L’estate del 1973 è segnata dal singolo di debutto degli Aerosmith, “Dream On”. La band di Boston, guidata da Steven Tyler e Joe Perry, entrerà prepotentemente nel panorama musicale negli anni a venire, anche grazie a questa hit.
Passando ad avvenimenti più seri, l’11 settembre 1973 in CileAugustoPinochet, con un colpo di stato, rovescia il governo presieduto da Salvador Allende. Nei concitati momenti finali dell’assalto, Allende si toglie la vita e Pinochet da il via al suo regime dittatoriale.
Otto giorni dopo prende il via la Coppa dei Campioni 1973/74, che vede il ritorno, dopo un anno di assenza a causa dei “Troubles”, della squadra vincitrice del campionato nordirlandese, il Crusaders. I Crues avranno vita breve, uscendo al primo turno subendo 12 reti in due partite ad opera della Dinamo Bucarest.
Se i Campioni dell’Irlanda del Nord tornano a giocare, la Dinamo Tirana, vista la complicata situazione in Albania, resta a casa, permettendo all’Ajax di entrare direttamente agli ottavi di finale, in quanto Campione uscente del torneo; per i Lancieri, però, sarà un torneo decisamente diverso rispetto ai precedenti, ma ne parleremo più avanti.

SLIDING DOORS

I primi due turni della Coppa dei Campioni 1973/74 vedono diverse sorprese, che portano come conseguenza incroci sfortunati e tonfi clamorosi.
Al primo turno la Juventus, finalista dell’ultimo torneo, cade nella trappola Dynamo Dresda, che vince 2-0 all’andata, al Rudolf Harbig Stadion, grazie alle reti di Kreische e Schade.
Il 3 ottobre, i bianconeri sono chiamati alla rimonta a Torino e il gol, insolito, di Furino dopo appena 9 minuti sembra di buon auspicio. La Dynamo, però, riesce a pareggiare con Rau al 24’, riportandosi avanti nel doppio confronto.
Nonostante il gol subito, la Juve reagisce e segna, nel giro di 5 minuti, con Altafini e Cuccureddu, portandosi sul 3-1 alla mezz’ora. Con questo punteggio i tedeschi si qualificherebbero grazie alla regola dei gol in trasferta. La Juventus cerca in tutti i modi di trovare il gol qualificazione, ma al 75’ il Comunale viene gelato da Sachse, che chiude i giochi siglando il 3-2.
La conseguenza di questo, inatteso, passaggio del turno per la Dynamo Dresda, è la sfida contro i cugini della Germania Ovest del Bayern Monaco. I bavaresi hanno faticato più del dovuto, ai sedicesimi, contro l’Atvidaberg, che si dimostra avversario temibile anche in Coppa dei Campioni.
All’andata, in Germania, una doppietta di Gerd Muller e due autoreti, una per parte, fissano il risultato sul 3-1 per i padroni di casa, punteggio che sembra già chiudere ogni discorso qualificazione.
L’Atvidaberg, però, come già dimostrato ampiamente nella Coppa delle Coppe 1972/73, al Kopparvallen si trasforma e, incredibilmente, si porta sul 3-0, grazie ad una doppietta di Torstensson e al gol di Wallinder. Il Bayern, completamente frastornato, si risveglia improvvisamente e trova con Hoeness al 79’ il gol che porta la sfida ai supplementari e poi, visto il nulla di fatto, ai calci di rigore.
Dal dischetto i primi a sbagliare sono i bavaresi, che si trovano ad un passo dalla clamorosa eliminazione. Tra i pali del Bayern, però, c’è un ragazzo di nome Sepp Maier, uno dei portieri più forti del momento, che respinge gli ultimi due rigori di Karlsson e Franzen, prima del sigillo finale di Beckenbauer.
Il doppio confronto consacra Conny Torstensson, che viene acquistato nel mercato invernale proprio dal Bayern Monaco, diventandone immediatamente perno fondamentale fino al 1977.
I bavaresi, dopo la grande paura, faticano molto anche contro la Dynamo Dresda agli ottavi, in un doppio confronto per cuori forti.

