Una scelta tanto audace quanto discutibile nel momento forse meno adatto. Settembre 2017 è la data da tenere a mente: la quiete prima di una tempesta politico-mediatica che ha colpito l’Azerbaijan nel suo insieme.
La decisione della UEFA di tenere la finale di Europa League nell’insolita vetrina di Baku porta quella data. Un provvedimento che ha col tempo suscitato dubbi e perplessità sempre più crescenti. Il palcoscenico dell’Olympic Stadium nel quale si sfideranno i sogni dei Blues contro le speranze dei Gunners porta con sè un polverone politico, sociale e sportivo non calcolato dall’organo europeo ma ad oggi una realtà controversa. Specie quando si parla di sport.

chelsea contro Arsenal. Blues contro Gunners. La stracittadina londinese si sposta nella controversa vetrina di Baku. Si tratterebbe del secondo successo in Coppa per il club di Stamford Bridge, il primo per la società di North London.
POLVERONI SOTTO IL LETTO
Uno tsunami a più livelli che coinvolge la nazione nell’est Europa. Per fare chiarezza sullo scandalo politico-sociale che ha investito l’Azerbaijan e le sue strutture statali occorre in primis fare un passo indietro. Più precisamente nel triennio 2012-2014, quando l’ex Repubblica Sovietica si vide coinvolta, al pari di Russia e altre nazioni, nel caso Laundromat.
Si è trattato di un imponente giro di riciclaggio di denaro per il valore di oltre 19 miliardi di euro. Secondo l’OCCRP (Organized Crime and Corruption Reporting Project, l’ente che ha smascherato lo scandalo) il sistema ha permesso il trasferimento di denaro sporco dall’est al vecchio continente. Per cercare di fare una breve sintesi, attraverso una fitta rete di transazioni di società di comodo (coperte tra l’altro dalla complicità di giudici) ingenti somme di denaro passavano prima in conti europei, per poi potere venire utilizzati in libertà dalle figure in questione.

Lo scandalo Laundromat. Un caso che ha visti coinvolti Russia, Moldavia, Azerbaijan e diverse altre nazioni. Un caso da oltre 19 miliardi di denaro sporco.
Uno scandalo che ha messo alla luce dell’attenzione europea l’Azerbaijan nel suo insieme, compromettendone la reputazione. Ma non solo, poichè il polverone di scandali coinvolge anche il tandem Baku-Consiglio d’Europa. Qualche settimana dopo la designazione della capitale come città ospitante della finale di Europa League 13 membri del Parliamentary Assembly of the Council of Europe (PACE) sono stati protagonisti di uno scandalo di tangenti. Soldi, gioielli, soggiorni pagati dal governo in cambio di tolleranza.
Ancora una volta occorre essere più specifici. Un’indagine commissionata dallo stesso Consiglio ha messo in luce solide prove che alcuni suoi membri abbiano accettato tangenti dalle istituzioni per chiudere un occhio sulle violazioni dei diritti umani nel paese. Le prime accuse di corruzione risalgono al 2014. In quell’occasione diverse ONG come Amnesty International e vari giornali hanno accusato l’Azerbaigian di mascherare violazioni nei confronti della popolazione.

