Tutti gli amanti del gioco del calcio dovrebbero, almeno idealmente, festeggiare la data del 30 ottobre. Se non tutti, almeno quella platea di persone che hanno deciso di adorare come un Dio pagano Diego Armando Maradona.
Per onorare al meglio questa ricorrenza abbiamo preferito però focalizzarci su un evento accaduto in un’altra data, quella del 22 giugno 1986. Il giorno in cui Maradona ha annichilito con due gol divini l’Inghilterra, durante il quarto di finale del mondiale in Messico. Il secondo dei quali entrato nella storia come il Gol del Siglo.
A commentare quel momento c’era un relator uruguaiano, Victor Hugo Morales. Fu lui a essere scelto per narrare quei 14 secondi entrati nella storia del calcio, dell’arte e dell’umanità intera, proprio come Esiodo fu scelto dalle Muse per cantare della creazione del mondo.
La parola “relator” legata al mestiere di Morales non è una scelta casuale. Anzi, ben si differenzia dalla professione di telecronista o radiocronista dell’epoca. Questi ultimi, come accadeva in Italia grazie a dei totem del giornalismo come Sandro Ciotti o Nicolò Carosio, dovevano principalmente redigere un commento nudo e crudo sui fatti che stavano accadendo. Il relator, invece, aveva il compito di narrare nel senso più mistico del termine. Giocare con l’immaginazione delle persone accompagnando la partita con metafore, invocazioni e un linguaggio dal tono più aulico.
In quell’estate dell’86 le Muse scelsero bene l’uomo a cui affidare l’incarico di descrivere l’opera massima del più grande artista del fútbol. Noi però non staremo qui a parlare della carriera di Victor Hugo Morales, che nell’86 ha 39 anni, ma che inizia a relatar da quando non è nemmeno diciottenne. E che nel tempo ha elevato la sua professione, tanto da essere ritenuto da molti il miglior radiocronista di sempre.
La nostra è solo un’analisi del suo commento al Gol del Secolo. Anzi, chiamarlo commento sarebbe quasi offensivo. Diciamo pure un’ode a quello che è il momento più alto della storia di questo sport e, probabilmente, dell’intera storia dell’Argentina.
“Ahí la tiene Maradona…”
L’ode di Morales inizia con queste parole. Se dovessimo fare di questi versi di radiocronaca una poesia, queste parole sarebbero un ottimo titolo. La traduzione sarebbe “ecco Maradona“. Il Diez riceve infatti palla a circa 60 metri dalla porta avversaria. Un pallone all’apparenza innocuo. Ma Morales con queste esatte parole chiama Diego come in un’invocazione. Il deus ex machina che dal nulla inizia a compiere la sua opera di creazione.
“… Lo marcan dos, pisa la pelota. Arranca por la derecha el genio del fútbol mundial”
Così inizia la creazione. Con una ricezione non delle migliori, visti i due avversari inglesi che tallonano l’argentino. Con un passo di danza Maradona “pisa la pelota” e prosegue la sua corsa sulla destra. Ecco quindi l’epiteto più usato da Victor Hugo Morales per descrivere Diego, “genio“, usato qui per la prima volta e che per tutta la durata della sua carriera il radiocronista accosterà al Pibe.
“… Deja el tercero y va a tocar para Burruchaga… Siempre Maradona! Genio! Genio! Ta-ta-ta-ta-ta-ta! Goool! Goooool!”
Terzo avversario saltato da Maradona. Qui l’azione, sebbene possa effettivamente creare un pericolo potenziale agli inglesi, non è ancora concepita come opera d’arte. Almeno non nella mente di Morales, che infatti sbaglia, convinto che lo step successivo successivo sia un passaggio a Burruchaga.
Ed è proprio qui che il capolavoro inizia a intravedersi. Diego continua a correre palla al piede e Morales in un attimo eleva il tono il suo relato radiofonico, quasi come se sapesse che con quel “non passaggio” a Burruchaga, iniziava a compiersi il miracolo.
Da qui la sua telecronaca si fa più minimale. Ripete per due volte l’epiteto “genio” e poi prosegue con l’ormai famosissimo “Ta-ta-ta-ta-ta-ta“. Morales stesso ha dato una sua definizione di questa serie di “ta“, intendendolo come un “qualcosa che è sul procinto di compiersi“.
A questo punto infatti Maradona è già di fronte al portiere Peter Shilton. E tra il quinto e il sesto “ta” l’argentino dribla anche l’estremo difensore inglese. Il radiocronista non si perde dunque a descrivere una scena che, a velocità normale, dura circa un paio di secondi, lasciando al “ta-ta-ta-ta-ta-ta” il compito di farlo. Rendendo così la telecronaca solo una cornice che avvolge un quadro.