LA FINE E L’INIZIO

Le emozioni che regalano le due squadre iniziano già nella partita d’andata all’Olympiastadion, con i tedeschi dell’Est che aprono le marcature dopo 13 minuti, grazie ad una sfortunata autorete di Hansen, che mette involontariamente in rete un cross basso di Ganzera.
Il Bayern impiega poco a scuotersi dopo il gol subito e lo fa grazie a Bernd Durnberger, centrocampista che dedicherà tutta la sua carriera al club di Monaco. Al 17’, con un bel filtrante, pesca in area Hoffmann che pareggia, mentre al 26’ si inventa un gran destro a giro da fuori area che vale il sorpasso.
La reazione del Bayern, dunque, certifica la forza e la compattezza della squadra di Lattek, ma dall’altra parte la Dynamo non fa sconti e ribalta nuovamente l’incontro prima dell’intervallo.
Al 36’ ci pensa Sachse con un bel colpo di testa su cross di Geyer a pareggiare, prima del sorpasso che avviene al 42’ con Heidler, che raccoglie in area la sponda dello stesso Sachse, controlla e buca Maier.
Il gol del 2-3 subito nel finale di primo tempo è un duro colpo per i padroni di casa, che devono fare i conti con una difesa arcigna e ben messa in campo da Fritzsch. L’assedio dei bavaresi, però, si concretizza negli ultimi 20 minuti, quando la retroguardia della Dynamo Dresda è stremata e compie due errori fatali.
Al 71’ Ganzera libera male l’area su un cross e sul pallone si fionda Franz Roth, che conclude in porta, trovando la deviazione, sfortunata, dello stesso Ganzera, che beffa Boden.
Il gol del definitivo 4-3 arriva grazie a Gerd Muller, che sfrutta un buco assurdo di Geyer sotto porta e mette in rete all’83’.
Il ritorno del Rudolf Harbig Stadion, giocato il 7 novembre, vede una Dynamo Dresda completamente sbilanciata in avanti a partire dal fischio d’inizio, con il Bayern che chiude, virtualmente la pratica dopo appena 12 minuti, grazie ad una doppietta di Uli Hoeness che gioca divinamente in campo aperto.
Il doppio vantaggio ha, però, un effetto quasi soporifero nelle menti dei calciatori di Lattek, che subiscono una clamorosa rimonta tra la fine del primo tempo e il 55’. Watzlich,Ganzera e Hafner portano i padroni di casa avanti 3-2 e, incredibilmente, la doppia sfida viene completamente ribaltata.
L’illusione dei tifosi della Dynamo, però, dura appena tre minuti, quanto basta a Gerd Muller per firmare il 3-3 su invito di Hoeness e chiudere, di fatto, la pratica.
Se il Bayern, dopo due turni sulle montagne russe, si candida prepotentemente per un torneo da protagonista assoluta e per l’inizio di una nuova era, l’Ajax, detentore delle ultime tre Coppe dei Campioni, sprofonda clamorosamente.
I Lancieri, entrati direttamente agli ottavi di finale, sono accoppiati contro il CSKA Sofia, compagine scorbutica, ma decisamente alla portata per gli olandesi, seppur orfani del Profeta Johan Cruijff, trasferitosi a Barcellona in estate.
L’andata all’Olympisch Stadion viene vinta 1-0 dai padroni di casa, grazie ad una rete di Mulder, ma il momento chiave del match (e del doppio confronto) arriva al 39’, quando Johnny Rep, match winner dell’ultima finale di Coppa dei Campioni, si fa ipnotizzare dal dischetto da Yordanov, che lascia il punteggio sull’1-0 in vista del ritorno.
Il 7 novembre alla Balgarska Armiya di Sofia, il CSKA mette in scena la partita perfetta.
Al 69’ i bulgari segnano il gol dell’1-0 con Marashliev, che di testa su cross di Denev non perdona, portando la sfida ai supplementari.
Quando la sfida sembra orientata verso i calci di rigore, una conclusione di Mihaylov al 116’ viene calcolata male da Stuy che non riesce ad intervenire.
I tifosi del CSKA esplodono in una festa incredibile, mentre finisce mestamente l’epopea dell’Ajax.

