Se chiedete a un qualsiasi cittadino statunitense dove si trovava e cosa faceva l’11 settembre 2001, la sua risposta sarà immediata, precisa, puntuale. Fate la stessa operazione chiedendogli, invece, del 22 novembre 1963. Il risultato sarà lo stesso. Uguali saranno le reazioni qualora vi rivolgeste a un abitante della terra d’Albione, tirando in ballo il 31 agosto 1997. Date simboliche, impossibili da dimenticare, inscalfibili all’interno di una memoria in grado di rievocare sensazioni e ricordi all’apparenza perduti nei meandri più profondi. Ora, rivolgetevi ai tifosi di Liverpool e Nottingham Forest, agli abitanti di Sheffield e, più in generale, agli amanti del calcio inglese. 15 aprile 1989. Hillsborough. Ore 15.06.
LA CORNICE
Aprile, in Inghilterra, è un mese fondamentale a livello calcistico. Il campionato si avvia verso la conclusione, i primi verdetti iniziano a essere emessi, si disputano le semifinali di F.A. Cup, la più antica competizione ufficiale di football al mondo. Una coppa dal fascino storico, un trofeo sognato e vagheggiato dai tifosi. Nella seconda metà degli anni ’80, questo sentimento era ancora più esasperato. Dal 1985, infatti, le squadre inglesi erano state escluse dalle competizioni europee in seguito ai fatti dell’Heysel, in cui il fanatismo degli Hooligans fu fatale a 39 tifosi della Juventus. La F.A. Cup, per questa ragione, rappresentava tutto quello che in quegli anni era stato tolto al calcio d’oltremanica.
Nel 1989, a contendersi un posto nella finale di Wembley, oltre a Everton e Norwich City, sono Liverpool e Nottingham Forest. Per l’occasione, lo stadio designato per ospitare il match è Hillsborough, la casa dello Sheffield Wednesday. La scelta, nell’imperturbabilità generale, è azzardata. Il campo delle Owls era già stato teatro di tragedie sfiorate, nello specifico la tribuna occidentale, la Leppings Lane.
Nel 1981, in una semifinale tra Tottenham e Wolves, in cui 38 persone rimasero ferite per gli stessi motivi che costituiranno la base del dramma di otto anni più tardi, e nel 1988, per ironia della sorte sempre in una semifinale di F.A. Cup tra Liverpool e Nottingham Forest. Il numero delle persone nella Leppings Lane era eccessivo, in molti lamentarono problemi di schiacciamento, ma fortunatamente non ci furono conseguenze. Avvisaglie inquietanti, purtroppo ignorate.
La seconda decisione inopportuna e avventata fu quella di assegnare la Spion Kop End, la più capiente, ai tifosi del Forest, meno numerosi di quelli del Liverpool, ai quali fu detto di accomodarsi dall’altra parte dello stadio, nell’angusta e piccola Leppings Lane.
IL GIORNO DELLA PARTITA
Il 15 aprile 1989 fu scandito da una serie di coincidenze inspiegabili. Nonostante fosse stato richiesto ai tifosi di recarsi a Hillsborough con largo anticipo, alle 14.30, trenta minuti prima del fischio d’inizio, la curva riservata alla Kop era ancora semivuota. L’autostrada M6, quella che da Liverpool avrebbe portato a Sheffield, era bloccata per lavori in corso. Il traffico aumentava di ora in ora e le auto dirette verso lo South Yorkshire si ritrovarono imbottigliate nel traffico e, di conseguenza, i tifosi che in quelle vetture stavano viaggiando, si resero conto di essere in ritardo.
Un altro difetto della Leppings Lane era il numero di tornelli, 6 contro i 60 della tribuna opposta. Per questo motivo, con il passare dei minuti, la calca formata dai tifosi reds all’ingresso dello stadio si faceva sempre più numerosa. La situazione stava degenerando. La polizia, per rimediare, decise di aprire il Gate C, un grosso cancello di metallo che portava all’interno di un tunnel che, a sua volta, avrebbe condotto al settore centrale della curva e a quelli periferici. La partita stava per iniziare, mancavano poco meno di 15′. L’impazienza cresceva, così come la tensione. I tifosi, attratti dalla possibilità di entrare più facilmente e velocemente dentro lo stadio e animati dall’imminente calcio d’inizio, si riversarono in massa verso il Gate C, abbandonando gli altri ingressi.