O anche, se la si vuole intendere così, un esempio di quel paroliberismo decantato dai poeti futuristi a inizio novecento. Come se fosse il “Zang Tumb Tumb” di Filippo Tommaso Marinetti.
Il miracolo, così, si compie. Maradona supera l’intera Inghilterra e deposita in rete il pallone del 2 a 0. L’opera è completa. Adesso una piccola appendice è lasciata proprio a Victor Hugo Morales, che con le parole successive entrerà nella leggenda insieme a questo gol.
“… Quiero llorar! Dios Santo, viva el fùtbol! Gooolazo! Diegoool! Maradona… Es para llorar, perdonenme. Maradona, en una corrida memorable. En la jugada de todos los tiempos!”
Qui uno struggersi dall’incredulità. Il pianto di Morales che ha visto di fronte a sé compiersi la storia. Chiede perdono ai suoi ascoltatori per il trasporto emotivo che lascia trasparire, giustificato ampiamente per l’eccezionalità dell’accaduto.
Eccezionalità sottolineata da lui stesso. “Una corrida memorable” e “en la jugada de todos tiempos” sottolineano come nulla di ciò che è accaduto negli istanti precedenti fa parte della normalità.
“Barrilete cosmico! De que planeta viniste para dejar en el camino tanto ingles? Para que el país sea un puño apretado gritando por Argentina? Argentina 2 Inglaterra 0! Diegol! Diegol! Diego Armando Maradona!”
Qui ora siamo nel campo della poesia. Il delirio quasi mistico di cui è preda Victor Hugo Morales gli permette di partorire una serie di versi quasi tanto leggendari quanto il gol di Diego. Ormai storico è il “barrilete cosmico“, ovvero “l’aquilone cosmico“.
Una piccola curiosità sul termine “barrilete“. Questo fu utilizzato solo pochi giorni prima di Argentina-Inghilterra da César Luis Menotti, il ct dell’Argentina vittoriosa al mondiale del ’78. Menotti chiama “barrilete” proprio Maradona, ma il senso non è usato per fare un elogio.
Il senso delle sue parole era, in sintesi, che l’Argentina dipendeva troppo dalle giocate dell'”aquilone” Diego. Aquilone la cui traiettoria, però, non poteva essere predetta. Il “barrilete” però non è partito da questo pianeta. È sceso giù da un altro mondo e adesso trascina con sé un’intera nazione verso la gloria eterna.
E soprattutto che lascia dietro di sé tutti e 11 i giocatori inglesi. Mi è sempre piaciuto però interpretare questa frase nel senso più brutale del termine. Come per dire “mettere al tappeto così tanti inglesi“. Nel segno di rivalsa di un intero popolo contro il rivale che, pochi anni prima, si è reso colpevole di 649 morti e 1068 feriti durante la guerra delle Falkland. Una tragedia architettata dal governo inglese solo per riconquistare un paio di rocce a largo della costa argentina.
Diego raccoglie così l’astio e il rancore accumulati per quattro anni dagli argentini, racchiusi tutti in un pugno che proprio Maradona scaglia, incitato dal grido dei suoi connazionali.
“Gracias Dios, por el fútbol, por Maradona, por estas lacrimas, por este Argentina 2 Inglaterra 0”
Infine, un ulteriore ringraziamento a Dio per avergli concesso il privilegio di essere anch’egli protagonista del miracolo. Il tono del telecronista, quindi, si affievolisce e torna alla normalità dichiarando nuovamente il risultato. “Argentina 2 Inglaterra 0“. E così, la stessa voce dell’uruguaiano ci riporta alla realtà, terminando un orgasmo durato 72 secondi e ritornando a commentare un semplice quarto di finale dei mondiali.
Lo stesso Victor Hugo Morales si scuserà più volte per questa sua radiocronaca. Non essendo stato in grado di trattenere la sua oggettività di fronte a tanta bellezza. Ci sentiamo comunque di perdonarlo per questa sua reazione dionisiaca alla vista di un evento di così apollinea bellezza.
In fondo come vi sentireste voi se vi trovaste a guardare Leonardo mentre dipinge la Gioconda, o Michelangelo mentre affresca il Giudizio Universale nella Cappella Sistina? Pensate inoltre al dover raccontare il tutto in presa diretta. Per questo chiedete pure a Victor Hugo Morales, che non solo ha descritto alla perfezione un capolavoro, ma che grazie alle sue parole, lo ha saputo ulteriormente innalzare.