LA CORSA DEI ROTBLAU

In un torneo che ha già visto uscire squadre importanti come Ajax, Juventus, Benfica (eliminato dal Uijpest) e Liverpool, che perde 2-1 contro la Stella Rossa sia ad Anfield che al Rajko Mitic, a prendersi la scena ci pensano diverse squadre inaspettate, tra le quali spicca il Basilea.
I rossoblu, squadra senza una consolidata tradizione europea, si rendono protagonisti di un percorso emozionante e avvincente, arrivando a fine corsa con più di un rimpianto.
Tra le fila dei Rotblau figura anche una figura quasi mitologica del calcio sudamericano, colui che, ancora oggi, è considerato il più forte calciatore peruviano di sempre: il fantasista Teófilo Cubillas. Per El Nene si tratta della prima esperienza nel calcio europeo, che durerà appena sei mesi, prima di trasferirsi al Porto.
Il gol che alza il sipario sulla Coppa dei Campioni 1973/74 del Basilea lo segna proprio Cubillas, nel pirotecnico 5-0 rifilato al Fram Reykjavik (11-2 complessivo).
Superato senza troppi patemi lo scoglio islandese, l’urna riserva agli svizzeri il Club Brugge, che vince 2-1 al Klokke Stadion, grazie alle reti di Carteus e Thio.
La sconfitta subita in Belgio sembra il capolinea dell’avventura del Basilea, ma quello che succede il 7 novembre 1973 al St.Jakob Park ha dell’incredibile.
Dopo un avvio arrembante i padroni di casa passano in vantaggio, con una conclusione da fuori area di René Hasler, sugli sviluppi di un calcio d’angolo, deviata in maniera decisiva da
Rüssmann. Il vantaggio dei rossoblu, però, dura poco, perché prima Lambert raccoglie un cross di Carteus e pareggia al 23’, poi i due si scambiano i ruoli, al termine di un pregevole triangolo rifinito con il tacco da Lambert e concluso dal numero 10.
Anche in questo caso, il punteggio cambia nuovamente molto presto, con il Basilea che reagisce da grande squadra e trova il 2-2  grazie ad un colpo di testa di Balmer al 31’; sei minuti più tardi i Rotblau si portano nuovamente in vantaggio con Wampfler, che si lancia in tuffo su un cross di Cubillas e batte Sanders.
Dopo un primo tempo per cuori forti, ai padroni di casa serve ancora una rete per la qualificazione, mentre il Bruges tenta di difendersi dai veementi attacchi avversari per pungere in contropiede. La ripresa è firmata da due protagonisti, uno per parte: Raoul Lambert e Ottmar Hitzfeld.
Lambert, miglior giocatore di sempre del Club Brugge e già autore di una rete nel primo tempo, ne segna altre due, al 47’ su calcio di rigore e al 69’ con un colpo d’artista sul primo palo, ad anticipare portiere e difensore.
Hitzfeld, invece, è un attaccante tedesco che vivrà la maggior parte della propria carriera in Svizzera, prima di intraprendere una fortunata carriera da allenatore; il numero 9 del Basilea segna dal dischetto al 63’ e al 70’ risolvendo una mischia in area di rigore, fissando il punteggio su un clamoroso 5-4 per i padroni di casa.
A venti minuti dalla fine, dunque, il punteggio del doppio confronto è in parità (6-6), ma il Bruges si qualificherebbe grazie ai gol in trasferta.
All’86’, con il Basilea ormai completamente all’assalto della porta nerazzurra, capitan Odermatt mette in mezzo una punizione, che la difesa belga respinge a fatica, sui piedi di Mundschin. Il centrale difensivo dei rossoblu si coordina, ma la sua conclusione è molto debole e il pallone viene calamitato dall’onnipresente Ottmar Hitzfeld, che segna il 6-4 definitivo e decisivo.
Dopo una partita del genere e la sosta invernale, il Basilea pesca una delle tre big rimaste in gioco, il Celtic guidato da Jock Stein in panchina e da Kenny Dalglish in campo.
Un altra pagina che passerà agli annali della storia della Coppa dei Campioni è pronta per essere scritta.