Il caso fra i membri corrotti del Consiglio d’Europa e le violazioni in Azerbaijan stanno alla base del fenomeno denominato “diplomazia del caviale“. L’espressione viene utilizzata per indicare le tecniche di corruzione con le qualil ’Azerbaijan avrebbe cercato di comprare il silenzio delle istituzioni internazionali sulle violazioni dei diritti umani che avvengono dentro i suoi confini.
Dalle limitazioni alla libertà di stampa a elezioni ritenute pilotate. Un contesto controverso e delicato nel suo insieme, quindi. Una realtà che per quanto all’apparenza lontana dallo sport lo riguarda eccome. La UEFA, del resto, non può rimanere indifferente di fronte a una realtà del genere alla luce dei valori che si impegna a promuovere attraverso il Calcio. Ma questo non cambia la realtà dei fatti: la finale si giocherà in ogni caso a Baku.
TIFOSI A CASA
Un contesto unico nel suo genere nel quale disputare una finale, a cui si connettono una serie di decisioni prese dalla UEFA che non riguardano soltanto l’immediato. A Baku, infatti, si disputeranno anche quattro gare dell’Europeo itinerante del 2020.
Il malcontento generato da un ampio ventaglio di perplessità passa anche per i tifosi. 12mila sono stati i biglietti messi a disposizione delle società Chelsea e Arsenal per l’occasione. 6000 tagliandi a testa, poco più di un sesto del totale di posti a sedere (la capienza dell’Olympic Stadium raggiunge quasi i 70mila seggiolini).
Una situazione che questa volta riguarda in prima linea lo sport e la festa che i tifosi vogliono regalare in un’occasione del genere. Il teatro delle grandi occasioni che vede come protagonista l’entusiasmo di migliaia di tifosi questa volta non avrà luogo. Non almeno come si sarebbe sperato e voluto.
La UEFA ha tentato di giustificare la situazione in merito alla capacità logistica dell’aeroporto. La struttura è infatti in grado di contenere un massimo di 15mila persone e a detta dell’ente europeo uno scenario del genere non era prevedibile.
Per quanto uno scenario nel quale due squadre della stessa città si trovano l’una contro l’altra in finale sia difficilmente prevedibile le argomentazioni fornite dall’ente europeo non hanno placato la rabbia di migliaia di persone. Tifosi che hanno visto sfumarsi, vuoi per logistica vuoi per costi eccessivi, la possibilità di colorare lo stadio del proprio tifo. Il fattore che rimane l’anima e l’essenza di questo sport prima ancora degli interessi economici.
“Andare a Baku per una finale è veramente assurdo. I signori che prendono questa decisione non so cosa abbiano mangiato a colazione. C’è almeno un volo di linea? Queste decisioni vanno prese in maniera ragionevole e invece sono stati degli irresponsabili”.
Queste le parole di Jurgen Klopp in merito all’imminente finale. Una location bocciata dal tecnico così come da migliaia insieme a lui.
POLITICA VS VALORI SPORTIVI
L’ultimo livello di analisi passa per il terreno di gioco. Un luogo dove tensioni sociopolitiche non dovrebbero trovarsi in nessuna circostanza. Eppure non è così.
Il teatro di Baku si rivela ancora una volta un protagonista in negativo dello sport. Questo perchè Henrikh Mkhitaryan non scenderà in campo coi suoi Gunners in finale. Un determinismo politico-sociale tanto assurdo quanto imperdonabile nel 2019. Ma l’Arsenal non ha avuto le dovute rassicurazioni dalla UEFA, non fidandosi tra l’altro delle garanzie da parte delle istituzioni cittadine.
La “colpa” (se così è da definirsi) del centrocampista è quella di essere nato in Armenia, un paese in forte tensione con l’Azerbaijan per il controllo politico della regione del Nagorno-Karabakh. Si tratta di un territorio dichiaratosi indipendente nel 1991 nonostante l’appartenenza al territorio azero. La paura che ne deriva sta nel fatto che la presenza nella capitale di un personaggio così influente proveniente a Baku potrebbe creare problemi a livello di ordine pubblico. Un’ingiustificabile motivazione che nulla ha a che vedere con lo sport.
La società di Londra, che non è certo un’organizzazione politica o un’ente militare di sorta, ha deciso di non complicare una situazione potenzialmente pericolosa decidendo di non convocare l’armeno. Una scelta presa in concomitanza col giocatore e la famiglia, nonostante si tratti di una sconfitta per il calcio e i valori che vuole difendere.

Il tweet del profilo ufficiale dell’Arsenal in merito alla forzata esclusione del trequartista armeno.
La società londinese ha subito rilasciato una dichiarazione ufficiale in merito.
“Siamo molto delusi di annunciare che Henrikh Mkhitaryan non viaggerà con la squadra per la finale di UEFA Europa League a Baku contro il Chelsea. Abbiamo provato a trovare una soluzione, ma dopo averne parlato con il giocatore e la sua famiglia abbiamo ritenuto di evitare che partisse per la partita. Abbiamo scritto alla UEFA esprimendo le nostre profonde preoccupazioni per questa circostanza davvero insolita. Mkhitaryan è stato un giocatore chiave nella nostra corsa verso la finale, quindi questa è una grande perdita per noi come squadra. Siamo anche molto tristi per il fatto che un giocatore perderà una grande finale europea per circostanze come questa. Mkhitaryan continuerà ad allenarsi con noi fino a quando voleremo a Baku”.