ESCLUSIVA – Capece: “Malta pronta a sfidare chiunque, obiettivo promozione in Nations League!”

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ESCLUSIVA MARIO CAPECE – Mario Capece, preparatore dei portieri della Nazionale di Malta, è uno dei rappresentanti più esperti nel suo ruolo. Nel corso della sua carriera, vissuta tra Italia ed estero, ha incrociato vari profili di alto livello, aiutandoli a crescere e maturare.

Dopo 3 stagioni in cui si è immerso totalmente nella realtà dell’arcipelago mediterraneo, il tecnico azzurro ha rilasciato delle dichiarazioni ai microfoni di Numero Diez, proponendo un percorso all’interno della realtà calcistica maltese, ma non solo, a testimonianza delle sue avventure per il globo. Inoltre, Capece ha esposto le sue considerazioni sulla categoria dell’estremo difensore, uno dei ruoli più delicati e al contempo discussi ancora oggi.

Di seguito riportato il contenuto integrale dell’intervista.

LE DICHIARAZIONI DI MARIO CAPECE

SUL RAPPORTO TRA CALCIO E QUOTIDIANO ALL’ESTERO – “La mia fortuna più grande è stata la possibilità di conoscere altre realtà. L’abilità più grande per chi fa il nostro lavoro è sapersi sentire ospite, così come l’ho vissuta io. Mi piace molto ascoltare e capire come loro vedono delle cose, senza imporre quel che non si sposa con le loro ideologie.

Per quanto riguarda la passione per lo sport, quest’ultima è presente dappertutto, anche in luoghi che non ti aspetti. Se parliamo di Romania ed Albania, gli stadi sono sempre pieniinfuocati, si vive solo per quello. Io sono stato in un club come il Partizani Tirana, dove c’era voglia di condividere passioni e le conseguenti pressioni tutti insieme, anche per strada. La stessa cosa si verificava all’Universitatea Craiova, che aveva un pubblico sempre gremito. Nonostante questa passione, però, la situazione si vive in maniera più statica, cioè che nulla si prolunga oltre la fine dell’evento sportivo, mentre in Italia ci focalizziamo per giorni su errori e proteste varie. 

A Malta si sente tantissimo il tifo per ognuna delle 14 squadre della massima serie, e tutto è visto come una grande giornata di festa. Le famiglie sono tutte allo stadio, a maggior ragione quando c’è la Nazionale. Il privilegio più grande per me è poter rappresentare una nazione, rispetto tantissimo quel che ricopro lì. Essendo straniero, percepisco lo spirito di appartenenza dei maltesi, che è molto emozionante”.

SULLE SENSAZIONI DI MALTA-ITALIA DI MARZO – “Nel post-partita contro l’Italia ci sono state soddisfazione ma anche amarezza. Abbiamo cominciato il nostro percorso da ormai 3 anni e siamo passati dalla 191esima alla 167esima posizione nel ranking. C’è stata una buona crescita e, anche se giochiamo contro grandi campioni, si pensa a potersela giocare sempre. La sconfitta brucia anche se arriva contro grandi squadre, però abbiamo fatto una buona gara e gli abbiamo tenuto testa per la maggior parte del tempo. Siamo stati soddisfatti per la prestazione, ma pensiamo a scendere in campo e giocarcela alla pari contro chiunque, con impegno dedizione.

Per noi dello staff, italiani, è stata una grandissima emozione. Aver ascoltato l’inno ha causato dei brividi, essendo abituato a guardare la Nazionale in tv, passando a sfidarla da protagonista. 

SUGLI OBIETTIVI DI MALTA – “L’obiettivo principale è vincere il girone di Nations League, che non è mai semplice. Aspettiamo che escano i gironi per fare il passo dal quarto al terzo gruppo, visto che siamo cresciuti tanto e i ragazzi hanno maggior consapevolezza dei propri mezzi. Vorremmo sfidare squadre di livello maggiore per disputare una Nations League più competitiva. Tuttavia, cerchiamo sempre di prefissarci di fare sempre grandi prestazioni ed essere sempre all’altezza, siccome ora ci sentiamo pronti a sfidare chiunque”.

SUI GIOVANI DI MALTA – “Una delle nostre priorità è far crescere i giovani ed inserirli ad alti livelli. Ci sono tanti giovani classe 2000 e 2001 che possono fare molto bene. Secondo me alcuni di loro possono già andare all’estero se sfruttano le occasioni. Fino a 2 anni fa Malta non aveva giocatori all’estero, mentre ora ne conta alcuni in Portogallo e in Francia, alcuni giovani si stanno mettendo in risalto alla Sampdoria. Il movimento calcistico sta crescendo perché la nuova generazione di Malta vive il calcio con ancora più passione rispetto a prima. Sono da ricordare anche dei portieri 2005 e 2004 che possono fare bene in futuro”.