LA LEGGE DEL CELTIC PARK

Uno dei momenti più alti della storia calcistica del Basilea è legato a doppio filo con il Celtic Glasgow, la prima squadra britannica a vincere la Coppa dei Campioni nel 1966/67, sempre sotto la guida del mitico Jock Stein.
Questo Celtic è molto diverso da quello dei Lisbon Lions, soprattutto grazie a Kenny Dalglish, 23enne in rampa di lancio che diventerà uno dei più forti calciatori di sempre, oltre che uno dei più vincenti.
Il 18 febbraio 1974 i Kiss pubblicano il loro album omonimo, il primo della band nata a New York nel settembre 1973, che diventerà una delle più iconiche negli anni a venire.
Otto giorni dopo va in scena l’andata del quarto di finale al St.Jakob Park, con un Celtic che parte molto forte e passa in vantaggio dopo 21 minuti. Brogan si lancia sulla fascia sinistra e mette al centro uno spiovente che Paul Wilson trasforma in una rete splendida, calciando al volo di destro sotto la traversa.
La reazione del Basilea non si fa attendere e già al 29’ i Rotblau pareggiano, con Hitzfeld che riceve da Hasler e conclude da fuori, bucando le mani di un impreciso Williams. La rimonta dei padroni di casa è poi completata al 31’ da capitan Odermatt, che realizza una splendida punizione da oltre trenta metri con un siluro.
Il Celtic, sorpreso dalla reazione del Basilea, cerca di ricompattarsi ad inizio ripresa, ma i padroni di casa fanno buona guardia, fino al 57’, quando Dalglish riceve palla in area da McGrain e pareggia i conti.
A fissare il punteggio sul 3-2 definitivo in favore dei rossoblu è ancora Ottmar Hitzfeld, su calcio di rigore, al 64’.
Un mese dopo, il 20 marzo, il Celtic è chiamato alla rimonta nel suo stadio, che trasuda nobiltà calcistica da ogni angolo.
I biancoverdi impiegano meno di un quarto d’ora a passare in vantaggio, con un colpo di testa di Dalglish su corner dalla sinistra, per poi raddoppiare con Deans poco dopo, mettendo subito in discesa l’incontro. Il Basilea, però, non molla e ribatte colpo su colpo, trovando due reti, con Mundschin e Walmer, ammutolendo il Celtic Park.
I padroni di casa segnano il gol del 3-2 al 56’, con Callaghan, al termine di un’insistita azione da angolo; il punteggio non cambia più e la partita si protrae così ai supplementari.
Il momento decisivo arriva al 103’, quando Hood crossa al centro ed il pallone, rimasto lì, viene messo in rete da Murray, che infrange i sogni del Basilea e regala al Celtic la semifinale.

UNA DOPPIA FINALE

Le semifinali sono estremamente speculari nel loro andamento, con Uijpest e Celtic che riescono a contenere le folate di Bayern Monaco e Atlético Madrid nelle sfide di andata, terminate in parità, ma soccombono al ritorno. I magiari vengono spazzati via per 3-0 da una prova strepitosa dei bavaresi all’Olympiastadion, mentre l’Atlético fatica molto contro gli scozzesi, ma vince 2-0 nell’ultimo quarto d’ora.
Il 15 maggio 1974, all’Heysel di Bruxelles, va in scena una finale inedita, con le due formazioni che raggiungono per la prima volta l’ultimo atto nella Coppa dei Campioni.
L’incontro è tirato e in bilico, con entrambe le squadre che cercano di evitare errori, inficiando negativamente sullo spettacolo.
Dopo 90 minuti sullo 0-0, i supplementari continuano sulla falsa riga dei tempi regolamentari, fino al 114’, quando Luis Aragonés, figura mitica dell’Atlético Madrid, buca Maier con un gran calcio di punizione.
Per gli spagnoli sembra fatta, ma il Bayern inizia qui la sua storia europea composta da imprese stoiche ed indimenticabili; al 119’, infatti, con tutto l’Atlético chiuso nella propria area di rigore, Schwarzenbeck pesca il jolly con una conclusione potente e affilata da oltre trenta metri, sorprendendo Reina.
Come da regolamento UEFA, nelle finali europee i calci di rigori non sono previsti, perciò si va verso il replay, nello stesso stadio, due giorni dopo.
La seconda finale è una vera e propria mattanza per l’Atlètico, molto probabilmente ancora sotto shock dopo il gol subito a tempo praticamente scaduto. Il Bayern mette in scena una delle recite migliori della sua stagione, aprendo le marcature al 38’ con Hoeness, che scappa via in solitaria su lancio di Breitner.
Nella ripresa ci pensa Gerd Muller a chiudere i giochi, prima con un potente diagonale da posizione defilata, su cross di Kapellmann, poi con un pallonetto splendido e delicato su filtrante di Zobel.
Nel finale fissa il punteggio sul 4-0 ancora Hoeness, che salta anche Reina prima di mettere in rete.
Per il Bayern Monaco è la prima Coppa dei Campioni della storia, alloro che diventerà capostipite di una lunga serie di successi.

Si conclude, dunque, anche questa stagione europea; nella prossima puntata vedremo un Bayern sempre più quadrato e pragmatico, mentre sullo sfondo si snodano molte storie interessanti, dalla sempre più sorprendente Atvidaberg al ritorno al vertice del Leeds… appuntamento tra tre settimane con la Coppa dei Campioni 1974/75.

ClaudioC
Scritto da

Claudio Parodi