Unai Emery è un tecnico da progetto, un allenatore che ha un’idea molto chiara di come gli piace giocare ma che sa anche adattarsi al materiale che gli viene messo a disposizione. Uno che la sua squadra la costruisce, la plasma, la rende riconoscibile e la porta a fare calcio di alto livello. A lui, che a Parigi non ha potuto fare quello che aveva in mente fondamentalmente perché lavorare a Parigi non sembra la cosa più agevole del mondo per gli allenatori e perché il Barcellona lo ha svegliato dal sogno con una di quelle serate che rimangono nella storia, è stato affidato il compito di ricostruire, di ricreare un gigante un po’ dormiente del calcio europeo: l’Arsenal.
La sua prima stagione è stato un vero e proprio anno zero: è arrivato dopo ventidue anni di regno di Wenger e dopo la partenza di giocatori che avevano dato tratti distintivi marcati all’epoca recente come Cazorla, Giroud, Alexis Sanchez (ma anche Mertesacker e Whilshere), di conseguenza ha dovuto ricostruire dalle basi e ne è derivata un’annata da ottovolante, con serie positive lunghe come quella di ventidue partite senza sconfitte e momenti di brillante fulgore se pensiamo ad esempio al doppio turno di Europa League con Napoli e Valencia, ma con un risultato finale che ha fatto storcere la bocca, perché l’epilogo europeo è stato fortemente doloroso e anche il finale di Premier, con soli quattro punti fatti nelle ultime cinque giornate e il quarto posto ceduto per una lunghezza ai nemici di sempre del Tottenham, ha tenuto fuori i Gunners dal paradiso della Champions.
Riscontri che sarebbero da accusa pesante per il tecnico basco, invece il lavoro di Unai Emery va visto sotto una prospettiva diversa, perché è questa la vera stagione da cui va giudicato, non quella scorsa. A questo punto, il guipuzcoano ha investito quasi duecento milioni (tra l’altro, forse non ha ancora finito…) e si può dire che adesso abbia veramente in mano una squadra che gli somiglia. Una squadra con cui praticare il suo gioco aggressivo e qualitativo, un calcio che nel football inglese può attecchire molto bene, che si adatta alla rosa che ha a disposizione, e che sta promettendo ai biancorossi londinesi di riportarli ai vertici.
La metamorfosi rispetto alle ultime – tristi – vestigia dell’impero di Wenger è ormai pressoché completa: in estate sono usciti anche Cech, Welbeck e Ramsey, Koscielny si è praticamente autoescluso dai piani futuri e Ozil passa nettamente in secondo piano, così l’Arsenal che si presenta al via della stagione 19/20 dice di essere una squadra di alto potenziale offensivo, creativa, con un ampio book di soluzioni tattiche, ma che deve dimostrarci di saper avere anche equilibrio e solidità, perché sul piano dei valori tecnici dubbi ce ne sono pochi.

Fonte: profilo Instagram ufficiale Arsenal
Emery – soprattutto dopo il mega colpo Pépé – deve partire dal concetto di tridente e quindi da una traccia di 4-3-3 che si adatta perfettamente agli elementi della rosa. Però non parliamo di un allenatore che si fissa sui moduli, anzi, l’idea è che questa squadra possa anche sistemarsi su di un 4-2-3-1 ultraoffensivo o magari anche sul 3-4-3, perché la difesa con tre centrali piace al tecnico spagnolo e perché il roster dei centrocampisti permette di agire sia con due interni che con il vertice basso e le mezzeali. Analizzando la rosa dell’Arsenal, partiamo dai reparti offensivi, che sono quelli con più valori e più discorsi da fare.
È arrivato Pépé, il calciatore africano più pagato della storia, un poderoso investimento che ha scottato il Napoli (ma qui ci sarebbero molte cose da dire, soprattutto sulla mossa fatta dai suoi agenti…) e che ha dato a Emery quell’attaccante di fascia che voleva a tutti i costi. Un attaccante che sta sì largo ma che ha il killer-instinct e il fatturato del bomber vero: è potente, stiloso, prolifico e perfettamente integrabile in un tridente. Bisognerà vedere però come si inserirà negli equilibri di una partnership che nella scorsa stagione è stata per distacco il miglior punto dei Gunners: quella fra Lacazette e Aubameyang, che in due hanno segnato cinquanta gol fra tutte le competizioni mostrando un’intesa fantastica, tanto che in certi momenti sembrava di rivedere – con le proporzioni e le differenze del caso – i Calypso Boys di Sir Alex. A livello teorico, Pépé si incastra perfettamente con loro per la composizione di un tridente detonante, poi però dovrà parlare il campo, e di conseguenza sarà Emery a dover trovare le giuste alchimie e le giuste meccaniche.