Nel frattempo, però, lo spazio in curva cominciava a scarseggiare, specialmente nei settori centrali, diminuendo minuto dopo minuto. Inconsci della situazione della Leppings Lane, i tifosi continuarono ad ammassarsi. La West Stand, l’altro nome con cui era chiamato il settore, era ormai completamente piena. Nessuno sembrava rendersi conto della gravità del momento e i flussi di gente non accennavano ad arrestarsi. L’inevitabile e catastrofica conseguenza fu che le persone presenti in curva iniziarono a essere schiacciate l’una sull’altra. Il panico prese il sopravvento. Molti tifosi tentarono di salvarsi arrampicandosi verso il settore nord della Leppings Lane, altri verso le barriere che separavano il campo dalla tribuna. Tutti gli altri, finirono pressati, calpestati e soffocati, andando incontro a una morte terribile.
LA SOSPENSIONE
Solo dopo 6′ di gioco, un poliziotto richiamò l’attenzione del direttore di gara, Ray Lewis, facendogli notare quanto stava accadendo a pochi metri da lui. L’arbitro, finalmente, interruppe la partita, con diverse persone che avevano iniziato a occupare il terreno di gioco, nella speranza di vedere salva la propria vita. Paradossalmente, gli agenti di polizia non capirono il motivo delle invasioni, percependole come un’intemperanza degli Hooligans e respingendole, non facendo altro che aumentare la pressione sui tifosi accalcati in curva e peggiorando ulteriormente la situazione. Il disastro era compiuto. La gente stava morendo asfissiata, la disperazione lampante e concreta. I corpi inermi giacevano tra la Leppings Lane e il rettangolo verde, esanimi o gravemente feriti. La partita non esisteva più.
Doveva essere un pomeriggio di festa e libertà. Due ore che avrebbero diviso la beatitudine del raggiungimento della finale e l’onta e la malinconia per non esserci riuscito. Invece, Hillsborough si trasformò nella rappresentazione terrena dell’inferno. Morirono in 96, di cui 79 avevano meno di 30 anni. Un dramma che non aveva ancora raggiunto il suo apice.
LE CONSEGUENZE
Il parlamento inglese affidò a Peter Taylor l’arduo compito di dirigere le indagini sul disastro. Il capo della giustizia pubblicò l’omonimo “Rapporto Taylor”, segnalando che le cause e le colpe della tragedia erano da imputare alla disorganizzazione dell’evento e all’atteggiamento di negligenza e superficialità avuto dalle forze dell’ordine. Il processo, però, non portò ad alcuna soluzione definitiva, facendo propagare l’idea che a scatenare la strage fossero stati ancora una volta gli Hooligans Scousers. Una versione dei fatti riprovevole, che oltraggiava la vita dei 96 lasciata sulle tribune di Hillsborough. Una giustizia che tardò a sopraggiungere, presentandosi solo nel 2012, quando il governo inglese, grazie al Premier David Cameron, riconobbe la colpevolezza della polizia di Sheffield, scagionando i tifosi del Liverpool. Le scuse alle famiglie delle vittime arrivarono, ancora una volta in colpevole ritardo.
Oggi, ogni anno, i Reds onorano le 96 vittime di quel dannato giorno. La Kop si trasforma nel teatro di una commemorazione emotivamente impattante. L’orologio della curva più famosa al mondo è fermo, le lancette sono bloccate alle 15.06, orario in cui Ray Lewis decretò la fine del match. Un incontro che fu ripetuto il successivo 7 maggio, non più a Hillsborough, ma a Old Trafford. Il Liverpool vinse 3-1. In finale avrebbe incontrato l’Everton, battendolo e alzando la F.A. Cup. Importava? No, perchè nulla sarebbe più stato come prima. Sì, perchè la vittoria era per i 96, ai quali è stata dedicata un’associazione per aiutare i parenti delle vittime, la Justice for the 96. Sono passati più di 30 anni, ma la ferita non accenna a rimarginarsi.
Fonte immagine in evidenza: The Times