“It’s getting dark too dark to see, feels like I’m knockin’ on heaven’s door” 

Nel maggio 1992, i Guns ‘N Roses pubblicano come singolo la loro versione di “Knockin’ On Heaven’s Door” celeberrima canzone di Bob Dylan.

In quello stesso mese, nel 1949, la porta del Paradiso si era aperta per un’intera squadra, dopo il terribile schianto di Superga. 43 anni dopo, in un contesto completamente diverso, il Torino ritorna a bussare a quella porta, alla ricerca della gloria europea, ma nessuno aprirà.

UNA SQUADRA BEN COSTRUITA

Sin dal suo insediamento come presidente nel 1989, Gian Mauro Borsano inizia a costruire una squadra capace di confrontarsi con le big italiane. Oltre ad alcuni talenti cresciuti in granata, come capitan Cravero, Benedetti, Bresciani e Lentini, la dirigenza si dimostra abile nel portare a Torino nomi importanti e affidabili. Così in appena due stagioni approdano in Piemonte Roberto “Rambo” Policano, Luca Fusi, Roberto Mussi e, soprattutto Rafael Martin Vazquez, elegantissimo centrocampista scuola Real Madrid.

Nella stagione 1990/91, il Toro chiude al quinto posto, qualificandosi per la Coppa UEFA e svelando il talento cristallino di Gianluigi Lentini, vero e proprio trascinatore dei granata.

A guidare questa banda di ragazzi grintosi e qualitativi c’è un uomo nato a Cremona e specializzato in miracoli: Emiliano Mondonico.

Per il ritorno in Europa dopo cinque stagioni, Borsano mette mano al portafoglio e porta in granata due grandi nomi: Walter Casagrande, attaccante brasiliano dell’Ascoli e Vincenzo Scifo, talentuoso fantasista belga. Con questi due e il ritorno di Giorgio Venturin dal Napoli, Mondonico sa di poter fare grandi cose.

IL CAMMINO EUROPEO

I ragazzi del Mondo passano agevolmente i primi due turni, sbarazzandosi del Reykjavik e del Boavista. Negli ottavi di finale i granata se la vedono contro l’AEK Atene, sfoderando la prima, grande prestazione del loro torneo proprio in terra ellenica.

Privo di Lentini, espulso contro i portoghesi, il tecnico lombardo si affida alla voglia di Giorgio Bresciani, miglior marcatore granata della stagione precedente, divenuto riserva di lusso con l’arrivo di Casagrande. Proprio i due attaccanti segnano le due reti che permettono al Torino di impattare per 2-2 allo Stadio Athinon con un piede e mezzo nei quarti. Nel ritorno basta infatti un’altra rete di Casagrande ad inizio ripresa per ratificare il passaggio del turno.

TRASFERTA DANESE

Ai quarti di finale per il Torino c’è il Boldklubben 1903, squadra danese semisconosciuta che sta vivendo la sua miglior stagione europea. La partita di andata, nella terra di Amleto, è poco più di una formalità per gli uomini di Mondonico, con Casagrande ad aprire le marcature e una terrificante punizione di Policano nel finale a rendere quasi inutile la sfida di ritorno. Nonostante la qualificazione in ghiaccio, il tecnico granata schiera la formazione migliore, con Mussi al posto di Policano squalificato.

Il match ha le sembianze di un allenamento, finisce 1-0 grazie all’autorete di Højer. La partita del Delle Alpi sarà l’ultima in Europa per il Boldklubben, che il primo luglio 1992 si fonderà con il BK, dando vita al Copenhagen che conosciamo tutti.

IL CAPOLAVORO GRANATA

Il Torino, dunque, si qualifica alle semifinali, dove l’avversario è di quelli da far tremare le gambe: il Real Madrid di Butragueño e Hagi. La partita di andata del Bernabeu è di quelle da mito dell’epica, le due squadre sembrano equivalersi in tutto. Quando scatta l’ora di gioco, però, quel cavallo pazzo di Policano ha un po’ di spazio e crossa; il pallone prende una traiettoria strana e viaggia verso la rete. Buyo cerca di metterci una pezza, ma pasticcia e la sfera arriva sul piede del solito Casagrande, che appoggia e fa 0-1.

