Questa estate la carriera di Diego Godin ha intrapreso un percorso inesplorato.
La bandiera dell’Atletico Madrid, emblema del Cholismo e della mentalità dei Colchoneros, capace di portare i rojiblancos prima sul tetto di Spagna (grazie anche ai suoi gol decisivi, tra cui uno al Camp Nou) e poi quasi su quello d’Europa, ha deciso di percorrere una strada differente obbligando l’Atletico Madrid a rinnovarsi, ma mettendosi nuovamente in gioco lui stesso.
INSERIMENTO GRADUALE
Non mi sento affatto un capo. Questo è come chiunque vada in un nuovo lavoro. Devi entrare a poco a poco. Non è il mio stile dare calci o imporre. Sì, mi sento importante, sì. Conoscono la mia carriera, sanno chi sono, ma io lavoro come tutti gli altri, capitano o meno. E mi aiutano molto: capisco quasi tutto della lingua italiana, ma a volte trovo difficile esprimermi. È uno spogliatoio caloroso, di brave persone.
Le parole rilasciate a Marca e pubblicate oggi sul quotidiano spagnolo chiariscono maggiormente l’inserimento graduale che Diego Godin sta affrontando in maglia nerazzurra. Dopo una vita giocata in Spagna e dopo quasi 400 presenze con la maglia dell’Atletico è naturale attraversare un momento di integrazione in un nuovo Paese, un nuovo campionato e allo stesso modo in un contesto culturale differente.
L’uruguaiano ha già dimostrato però di sapersi calare nella situazione con esperienza e naturalezza, riproponendosi in un nuovo modello tattico e comportandosi come un leader tra i tanti. Questa nuova Inter infatti sembra aver intrapreso un percorso di responsabilizzazione di tutti i giocatori in rosa, all’interno della quale l’unico denominatore comune che accomuna tutti risponde al nome di Antonio Conte. Lo stesso Godin ha sottolineato questo concetto.
Questa Inter è costruita attorno a Conte, un po’ come il mio Atletico ha la forte impronta del Cholo. Entrambi sono allenatori con molta personalità e qui in nerazzurro Conte è la figura centrale di questo puzzle.
Nell’Inter di Conte Godin rappresenta un leader aggiunto, che non porta la fascia, che non guida la difesa come terzo centrale, ma che nei fatti, nelle giocate e nelle chiusure difensive, agisce da trait d’union tra quello che era l’Inter (e quello che erano quindi molti giocatori rimasti dalle scorse stagioni) e quello che invece l’Inter dovrà diventare. L’inserimento di Godin quindi è graduale perché silenzioso, ma non per questo meno importante. A maggior ragione se si pensa che lo stesso uruguaiano ha modificato i suoi compiti difensivi a 33 anni.
UN NUOVO GODIN
Il grande dubbio dell’estate calcistica italiana, accecata dal calciomercato e dai colpi intelligenti che le squadre di Serie A hanno messo a segno, è stato finalmente risolto. Come giocherà la difesa di Conte con i nuovi innesti? Chi si “scomoderà” a giocare un po’ più spostato sull’out?
Le prime partite di campionato della nuova Inter ci hanno dato una risposta chiara: Diego Godin si sta re-inventando in un nuovo ruolo, che però tanto diverso poi non è. Difatti anche Antonio Conte ha dato una mano all’uruguaiano e alle sue caratteristiche fisiche che hanno delle sfumature chiare e intransigenti. Difatti se per De Vrij sostanzialmente il passaggio da Spalletti a Conte non è stato che benefico (e si è visto in queste prime giornate) perché l’olandese è tornato a giocare nel ruolo che più gli si addice per caratteristiche fisiche, tecniche, di lettura, per Skriniar e Godin l’allenatore pugliese ha pensato ad uno stile di gioco ad hoc per esaltarne le rispettive qualità.
Godin a Madrid aveva sempre giocato in una difesa a 4, di fianco ad un giocatore più esplosivo e dinamico come Gimenez, in un modello tattico che proponeva sì un recupero palla spesso alto, ma al quale molte volte alternava una difesa bassa per togliere profondità agli avversari. In questo sistema tattico la capacità di Godin di aggredire l’uomo, anticipare l’avversario, sovrastarlo fisicamente nell’uno contro uno, ma allo stesso tempo saperlo aspettare e saper leggere le situazioni veniva esaltata. Cosa diversa sarebbe stata nella difesa a 3, dove i due centrali laterali hanno sì gli stessi compiti difensivi di attenzione, marcatura e lettura, ma che spesso per motivi di scalate possono trovarsi a dover affrontare in campo aperto esterni offensivi avversari.
Antonio Conte ha in parte cercato di superare questa possibile problematica nelle partite contro Milan e Lazio.
Contro la Lazio, con palla ad Acerbi in avanzamento, l’Inter decideva di aspettare posizionando sia D’Ambrosio che Biraghi in linea con gli altri tre centrali: Godin, De Vrij, Skriniar. L’uruguaiano in fase di non possesso quindi ha quasi sempre mantenuto una posizione centrale nella quale può esaltare le sue qualità: può alzarsi per l’eventuale anticipo, marcare senza concedere profondità e fare emergere la propria intelligenza tattica. Una linea a 5 schierata e la posizione determinante di Barella che spesso e volentieri è il primo a compiere la prima aggressione permettono a Godin di stazionare in una porzione di campo congeniale a lui senza dover effettuare le classiche scalate da difesa a 3.
La nuova vita di Diego Godin sta quindi prendendo piede passo dopo passo. Un nuovo ambiente, una nuova collocazione tattica, un nuovo modo di concepire il calcio. L’uruguaiano si sta inserendo gradualmente dimostrando la sua grande intelligenza calcistica e un’applicazione feroce. Conte ha capito come sfruttare al meglio le sue caratteristiche, Godin sa cosa deve cambiare in fase di possesso soprattutto.
El Capitan non ha la fascia al braccio ma è il leader silenzioso che serviva all’Inter.