Più di quaranta presenze e duemila minuti, conditi da una trentina di reti al Bayer Leverkusen, non erano bastati a Lucas alario, detto Il Pipa, per farsi notare dal grande pubblico europeo. Colui che è considerato un idolo in patria, soprattutto dalle parti di Nuñez, dove con il River Plate ha trionfato in Copa Libertadores nel 2015, è stato per un biennio un oggetto misterioso non tanto per le prestazioni quanto per l’indecifrabilità del personaggio. Formato e plasmato da Marcelo Gallardo nei Millonarios, che di eleganza e correttezza fa un vanto dentro e fuori dal campo, ha continuato a lavorare in silenzio, contrapponendo i numeri alla cronaca, fino al ritorno in nazionale di questa tornata di amichevoli. Due gol e tanti buone sensazioni, segno che Lionel Scaloni, il mister argentino della “rinascita” di un movimento, crede in lui ed in quello che può dare alla nazionale. Il santafesino, 27enne cresciuto nel settore giovanile del Colon, ha una faccia da bravo ragazzo ed è meno estroso negli atteggiamenti rispetto ad altri suoi connazionali: dei tre Pipa in attività, contando Higuain e Benedetto, condivide le capacità di gioco per la squadra seppur fisicamente sia un nove puro. Con l’attaccante del Marsiglia condivide anche gli stessi tratti “somatici” , visto che entrambi vengono soprannominati così a causa del loro naso prorompente.
COMPRENSIONE
Se dovessimo utilizzare una parola per descrivere il primo centravanti argentino autore di una tripletta in Bundesliga, utilizzeremmo il sostantivo “comprensione”: dell’azione, dei campionati, della cultura. Basicamente, non è così consono vedere un argentino partire in Germania, dove lingua e cultura sono lontante da quelle del Rio de la Plata.
Eppure Alario non ha sofferto più questa partenza, rivelandosi sin da subito decisivo per i suoi e capendo, prima di tanti altri, il gioco tedesco ed europeo, più rapido di quello argentino e meno aggressivo. “Voglio migliorare come giocatore e come persona”, affermò qualche mese dopo la partenza. Dall’esordio europeo, con tanto di gol ed assist, alla tripletta che ha permesso l’accesso in Champions League dello scorso anno, il Pipa non ha cambiato il suo stile: il metro e ottantacinque ed il fisico longilineo gli permettono di essere agile ed avere un’ottima elevazione di testa, ma non disdegna i movimenti tra le linee per ricevere il pallone in profondità. Più che cambiarlo, la Germania ha arricchito il suo gioco e le due prestazioni con l’Argentina riassumono in maniera ottimale questa mutazione: contro la Germania, l’ingesso in campo per gli ultimi venti minuti di gioco permette ai suoi di pareggiare l’incontro da 2-0 a 2-2. Alario si fa notare per due cose:
- riesce ad essere presente in area di rigore, facendosi trovare solo sul cross di Acuña
- effettua uno slalom tra gli avversari, tagliando il gioco da destra a sinistra, per servire Lucas Ocampos, provocando di fatto il 2-2 da esterno destro
Ieri, contro l’Equador, ad Alario è spettato il compito di seconda punta, con un Lautaro Martinez più avanzato: compito svolto alla perfezione e classica rete di testa, perché è bene adattarsi ma senza mai tralasciare i richiami primordiali, gli stessi che un ragazzino ebbe quando nel Colon faceva sognare tutti con le sue zampate. L’Estanislao Lopez di Santa Fe non sarà il Signal Iduna Park di Dortmund, ma il Pipa ci ha insegnato come, entrando in campo con la stessa semplicità e voglia di fare si possano raggiungere immensi risultati. Perché gli estrosi animano le cronache, ma la concretezza porta quantomai risultati e trofei e perché no, una possibilità in una grande squadra.
Fonte immagine di copertina: profilo IG @LucasAlario