È aria di rinnovamento, di fiducia, di entusiasmo, quella che si respira tra i tifosi della Nazionale italiana. Gli stessi tifosi che non meno di due anni fa hanno avuto il poco nobile onore di guardare una squadra che squadra non era, una Nazionale che aveva  mancato  l’appuntamento con il Campionato del Mondo in Russia, per la seconda volta nella propria storia. Ecco, per capire il grande lavoro fin qui svolto da Roberto Mancini sulla panchina degli Azzurri è sempre importante tenere bene a mente da dove si è partiti. Dal nulla. Dal caos e dalla confusione più totale. E oggi, due anni dopo quella tragica notte di San Siro, siamo di fronte ad un’Italia completamente diversa. Lo è perché in panchina si è seduto, senza presunzione e arroganza, un tecnico che sulla panchina dei club ha vinto tutto o quasi tutto; parliamo di un’Italia diversa e rinnovata perché il Mancio ha avuto il coraggio e l’abilità nel lanciare dei giovani che prima di allora la Nazionale la sognavano solamente; e infine, questa Nazionale è diversa soprattutto perché ha riportato gli italiani a guardarsi le partite, ha riacceso quell’entusiasmo che non si percepiva dall’era Conte, un altro allenatore che in tema di vittorie e di motivazioni ne sa qualcosa.

L’Italia festeggia la vittoria sulla Grecia e l’aritmetica qualificazione ad Euro 2020. L’esordio è in programma a Roma il 12 Giugno 2020.
(Fonte: profilo Twitter Nazionale italiana)

ORDINE E IDENTITÀ

Potrebbero essere due delle parole chiavi che meglio saprebbero esprimere le caratteristiche di questa nuova Italia. Ordine e identità. Roberto Mancini, l’artefice – checchè se ne dica – del risveglio della Nazionale, ha riportato ordine e disciplina sia dal punto di vista tattico che da quello comportamentale. Il caso più eclatante, gestito alla perfezione da tutta la Federazione, è quello che ha visto protagonisti i due giovanissimi Zaniolo e Kean, che durante l’Europeo Under 21 hanno mostrato il lato più “esuberante”, per così dire, della loro personalità. Mancini, così come tutta la Federazione, ha fatto passare in sordina un fatto di per sé poco edificante. E non è un caso che l’allenatore di Jesi abbia poi deciso di escluderli dalle convocazioni di settembre: un chiaro segnale al gruppo, chi sbaglia paga.

Nicolò Zaniolo, 20 anni, in azione con la maglia della Nazionale: 4 presenze e zero gol fin qui la sua carriera in azzurro.
(Fonte: profilo Twitter As Roma En)

Un altro aspetto di notevole rilevanza è l’identità tattica, e non solo, che finalmente si è raggiunta. Mancini, dopo una prima parte sperimentale, ha puntato dritto e forte su un dinamico e mai banale 4-3-3. Se, infatti, durante le prime uscite l’Italia aveva giocato anche con l’ormai noto “falso nueve” di guardiolana memoria – a volte Insigne, a volte Bernardeschi – oggi è assodato che al centro del tridente d’attacco vi sia sempre una punta centrale. E probabilmente i due attaccanti centrali che Mancini porterà all’Europeo sono gli stessi che, di fatto, si sono alternati nell’arco delle qualificazioni: Andrea Belotti e Ciro Immobile. I due centravanti, passato il loro periodo di crisi, sono tornati ad altissimi livelli. Immobile, tralasciando l’evitabile ma umano diverbio con Inzaghi, ha iniziato il campionato con 7 gol, la maggior parte dei quali decisivi, oltre che esteticamente belli. Il Gallo, invece, sta attraversando un periodo di forma superlativo. Superati i diversi problemi fisici che lo hanno colpito nel 2018, il capitano del Torino pare sia tornato a segnare come fatto tre stagioni orsono: nell’anno solare 2019 solo Aubameyang (20) e Lewandoski (30) hanno segnato più di lui. E anche durante le ultime due partite di qualificazione l’impressione è che il centravanti titolare possa essere proprio Belotti, che con 4 gol in 8 presenze è al contempo anche il miglior marcatore della gestione Mancini.