SUL DUALISMO MARCHETTI-BONELLO ALL’HAMRUN – “Ho allenato Federico (Marchetti) nei “tempi d’oro” e so che è un grande lavoratore, che non guarda dove va, ed è il caso anche del massimo campionato maltese. Va sempre a mille per fare sempre bene. Chiaramente la competizione con Henry (Bonello) è importante anche per quest’ultimo. Lo stesso Bonello quando vuole fare una cosa, la fa e non c’è bisogno di motivarlo. Ci ha dato tantissimo e non credo che la competizione sia un problema per lui, anzi forse uno stimolo maggiore, seppur non ne abbia bisogno. Lui sa di essere il leader della Nazionale e per noi è molto importante. Ha fatto e sta facendo benissimo. Sono convinto che questo dualismo lo aiuterà a crescere, nonostante sia già all’altezza”.

SULLE PECULIARITÀ DEI PORTIERI ALLENATI IN PASSATO – “Ognuno ha caratteristiche diverse l’un dall’altro. La mia grande fortuna è stata averli incontrati nel loro percorso. Oltre a crescere loro, cresciamo anche noi, perché noti giocatori importanti con caratteristiche importanti, stimoli e voglia di realizzarsi.

Ho allenato un giovane Antonio Mirante e posso dire che è stato uno dei portieri più tecnici mai visti. Tuttora è uno dei migliori che abbia avuto, nonostante l’avanzare dell’età. Seculin è da elogiare per la sua grande forza di volontà. Inoltre, ho avuto anche Pigliacelli, che veniva da un periodo non positivo in Italia, scegliendo di ripartire da Craiova e da lì ha fatto benissimo fino al Palermo. Ma anche Alban Hoxha, portiere forte e di grande personalità dell’Albania.

Ne ho incontrati tanti e ognuno di loro aveva qualcosa che li ha aiutati a sfondare nel mondo del calcio. Però senza dubbio nessuno di loro poteva fare a meno della dedizione. Io dico ai miei allievi più giovani che l’attitudine e la voglia mentale di riuscirci fa superare tanti limiti. Le qualità tecniche non sono sufficienti se mancano mentalità e costanza in allenamento, voglia di fare e voglia di stupirsi sempre. Il segreto è andare in campo sempre per stupirsi, anche quando sei ad alti livelli. Credo che lo stesso Federico e Antonio a 40 anni hanno ancora voglia di giocare come se avessero 20 anni, con dedizione e cura dei dettagli, senza essere mai soddisfatti.

Essendo anche coordinatore delle Nazionali giovanili di Malta, trasmetto sempre quella passione e l’orgoglio di essere parte di una Nazionale. Io gli dico sempre: “Quando siete qui dovete essere di una felicità immensa e mai giù con la testa o tristi, perché voi state rappresentando la vostra Nazionale”.

SUI RISCHI E I VANTAGGI DI UN’ESPERIENZA ALL’ESTERO – “Dico che ci sono sempre due modi di affrontare la questione: dal punto di vista dell’allenatore, come nel mio caso, e dal punto di vista del giocatore. La mia è stata una scelta per arricchire culture, modi di fare grazie a portieri di differente provenienza. Ho studiato tanti tipi di portiere per caratteristiche e per modi di vedere il ruolo

Per quanto riguarda i giocatori, come nel caso di Pigliacelli, ci si vede non soddisfatti di quel che si fa in Italia. Dopo la chiamata in Romania, noi abbiamo parlato con lui, siccome c’è sempre il rischio di lasciare una certezza come l’Italia, in cui conosci culture e maniera di vivere il calcio. Io lo invitai a mettersi in gioco, avendo avuto già esperienza fuori dal Paese. Pigliacelli ha scoperto tanto amore, diventando il beniamino dei tifosi del Craiova.

Se oggi un giovane mi chiedesse di fare un’esperienza fuori io la consiglierei perché ti apre un cerchio. Andando fuori, si aprono nuovi spazi e confronti e, se fai bene, giochi sempre, ricevendo molto riconoscimento. La costanza e il buon comportamento all’estero sono sempre ripagati”.

SULLA SCUOLA DI PORTIERI ITALIANA – “All’estero c’è stata un’importante evoluzione. La scuola italiana è stata un punto di riferimento per moltissimi anni e lo rimane se si parla di tecnica pura, a livello di tuffo o presa. Nell’interpretazione più totale del ruolo ci sono la scuola spagnola e la scuola tedesca che sono migliorate tantissimo. La risposta migliore è affermare che lo studio del portiere si è un po’ galvanizzato, ossia che c’è una ricerca più attenta. Prima il portiere era curato solo in Italia, mentre ora vi è una cura più scelta e dettagliata. All’estero si vedono tanti giovanissimi in campionati importanti e c’è stata una crescita maggiore.

Tuttavia, la scuola italiana ha tantissimi giovani come Carnesecchi, Caprile, Provedel, Turati, e molti altri. Secondo me bisogna esaltare di più i giovani e la nostra scuola, che forse abbiamo dato per scontato troppo a lungo. Per questo all’estero hanno cominciato a “rubare” le nostre tecniche per poi renderle più approfondite. Dobbiamo continuare a dire la nostra dando più valore ai nostri giovani”.

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Simone Rippa