Fonte: profilo Instagram ufficiale Arsenal
Per armare questo spettacolare potenziale offensivo, il tecnico ha voluto uno spagnolo. Un uomo di governo del pallone, di fantasia, di creatività, ma anche di ritmo e di personalità: ha preso Dani Ceballos dal Real Madrid, una delle stelline più luccicanti del meraviglioso firmamento giovanile spagnolo, ma anche una sorta di ripudiato da Zinedine Zidane. Ceballos entra in questo sistema con il compito di essere totalmente protagonista e con condizioni tattiche che, sempre sulla carta, si disegnano ottimamente per le sue caratteristiche.
Ceballos arriva per “pre-pensionare” Ozil, perciò deve essere pronto a muoversi sia come trequartista che come mezzala, a seconda delle necessità e dei piani tattici di giornata: ce l’ha nel suo, visto che può fare tante cose e in un calcio come quello inglese, in cui la velocità di gambe e di pensiero unita alla precisione dei piedi fa una differenza enorme e dà un’esaltazione estatica al pubblico, l’andaluso può trovarsi a meraviglia. Lui vuole il pallone, lui lo sa gestire, lui dirige la battuta. Dovrà però dimostrarsi pronto a farlo con continuità ad un livello del genere. Bellissima sfida per Ceballos e allo stesso tempo epicentro della scommessa di Emery: sul risultato dell’operazione Ceballos, si giocano molti dei destini biancorossi.
A sostenere questa impalcatura c’è un roster di centrocampisti che si impernia sull’indiscutibile esperienza di Xakha (pilastro, punto di riferimento, garanzia su tutti i piani) e sull’impatto di altre due figure giovani attese a una definitiva imposizione che ci si aspetta per la prepotenza delle caratteristiche che hanno messo in mostra finora: sono Guendouzi e Torreira, altre due chiamate personali di Emery che li ha voluti con sé fin da subito, li ha lavorati, li ha proposti, li ha lanciati, e ora ci vuole puntare.

Fonte: profilo Instagram ufficiale Arsenal
A questo scenario si devono aggiungere altri talentini rampanti come Willock o Nelson, figure che possono dare profondità come Mikhitarian, Elneny o Iwobi, persino Ozil, che comunque rimane a disposizione nell’attesa (forse illusoria) che ricompaia stracciando la sua brutta controfigura. Insomma, la rosa dei giocatori di costruzione e finalizzazione è ricca e con diverse possibilità di interpretazione. Emery con questi elementi può fare il suo calcio, e le idee sono molto interessanti.
Poi però ci vuole anche una base che dia certezze, e su questo di certezze ce ne sono meno. In porta c’è Leno, un portiere maturo, con esperienza a livelli internazionali e già pressoché titolare fisso nello scorso campionato, ma che non dà una totale garanzia di continuità, nel senso che è il classico portiere che ti salva la partita ma può anche regalarla. E infatti si sta parlando di dare più opportunità all’argentino Emiliano Martinez, che ha fatto bene in pre-stagione e che dopo tanto vagare potrebbe finalmente avere un minimo di continuità nel club che lo controlla da quando era un ragazzino. Però, chi ha visto giocare Martinez negli svariati prestiti fatti durante gli ultimi anni non può essere del tutto sicuro che si rivelerà un portiere affidabile.
Vedremo anche che tipo di riposte darà una difesa che ha diverse opzioni ma poche certezze. In mezzo Koscielny ha chiuso, Mustafi nei suoi tre anni a North London è finito spesso sotto accusa – anche se per me rimane il valore principale nel parco dei centrali di Emery, solo che deve cambiare registro e avere continuità – Papastatopoulos sarà anche aggressivo e di leadership ma non è uno la cui lucidità e capacità di gestione spiccano sempre. Insomma, di valori sicuri se ne vedono pochi, e anche a livello di quantità non ci sono molte opzioni, perché oltre a loro si segnala solamente il ventiquattrenne Holding, che rientra dall’infortunio al crociato ed è un beniamino della piazza, che ha delle capacità potenzialmente risolutive, ma che va testato sulla continuità, perché non l’ha mai avuta. Per il resto, ci sarebbero soluzioni di ripiego come inventarsi Monreal centrale o dare pista ai vari Chambers e Mavropanos. Non ci vuole molto a capire che siamo su livelli diversi rispetto a centrocampo e attacco…

Fonte: profilo Instagram ufficiale Arsenal
Poi c’è da parlare dei laterali, perché lì si può andare a puntare su figure interessanti: a destra Bellerin e Maitland-Niles sono giovani esuberanti e concreti, a sinistra si aspetta l’arrivo dello scozzese Tierney per dare concorrenza a Kolasinac, Jenkinson e Nacho Monreal danno ulteriori opzioni. Il tutto attendendo logicamente delle uscite, però sui terzini l’Arsenal sembra messo meglio che nel comparto centrali, portieri inclusi.
In conclusione, quella alle porte è una stagione cruciale per il progetto di Unai Emery e per la sua carriera. Ha costruito uno squadra che ricalca i suoi modelli, che davanti può fare faville, che ha una struttura in grado di divertire, ispirare e anche di conquistare qualcosa di importante. Però dovrà darle solidità, e il test del 4 Agosto nel Gamper contro il Barcellona – sì, ancora al Camp Nou… – potrebbe riservargli un messaggio chiaro di come l’ultimo tassello da piazzare in questo mosaico dovrebbe essere un forte difensore centrale di guida. In più, l’avvio in Premier non è di certo morbido: trasferta a Newcastle per l’esordio, poi match casalingo col Burnley e a seguire in rapida successione Liverpool e Tottneham prima della sosta. Partenza calda, partenza determinante…