Diego Armando Maradona è deceduto all’età di sessant’anni a causa di un arresto cardiocircolatorio.
Penso che tutti noi abbiamo dovuto rileggere questa frase parecchie volte per metabolizzarla. Qualsiasi persona voglia svolgere il lavoro del giornalista sportivo tenta di tramutare in parole ciò che il calcio propone quotidianamente. Con Maradona è sempre stato particolarmente difficile: ciò che faceva lui col pallone non lo faceva nessun altro. Non potevi basarti su altri giocatori, non potevi paragonarlo, non potevi elogiarlo perchè era superfluo, non potevi criticarlo, non potevi cercare di capirlo. Maradona agiva e ci si poteva solo limitare a guardarlo, a rimanere estasiato dalle sue giocate, rivedere le sue gesta e tentare invano di emularle nel campetto con gli amici.
L’ARGENTINA
Aveva incantato tutti già in quel Mondiale U20 del 1979: il Dio si era presentato agli umani. Era rimasto ferito all’idea di non aver fatto parte della spedizione vincente nel ’78, aveva già dimostrato ambizione e voglia di spaccare il mondo. Tanto il Mondiale lo vincerà comunque nel 1986, deliziando gli spettatori con il “gol del secolo” contro l’Inghilterra e, nella stessa partita, con la mano de D1os. Lui poteva, era fatto così.
Un popolo focoso come quello argentino ha trovato nel personaggio di Maradona il proprio idolo. Rappresentava un motivo di vanto, soprattutto negli anni ’80 che hanno segnato fortemente il Sudamerica. Quando uscì allo scoperto la dipendenza di Diego, si ruppe quel giocattolo che i suoi connazionali gli avevano costruito attorno. Dio si era rivelato umano, e questo gli argentini non lo sopportavano. Quell’alone di figura divina che gli era stato cucito addosso non faceva per lui: questo gli argentini non lo hanno mai superato, anche se gli hanno perdonato tutto. Maradona non puoi odiarlo.
NAPOLI
È stato la rinascita di un popolo intero. Nell’epoca dei cartelli “qua non entrano i meridionali” nei bar del Nord Italia. Nell’epoca in cui il razzismo era prettamente tra connazionali e non stranieri. Nell’epoca in cui Napoli era bistrattata da tutti, dal Nord al Sud. In tutto questo si è inserito Diego: ha deciso di ribaltare le consuetudini e ha deciso di sistemarsi dalla parte degli ultimi per rinascere insieme a loro. Per una volta, per una sola volta, ha fatto sentire Napoli e i napoletani primi in qualcosa, loro che erano considerati gli ultimi, in tutto. Ambito sociale, economico, culturale, politico. Maradona è stato la scala per il Paradiso per tutti.
In tal senso, il suo celebre gol su punizione a Stefano Tacconi è carico di simbolismo e racconta tutto, dal lato tecnico e umano: tecnica, visione, estro, genialità, sregolatezza. Il simbolo dei sottomessi che segna agli acerrimi nemici, ribaltando la normalità con un gol che batte anche la fisica. Maradona è stato questo: la tendenza ad andare oltre. Oltre alla fisica, oltre alla normalità, oltre ai pregiudizi, oltre alle difficoltà.
GRAZIE, DI CUORE
Maradona è stato un Dio con le caratteristiche di un umano. Diego ci ha mostrato come tutti i calciatori non siano robot ma esseri umani.
E lui è stato il più umano di tutti. Non ha mai nascosto i suoi problemi, li ha ammessi, li ha espitati, mostrandosi fragile agli occhi di tutti.
È stato tutto per il calcio. Maradona siamo noi sognatori che torniamo la sera a casa con le ginocchia sbucciate tentando di emulare il suo doppio passo. Maradona è il ragazzino che vuole la 10 sulle spalle. Maradona è stato tutto ciò che di più bello il calcio abbia mai mostrato.
Diego è stato fonte d’ispirazione per generazioni, per popoli interi. E nessun giudizio, nessun futuro potrà mai cancellare ciò che ha significato per questo sport.
Per tutti questi motivi, ti ringraziamo, Diego. Ci siamo innamorati del calcio grazie a tanti calciatori, ma soprattutto grazie a te.
Ciao Diego, il diez.