Durante un’intervista per Sportweek, settimanale della Gazzetta dello Sport, Andrè Onana ha parlato del suo passaggio all’Inter e del rapporto con Samir Handanovic. Il giocatore camerunense sembra ormai aver scavalcato l’ex Udinese nelle gerarchie per il posto da titolare, soprattutto grazie alle ottime prestazioni in Champions League.
Il giocatore , attualmente occupato con la sua nazionale nel mondiale in Qatar, ha parlato così del suo trasferimento in nerazzurro: “Ero all’Ajax e un paio di anni fa Piero Ausilio si avvicina per la prima volta al mio agente: gli racconta le cose come stanno, senza giri di parole, come piace a me. Dal primo minuto, ancora prima di entrare nel cuore della trattativa, mi sono sentito il nerazzurro addosso. Ho iniziato a vedermi come portiere dell’Inter ogni giorno di più. Quando un club così pensa a te, come fai a dire di no? Ne sei lusingato e felice. E adesso eccomi qua in una città magnifica, con una tifoseria incredibile che inizia a volermi bene“. Un amore a prima vista, soprattutto per come l’Inter ci ha fortemente puntato visto anche il momento che stava vivendo il giocatore dopo la squalifica per doping.
“Sorpreso di essere già titolare? Affatto, so quanto valgo e mi accorgo di quanto cresco, allenamento dopo allenamento. Facendo le cose per bene sapevo che sarebbe arrivato presto il mio momento. Prima di arrivare, ero consapevole che mi sarei giocato il posto con un portiere straordinario, che ha fatto la storia di questo club, ma che molto, molto diverso da me“. Una maglia da titolare che si è preso meritandola, col lavoro sul campo e un’affidabilità che con Handanovic si stava pian piano perdendo.
Proprio sul portiere sloveno ha parlato così: “Se qualcuno mi chiede “Samir è un tuo modello?”, io non posso che dire…”no”. Proprio per questa diversità tra noi. Ma aggiungo pure che lui e un campione gigante, altrimenti non sarebbe rimasto qui, a questo livello, per 11 anni: davanti ad Handanovic ci si può solo togliere il cappello. Appartiene a una scuola diversa dalla mia: è bravissimo e sicuro tra i pali, mentre io mi sento un portiere moderno e “proattivo”. Uno che prende rischi, esce, accetta l’uno contro uno e gioca tanto con i piedi. Sono semplicemente modi diversi di intendere il ruolo e diversi insegnamenti a cui vieni abituato. All’inizio, ci guardavamo strani in allenamento e uno diceva all’altro: “Non fare così, stai sbagliando”. E l’altro rispondeva: “No, sbagli tu“.
“Parliamo molto di più adesso di prima: Samir si sta comportando da vero capitano. Un leader riconosciuto e si vede in tante piccole cose. Non deve pensare solo a me, ma a tanti aspetti quotidiani della squadra. Apprezzo il fatto che mi dia consigli, che si congratuli per una bella parata e mi corregga per un errore. E, poi, ricordiamoci di una cosa: l’Inter intesa come istituzione, è qualcosa di molto più grande di me, di lui e di qualunque altro. Noi tutti abbiamo il dovere di onorare e difendere questa maglia, ma siamo solo ii passaggio, mentre il club e il popolo interista resterà. Questo soltanto conta“. Un rapporto quindi di grande rispetto, nonostante una scuola di pensiero totalmente diversa.