A ordine e identità, poi, va aggiunta un’altra parola chiave: qualità. Perché Mancini ci ha sempre abituato a lavorare sulla qualità della manovra, alla ricerca di un gioco collettivo che piaccia a tutti, in particolar modo a chi sugli spalti e a casa guarda la Nazionale. Certo, migliorare è d’obbligo: la gara contro la Grecia in casa ha dimostrato quanto sia necessario continuare su questo filo rosso, senza adagiarsi sugli allori; ma ha, altresì, dato una risposta importante al mister, vincendo senza soffrire più di tanto la gara che ha poi decretato l’aritmetica qualificazione a Euro 2020. E come detto è sempre stato fatto tutto con qualità, con quella lucidità che piano piano sta diventando una delle caratteristiche predominanti del ciclo Mancini.

AMBIZIONE E FUTURO

Quando sei la Nazionale quattro volte Campione del Mondo non puoi, e non devi, limitarti al “compitino”. In tal senso è evidente la grande voglia, l’innegabile ambizione che anima gli elementi di una squadra che ad Euro 2020 si presenta in forma, carica e, cosa non da poco, dinanzi ai propri tifosi. Almeno due delle tre partite della fase a gironi l’Italia le giocherà all’Olimpico di Roma. E i sostenitori della Nazionale saranno fondamentali per questo gruppo, che risorge dalle ceneri. D’altronde, dopo quella nefasta serata – era il 13 novembre 2017 – la frase che più echeggiava tra giornali e televisione era la solita cantilena che recitava: “In Italia non ci sono più giovani e se ci sono non sono all’altezza.” Niente di più sbagliato e Mancini lo ha spiegato molto semplicemente.

“Ho sempre pensato che in Italia i giocatori ci fossero e ci sono sempre stati. A volte bisogna aspettare più tempo per specifici ruoli. Possono capitare eventi poco piacevoli come l’eliminazione dal Mondiale, ma alla fine ho sempre creduto che noi italiani fossimo tra i migliori. Serviva ridare fiducia a giocatori che sono sempre stati bravi.”

Dice bene Mancini. Questione di tempo e di fiducia. In tal senso è giusto e doveroso far presente che quella di Ventura era una Nazionale in fase calante, giunta al termine di un ciclo che forse non era nemmeno iniziato. E la generazione di calciatori non era sicuramente così interessante e promettente come pare esserlo ora.

Federico Bernardeschi, 25 anni, 23 presenze e 4 gol in Azzurro, non segnava in Nazionale da circa un anno. Le sue reti contro Grecia e Liechtenstein hanno permesso all’Italia di conquistare la qualificazione ad Euro 2020 e il primo posto nel girone.
(Fonte: profilo Facebook Nazionale italiana)

L’Italia di Mancini ha conquistato l’ottava vittoria su otto nel girone di qualificazione, qualificandosi con tre giornate d’anticipo come mai nella storia. Tra l’altro nelle partite per le qualificazioni europee gli Azzurri non perdono da 13 anni: ultima sconfitta datata 6 settembre 2006, 3-1 contro la Francia. E Mancini è il primo allenatore ad eguagliare Vittorio Pozzo, storico C.T. dei due Mondiali vinti, per numero di vittorie consecutive, 9. Ha aiutato, inutile negarlo, un girone piuttosto abbordabile in cui l’Italia ha affrontato una Grecia in completa involuzione da anni, penultima nel raggruppamento, e la Bosnia di Džeko e Pjanić totalmente ridimensionata. Mentre alla fine le avversarie che più hanno creato problemi alla difesa azzurra sono state Finlandia, ad un punto da Euro 2020, e Armenia. In questo senso è assolutamente indispensabile mantenere la top 10 tra le Nazionali europee in vista del sorteggio per i gironi di qualificazione per Qatar 2022, onde evitare una situazione nel girone come quella in cui ci ritrovammo due anni fa con la Spagna.

(Fonte: profilo Instagram Roberto Mancini)

E il futuro, come detto, più che roseo sembra essere davvero azzurro. Mancini ha avuto l’intuizione di convocare Zaniolo quando non aveva nemmeno esordito in Serie A, ha puntato fin da subito su Donnarumma, classe ’99, titolare in porta, su Barella a centrocampo e ha continuato a responsabilizzare Federico Chiesa, da anni ormai perno dell’attacco della Fiorentina al quale manca solo il gol per poter ambire a diventare un assoluto fuoriclasse. E in tutto questo ci sono anche Sensi, che Mancini ha consacrato ancor prima che venisse acquistato dall’Inter, Lorenzo Pellegrini, Kean, Tonali. Si tratta di giocatori che di talento ne hanno davvero tanto e che rappresentano il presente ancor prima che il futuro della Nazionale. Perché la maggior parte di loro sono poco più che ventenni e questo significa che in qualche modo il C.T. ha costruito un gruppo che ha la testa all’Europeo e lo sguardo proiettato all’enigmatico Mondiale del 2022.

