L’anticipo del venerdì sera tra Napoli e Juventus è, a questo punto della stagione, la partita più importante del campionato. Fino a poche settimane prima della sosta per il mondiale in Qatar, la squadra di Allegri appariva spaesata e impossibilitata a competere per lo Scudetto. Due mesi dopo, nonostante il terremoto interno che ha visto Agnelli e il CDA dimettersi, la Vecchia Signora si è rialzata, inserendosi prepotentemente nella lotta al titolo. I bianconeri hanno vinto le ultime 8 partite in Serie A senza subire gol. Dall’8 ottobre, data della sconfitta per 2-0 contro il Milan, la Juve non ha più sbagliato e vincendo contro il Napoli ha la possibilità di riaprire i discorsi, portandosi a -4 dalla vetta.
Il Napoli, d’altro canto, sta dominando senza troppi patemi d’animo il campionato. La prima sconfitta stagionale è arrivata dopo 16 giornate, contro l’Inter. Chi pensava che i ragazzi di Spalletti avrebbero subìto il contraccolpo psicologico si sono dovuti ricredere. Gli azzurri hanno immediatamente risposto presente, raccogliendo 3 punti pesanti a Marassi contro la Sampdoria nel giorno del ricordo di Gianluca Vialli. In Europa, è difficile trovare una squadra che stia giocando e rendendo meglio del club partenopeo. Dopo aver battuto Milan, Lazio, Roma e Atalanta in trasferta, la vittoria contro la Juventus rappresenterebbe il punto esclamativo, ponendo il Napoli definitivamente in posizione di favorita al titolo finale.
La ricchezza di talento che le due compagini propongono è di rara fattura. Sono tante le sfide nelle sfide. Osimhen contro Milik, Lobotka contro Locatelli, Zielinski contro Rabiot, Kim contro Bremer, Lozano contro Di Maria. Il duello più affascinante, ad ogni modo, è quello che vede contrapposti i due giocatori di maggior talento, escludendo El Fideo. Dalle 20:45 in poi, le fasce del Diego Armando Maradona prenderanno fuoco grazie alle fiammate di Kvaratskhelia e Chiesa, i nostri cavalli vincenti.
Paragonare Chiesa e Kvaratskhelia, allo stato attuale, non è semplice. I due calciatori si trovano in due stadi diversi delle rispettive carriere. L’esterno della Nazionale ha raggiunto, grazie all’Europeo disputato nella magica estate del 2021 e alla continuità con Fiorentina e Juventus, lo status di certezza e di giocatore mondiale, appetibile ai più grandi club d’Europa. Il georgiano, invece, ha appena iniziato a mostrare una classe cristallina, stupendo chiunque e meravigliando tifosi e appassionati. Uno sta per raggiungere la maturità definitiva, l’altro ha mosso i primi passi nel calcio che conta.
LA PULIZIA DEL CALCIO
Una delle caratteristiche che meglio emerge dei ragazzi terribili di Napoli e Juventus è la facilità, abbinata alla qualità, con cui riescono a calciare, tanto di destro, piede preferito, quanto di sinistro. Il ruolo che occupano in campo impone capacità balistiche di primo livello. Le azioni pericolose passano dal loro estro e dai loro piedi, ragion per cui le arti del passaggio, del cross e del tiro richiedono abilità elevate. Kvaratskhelia e Chiesa non badano agli ornamenti, dando largo spazio alla concretezza. Il loro calcio è secco, potente, micidiale, da qualsiasi posizione, con un piede o l’altro e in qualunque maniera.
Il numero 7 della Juve lo ha fatto vedere in diverse occasioni, sia con il club piemontese sia con la maglia azzurra dell’Italia. Fenomenale nel tiro a giro, preciso e robusto, con l’eterna rete realizzata contro la Spagna nella semifinale di EURO 2020, letale e infallibile nel calciare in corsa puntando la porta, da dentro e fuori l’area, un cecchino nel trovare il pertugio giusto da posizioni defilate, come negli ottavi degli europei contro l’Austria o con il gol della vana speranza contro il Porto nella Champions League 2020-21.
Buon compleanno, @federicochiesa 🎂#EURO2020 | @Azzurri pic.twitter.com/G0hoo0pil3
— La UEFA (@UEFAcom_it) October 25, 2021
Il tre volte di fila calciatore georgiano dell’anno condivide le stesse doti, ponendosi sul piano del figlio d’arte. Kvaratskhelia, nel giro di pochi mesi, si è preso il Napoli, stregando tutti. Il suo calcio è senza fronzoli, di collo pieno, secco, un montante al viso inaspettato che non lascia il tempo di opporvisi. Rispetto a Chiesa, forse, ha dalla sua parte la gittata del tiro. La sua prima rete al Maradona è lampante. Un destro forte e a giro dai 25 metri che bacia il palo e cade in fondo alla rete. Due settimane più tardi, a Roma contro la Lazio, sfiora una prodezza d’altri tempi con un bolide da trenta metri che stampa il legno dopo essersi liberato con una veronica di Luis Alberto e Felipe Anderson. Nella stessa partita firma il decisivo 1-2 con un tiro potente dal limite dell’area che finisce sotto la traversa.
DRIBBLING
L’arte del dribbling, nel calcio, è tutto. Magia, stupore e illusione. Nel concreto, però, è l’arma che fa vincere le partite. Spesso, quando si commentano i punti deboli di una squadra piuttosto che di un’altra, uno degli argomenti di dibattito più diffusi è proprio quello della mancanza del famigerato giocatore che “salta l’uomo”. Juventus e Napoli, per loro fortuna, non hanno di questi problemi. Chiesa e Kvaratskhelia sono tra i principali portavoce di questa dote. Il loro modo di interpretarla, tuttavia, presenta sfumature diverse, seppur entrambe efficaci e spettacolari.
Il dribbling di Chiesa è rapido, veloce, scattante. L’esterno della Vecchia Signora punta l’avversario e lo brucia sulla corsa, lasciandolo sul posto, muovendosi da una parte all’altra, senza preferenze e punti deboli. Non ama lo stile barocco, non cerca il sopraffino, badando alla sostanza e al risultato finale. Il suo è un dribbling tanto minimale quanto fatale.