo nel bel paese. Frasi di rito, pronunciate però da un ragazzo genuino, che crede in quello che fa.

Ha fame, voglia di risplendere. Desidera dimostrare a chi lo guarda, ma soprattutto a se stesso, di poter essere ancora quell’interessantissimo giocatore che nel 2011 riuscì a guidare il Brasile U17 al trionfo nel Campionato Sudamericano di categoria.

Un oro che avrebbe dovuto lanciarlo alla conquista di vette più prestigiose. Come l’Olimpiade di Rio 2016, sognata ma ammirata da casa, vista la mancata convocazione nel Brasile di Neymar e Gabriel Jesus.

IL FUTSAL NELLE VENE

Destro naturale, dotato di un buon tiro ma soprattutto di una predisposizione naturale per il cross, Piazon può essere schierato sia da trequartista che da ala offensiva in un 4-2-3-1 (modulo a lui più congeniale).

Sa dare del tu al pallone, è rapido e preciso nei passaggi. Deve migliorare nel gioco spalle alla porta, come lui stesso aveva ammesso in passato, preferendo affrontare l’avversario faccia a faccia.

A renderlo particolare sono però quelle skills acquisite da bambino, quando era solito giocare a futsal, e che talvolta riaffiorano ancora oggi.

“Quando andavo a scuola ero molto piccolo di statura e quindi non ero solito giocare a calcio. La prima volta che iniziai avevo sei anni, mi ero appena trasferito in una nuova scuola e giocavo con i ragazzi più grandi. Giocavamo per strada, mettendo due coni per fare le porte, e ci divertivamo. In alcuni casi giocavamo in campi da cinque contro cinque. Tanti ragazzi iniziano con il futsal – io, Oscar, David Luiz, Ramires, Neymar, Ronaldinho, Ronaldo, Robinho – tutti insomma. A volte in campo utilizzo ancora alcune tecniche che usavo e ciò mi aiuta a muovermi negli spazi stretti, quando ci sono molti avversari”.

Prima delle partite gli piace ascoltare artisti come Chris Brown o Drake. Alla TV ama tenersi aggiornato seguendo tanto sport e concedendo ogni tanto spazio a qualche serie televisiva. L’hobby preferito è invece quello di confrontare la cucina dei diversi ristoranti, solitamente in compagnia della sua famiglia e di quella di David Luiz, suo connazionale e grande amico al Chelsea. Ama il sole e il mare, infatti vorrebbe essere un delfino, animale noto soprattutto per la sua grande intelligenza.

Come quella che Piazon mostra in campo, quando prima di una giocata analizza velocemente la posizione dei compagni per scegliere l’azione più efficace da impostare.

È un abitudinario e forse anche un po’ scaramantico. Nel giorno della partita è infatti solito ripetere gli stessi gesti al suo risveglio come una sorta di portafortuna. È ambizioso e vuole che questi sei mesi al Chievo possano essere il trampolino dal quale rilanciare con forza la propria carriera.

È stanco di viaggiare ed è alla ricerca di stabilità.

Quella che spera di trovare a Verona, in quella Serie A nella quale è arrivato con otto anni di ritardo e che oggi gli pone davanti la sfida (forse) più difficile della sua finora breve carriera: salvare l’insalvabile.