Vivere situazioni terribili porta spesso a gesti estremi, al tentativo disperato per provare a cambiare qualcosa o almeno porre un problema al centro del dibattito. È quello che tristemente è accaduto a Sahar Khodayari, una tifosa iraniana che nei giorni scorsi si è data fuoco davanti al tribunale di Teheran in segno di protesta contro il divieto per le donne di entrare negli stadi.
CONDANNATA
Sahar, lo scorso 12 marzo, era riuscita ad introdursi nello stadio Azadi di Teheran per seguire la propria squadra del cuore, l’Esteghlal allenato da Stramaccioni. Per potervi accedere però, la ragazza era stata costretta a travestirsi da uomo e quando è stata scoperta, Sahar è finita in un carcere femminile per qualche giorno.
A inizio settembre, la situazione ha raggiunto il culmine dell’intolleranza: il tribunale condanna Sahar a 6 mesi, accusata di oltraggio al pudore e dunque nuovamente soggetta a possibile reclusione. Privata dei propri diritti, la tifosa si è convinta ad eseguire un gesto forte, estremo, per porre fine a tanta umiliazione. Sahar, come detto, si è data fuoco davanti al tribunale di Teheran, arrivando in ospedale con gravi ustioni sul 90% del corpo, portando tristemente al decesso della donna.
Ora l’attenzione mediatica torna fortemente ad affrontare il dibattito sui diritti delle donne in Medio Oriente, già aperto in seguito alla Supercoppa di Gedda dello scorso 2019. Il sacrificio di Sahar non dovrà essere vano e la speranza è che da questo gesto una rivoluzione possa partire nei paesi in cui le donne sono ancora private dei loro diritti.
(Fonte immagine in evidenza: profilo Instagram della nazionale iraniana)