(Fonte: profilo Twitter Nazionale Italiana)

LE SCELTE

Mai come in questa settimana di Nazionali si è avuta la percezione che Mancini gran parte delle scelte da fare per le convocazioni di fine maggio le abbia quantomeno in mente. Difficile, innanzitutto, che tra i portieri si esca dal trio Donnarumma-Sirigu-Meret. Speranzoso rimane comunque Gollini. Più incerti sono, invece, i nomi che riguardano la difesa. Chiellini, che ci auguriamo recuperi presto, se sta bene è certamente dei 23: al suo fianco Bonucci, poi le due riserve. Se la giocano in tanti: ci sono Izzo e Mancini a destra e Acerbi e Romagnoli come mancini. Anche tra i terzini regna un po’ di incertezza: Florenzi è uno dei leader storici del gruppo azzurro – come non dimenticare quel bacio disperato al pallone prima di battere il calcio d’angolo all’ultimo secondo di Italia-Svezia -, ma l’impressione è che il posto da titolare non sia assicurato. Ci sono Di Lorenzo, che ha esordito e bene contro il Liechtenstein, e D’Ambrosio, che negli anni ha dimostrato di essere come il vino, più passa il tempo più migliora. Anche come terzini sinistri le scelte non paiono così scontate: Emerson Palmieri, Spinazzola e Biraghi le opzioni.

Nicolò Barella, 22 anni, 10 presenze e 2 reti con l’Italia.
(Fonte: profilo Twitter Nazionale Italiana)

Il reparto di centrocampo è forse quello che ad oggi può contare sugli uomini migliori, i più in forma. Verratti e Jorginho saranno imprescindibili e lo hanno piano piano dimostrato nel corso delle 17 partite dell’era Mancini e lo stesso dicasi per Barella, che all’Inter è chiamato al definitivo salto di qualità. Gioca nell’Inter di Conte anche Stefano Sensi, un altro che al pallone dà del tu. Il suo inizio di stagione è stato sublime, potrebbe essere il perfetto alter-ego di Verratti. A centrocampo difficile, poi, tenere fuori Lorenzo Pellegrini. Il centrocampista della Roma sta vivendo la stagione della consacrazione e il tecnico jesino ha già ampiamente dimostrato quanto si fidi di lui, che per carisma e qualità tecniche può ambire a diventare un perno della nostra Nazionale. L’ultimo posto eventualmente libero potrebbero giocarselo in tanti: da Zaniolo, che però ha bisogno di ritornare ad alti livelli, passando per Castrovilli – a proposito di giovani – e Tonali, che ha esordito martedì e sul quale si punta molto, a Cristante, che sta vivendo un momento di forma sicuramente positivo e che lascia ben sperare per il futuro.

(Fonte: profilo Twitter Nazionale Italiana)

Ed infine l’attacco. Anche qui i nomi sono quelli che ci siamo abituati a vedere ultimamente: Belotti, Immobile, Insigne, Chiesa e Bernardeschi, un talento che Mancini spera di riabilitare dopo un inizio di stagione sottotono. L’ultimo posto rimane l’incognita: sperare nella ripresa – l’ennesima – di Balotelli forse non basta, mentre buone indicazioni le ha date El Shaarawy in Nazionale e Berardi in campionato.

Immobile, 37 presenze e 8 gol in Nazionale, festeggia la rete dell’Italia di Andrea Belotti, 25 anni, 27 presenze e 8 reti anche per lui.
(Fonte: profilo Facebook Nazionale italiana)

Sempre che Mancini decida di portarne sei di attaccanti e che, incrociando le dita, nessuna sia vittima di infortuni che potrebbero precluderne la partecipazione al primo Europeo itinerante della storia, un torneo al quale ci presentiamo con ordine, identità, qualità, ambizione, futuro. Citando l’inno di Mameli: “l’Italia s’è desta“, è tempo di rinascita. La nostra rinascita.

 

(Fonte immagine in evidenza: profilo Twitter Nazionale Italiana)