Scudetto. Una parola che nell’ultimo decennio ha suscitato sempre minor interesse con l’avvicinarsi del termine della stagione. Un’egemonia interrotta dall’Inter, lo scorso campionato, e contestualmente l’inizio di un nuovo ciclo in casa Juventus.
È un anno molto strano per il calcio italiano. La seconda volta consecutiva in cui non si parteciperà al mondiale, cammini a dir poco difficoltosi per le italiane in Europa e un livello che, francamente, lascia a desiderare.
La corsa scudetto, però, risulta una delle più avvincenti degli ultimi 15 anni e terrà tutti sull’attenti fino all’ultima giornata. Se l’Inter dovesse archiviare la questione Bologna, ci troveremmo con il Milan a 67 punti e la coppia formata dai nerazzurri e dal Napoli a quota 66.
Ognuna di queste tre ha un valido motivo per credere di meritarsi lo scudetto e, forse, alla base c’è un obiettivo che accomuna queste realtà.
Stefano Pioli, Luciano Spalletti e Simone Inzaghi. Tre tecnici con tre storie diverse, ma un elemento che li rende identici. Nessuno di loro tre, se escludiamo l’esperienza russa del tecnico di Certaldo, è mai riuscito a mettere nero su bianco nel palmares una cosa: lo scudetto.
ECCESSO DI CORTESIE
Negli anni in cui vincere la Serie A ha fatto rima con Juventus, e sono stati tanti, si notava nei bianconeri una caratteristica ben definita: il “cannibalismo”. Lasciare ben poco agli altri, in tutte le gestioni. Prima Conte, poi Allegri e, infine, Sarri. Con i primi due era complesso battagliare, sia per come sono riusciti a trasmettere la loro identità alla squadra, sia per il tasso tecnico a disposizione.
In questa stagione non si può dire altrettanto. Tanti punti lasciati per strada, match affrontati con troppa leggerezza nonostante una posta in palio a dir poco notevole. Questa corsa ha le sembianze di una gara in cui si cerca di acquisire vantaggio solo quando in pista subentra la safety car. Si ha quasi paura a pigiare il piede sull’acceleratore.
Può sembrare assurdo, ma se andiamo ad analizzare il cammino di Milan, Napoli e Inter, ecco che sembra quasi di avere a che fare con la gara alle occasioni mancate.
I rossoneri, soprattutto dopo il match contro il Bologna, danno l’impressione di aver perso il feeling con il gol. Tante occasioni, poca precisione. Hernandez e Leao possono (quasi) sempre dominare con fisicità e tecnica, eppure preferiscono inserire il pilota automatico a muoversi al piccolo trotto. Brahim Diaz pare confusionario, Rebic pasticcia con il pallone e Giroud lotta contro la sfortuna sotto porta. E la soluzione non è detto che sia Ibrahimovic a partita in corso.
Il Napoli è chiamato a dimostrare contro Fiorentina e Roma, al Maradona, di essersi lasciato alle spalle il pessimo feeling con la vittoria in casa. Le ultime 6 sconfitte, tra campionato e coppe, sono arrivate proprio ai piedi del Vesuvio. Meno dipendenza da Osimhen e più incidenza degli esterni, il tutto con la valorizzazione di un centrocampo ricchissimo di qualità.
I campioni d’Italia hanno vissuto un periodo davvero complesso, iniziato dal derby perso contro il Milan e terminato, forse, con il match vinto allo Stadium nell’ultimo turno di campionato. Brozovic è fondamentale a centrocampo, ma si dimentica che Barella e Calhanoglu sono una versione sbiadita dei due giocatori visti nel girone di andata. La prestazione offensiva contro la Salernitana, con Lautaro e Dzeko a banchettare, è stata solo una piacevole illusione. L’attacco nerazzurro sta facendo molta fatica, senza troppi giri di parole, e di certo Sanchez e Correa non rappresentano una valida alternativa alla coppia dei titolari.
PRIME VOLTE
Milan, Napoli e Inter hanno vissuto, nella loro storia, momenti di grande splendore. La volontà di tornare grandi, per davvero, di certo non manca.
Pioli e Spalletti sono andati vicini allo scudetto, senza mai riuscire ad acciuffarlo. Per Inzaghi, la questione è diversa, perché a Formello ha fatto vedere grandi cose, senza mai però rendersi protagonista di una vera corsa al tricolore. Sono tre personalità diverse, tre approcci diversi al calcio.
Stefano Pioli è il cosiddetto “Normal One”, un tecnico che lavora molto in settimana e che fa altrettanto per il rapporto tra lui e i giocatori. C’è grande entusiasmo a Milanello, con un mix tra giovani di prospettiva ed elementi ben più maturi che cercano di trascinare il gruppo.
Luciano Spalletti è un uomo di esperienza, con un approccio che rispecchia il suo modo di essere, dal linguaggio del corpo a quello ai microfoni. È stato dato troppo peso al suo rapporto con Francesco Totti, un po’ troppo inflazionato in seguito alle varie produzioni televisive, e troppo poco risalto a quello che riesce a trasmettere in campo.
Simone Inzaghi, il più giovane dei tre, si è trovato tra le mani un giocattolino a dir poco interessante, con uno scudetto cucito sul petto e due dei principali artefici che sono volati in Francia e oltremanica. Ha atteso l’Inter fino all’ultimo in estate, esprimendo un grande calcio nei primi mesi, di gran lunga migliore rispetto alla concretezza imposta da Antonio Conte.
Ora, però, conta racimolare il maggior numero di punti messi in palio, settimana dopo settimana. Possiamo analizzare attentamente ogni singola giornata, mettere a confronto i calendari e ipotizzare quanti punti ognuna di queste tre squadre potrà conquistare.
La verità, però, è una. Nessun match si rivelerà semplice, e non si tratta di una frase fatta. È proprio l’andamento di Milan, Napoli e Inter ad imporre un ragionamento di questo tipo, tra partite dall’esito scontato che hanno regalato sorprese talvolta indigeste e confronti diretti in cui, come dice chi osserva dal quarto posto, conta il corto muso.
Una corsa a tre, per regalare uno scudetto a chi si è stancato di osservare, sempre, trionfare gli altri.