Per qualsiasi squadra sarebbe una mazzata definitiva, ma non per il Real, che pareggia subito con Hagi, imbeccato splendidamente da quel genio calcistico di Míchel. Purtroppo per il Toro, i padroni di casa trovano anche il vantaggio, con un colpo di testa di Hierro ancora su assist di Míchel.

Gli uomini di Mondonico sono dunque chiamati all’impresa al Delle Alpi, senza Policano, espulso nel finale. La cornice dello stadio torinese è splendida, i tifosi granata sono accorsi numerosi, per una serata storica. Dopo soli sette minuti, il Toro è già avanti grazie ad un’autorete di Rocha su un cross di Lentini. Il resto della partita è il manifesto del “Cuore Toro”, grinta e forza di volontà a palate e qualche puntata in contropiede, come al 74’, il minuto decisivo. Un Lentini in versione fenomeno vola via e mette in mezzo, la palla attraversa una selva di gambe e arriva sul secondo palo dove arriva l’uomo della provvidenza, Luca Fusi. Il mediano granata appoggia in rete e il pubblico esulta in maniera quasi liberatoria: il Torino è in finale.

I TEMIBILI OLANDESI

Ad attendere la formazione italiana nell’atto conclusivo c’è l’Ajax, che ha eliminato il mitico Genoa di Bagnoli in semifinale. I ragazzi di Mondonico sembrano stanchi dopo la lunga cavalcata e gli olandesi sono avversario furbo e opportunista. Al quarto d’ora, una futura conoscenza del nostro calcio, Wim Jonk, calcia da più di trenta metri, sorprendendo Marchegiani, 0-1.

Il Toro accusa il colpo, ma pian piano cerca di rientrare in partita. Al 60’, Scifo calcia da fuori, trovando pronto Menzo che respinge, ma appostato come un falco in mezzo all’area c’è ancora Walter Casagrande che pareggia. I padroni di casa cercano di attaccare, sospinti dal pubblico, ma in contropiede l’Ajax si riporta avanti, con Bergkamp astuto nel guadagnarsi un rigore, realizzato da Pettersson.

Stavolta sembra davvero finita, ma ancora una volta, la classe di Lentini e la fame di gol di Casagrande regalano un’ultima possibilità al Torino. La partita finisce 2-2 e il ritorno si preannuncia infuocato.

LA SEDIA DEL “MONDO”

I 90 minuti di Amsterdam rappresentano ad oggi una delle più paradossali finali europee di sempre. I granata entrano in campo con il sangue agli occhi e sfoderano, forse, la migliore prestazione dell’anno. Purtroppo la sorte non sorride ai piemontesi, che colpiscono tre clamorosi legni con Casagrande, Mussi e Sordo e non riescono a portarsi a casa la Coppa. L’Ajax è Campione grazie ai gol segnati in trasferta.

L’emblema di questa sconfitta è il gesto di Mondonico, che, dopo un rigore solare non concesso ai suoi ragazzi, alza una sedia al cielo in segno di protesta.

“Quella sedia è il simbolo di chi tifa contro tutto e tutti. È il simbolo di chi non ci sta e reagisce con i mezzi che ha a disposizione. È un simbolo-Toro perché una sedia non è un fucile, è un’arma da osteria”

Un finale amaro per una strepitosa squadra che avrebbe meritato molto di più, e che inizierà a sfaldarsi qualche mese dopo, quando il Presidente Borsano verrà ritenuto colpevole di bancarotta fraudolenta e dovrà smobilitare i pezzi grossi del club, chiudendo uno splendido ciclo.

ClaudioC
Scritto da

Claudio Parodi