L’aria di mare soffia dal porto, smuove le barche, si infila nei “caruggi” e si spinge fino a Marassi. Siamo a Genova, sponda rossoblù, per molti la casa del calcio italiano (non ce ne vogliano i tifosi blucerchiati). Da queste parti a pallone si gioca ormai da più di un secolo e qui Mattia Destro sembra aver trovato la sua dimensione. Proprio lui, nativo di Ascoli, che con le città marinare aveva sempre avuto poco a che fare. Contro ogni pronostico, la stagione 2020/21 al momento lo vede protagonista: è lui la sorpresa di questo Genoa. In piena lotta salvezza, il Grifone dall’arrivo di Ballardini (il quarto in dieci anni) ha cambiato marcia, e Destro insieme a lui. Dopo la doppietta al Milan, il classe 1991 ha messo a segno quattro reti in altrettante partite dal primo minuto e, nell’unico match in cui è partito dalla panchina, il Genoa è rimasto sconfitto. Tanta fiducia e un buon numero di goal. Sono sette in tutto: non segnava così tanto dal 2016, quando aveva ancora la maglia del Bologna. Con quasi trenta primavere sulle spalle Destro è all’ultima chiamata della sua carriera, dopodiché saranno solo rimpianti.

DEJA-VU

La stagione con i rossoblù l’ha iniziata nel migliore dei modi. A Marassi il Genoa schianta 4 a 1 il neopromosso Crotone con una prestazione di rilievo. Le danze le apre proprio Mattia Destro al secondo esordio con il Grifone. Dopo appena sei minuti insacca un pallone proveniente dalla destra e fa uno a zero. Deja-vu. Stesso stadio, stessa porta, stesso minuto del suo primo goal in assoluto con i professionisti. Era un Genoa-Chievo Verona del 2010 e quel giorno, il 12 Settembre, Destro decise di venire alla luce, calcisticamente parlando. Diciannove anni, scuola Inter: Mattia è un ragazzino di quelli che “diventerà un fenomeno, vedrai“. Una marea di goal nei campionati giovanili con la casacca neroazzurra e gli occhi di tutti addosso, poi il treno per Genova. Treno, sì, perché all’epoca la patente non ce l’aveva ancora e si faceva accompagnare all’allenamento dai compagni di squadra. Classiche storie di spogliatoio, ma torniamo al 12 Settembre.

L’esultanza di Mattia Destro al suo esordio contro il Chievo (fonte foto Sky Sport)

PREDESTINATO

Gasperini lo lancia titolare, affiancato da Palacio e Sculli nel trio d’attacco. È teso, non potrebbe essere altrimenti. Fischio d’inizio. Passano sei minuti d’orologio e proprio l’argentino riceve una palla a mezz’aria al limite dell’area. Con l’esterno lascia partire una traiettoria morbida che scavalca la difesa avversaria e trova il giovane Mattia inseritosi alle spalle di Cesar. Quel pallone poteva essere solo per lui, il suo piede e la sfera si attraevano reciprocamente come un pianeta e il suo satellite. Stop con il destro (la paura di sbagliare è tanta), si prende un secondo di tempo e poi con lo stesso piede insacca alla destra di Sorrentino. La curva Nord esplode, Destro pure. “Predestinato” hanno pensato tutti, come dargli torto. In quel momento il classe ’91 era il potenziale crack del calcio italiano, visti e considerati i numeri nelle giovanili. Da quel momento in poi però Gasperini gli concederà solo qualche spezzone di partita e chiuderà la stagione con 3 reti all’attivo.

DA SIENA ALLA CAPITALE

Per trovare più spazio si trasferisce a Siena, che ne acquista in prestito con diritto di riscatto la metà del cartellino. Con i toscani raggiunge la salvezza, ma soprattutto si mette in mostra. In 32 partite segna 13 reti e allora la Roma a stelle e strisce bussa alla porta. Una trattativa estenuante tra tre società (Siena e Genova detenevano il cartellino in comproprietà) che vede alla fine 16 milioni uscire dalle casse giallorosse e una serie di prestiti e cessioni di giovani del vivaio romanista. L’esperienza romana di Destro però inizia un po’ in sordina, sia per ambientamento che per la giovane età. Complice un infortunio al menisco, in Serie A segna solo cinque reti, mentre in Coppa Italia è capocannoniere con sei goal. Decisivo in più occasioni, mantiene una media di una rete ogni 86 minuti. Devastante. Il primo anno nella Capitale è solo un assaggio di quello che verrà la stagione successiva.

Nonostante le aspettative, l’inizio di stagione 2013/14 è un disastro: problemi al ginocchio lo tengono ai box le prime dodici giornate. Al ritorno in campo riparte col botto. Tre reti per tre giornate di fila nella corazzata di Rudi Garcia (quella imbattuta nelle prime dieci giornate, per intenderci). Destro è diventato un attaccante rapido e cinico sotto porta. È un rapace d’area di rigore, si avventa su ogni pallone e lo butta dentro. Istinto: parola d’ordine se ti chiami Mattia Destro. Segna in tutti i modi, di testa, di destro, di sinistro: quella stagione ne farà 15 in totale e in Serie A avrà la miglior media realizzativa del campionato (una rete ogni 95′). Tecnicamente non eccezionale, ma decisivo sempre quando serve.

ONE SEASON WONDER?

Infatti i problemi arrivano quando la vena realizzativa si esaurisce. La stagione successiva arriva l’esordio Champions League, ma ormai è evidente che si sia rotto l’incantesimo. Solo cinque reti e diverse panchine al suo terzo anno a tinte giallorosse. Qui si intromette nella sua carriera Adriano Galliani. Celebre l’episodio del blitz del Ds rossonero, che gli citofona direttamente a casa. Il Condor strappa una firma: Mattia nel gennaio 2015 è un giocatore del Milan. Tante aspettative, tanta risonanza mediatica, ma nulla di fatto. La sua avventura a Milano è un flop. A questo punto alcuni iniziano a chiedersi se Destro non sia quello che in Inghilterra chiamano un one season wonder, un calciatore che gioca a grandi livelli soltanto una stagione. Il dubbio è lecito: nel momento del salto di qualità gli è mancato qualcosa, vuoi a livello psicologico o di qualità. Del resto di storie del genere il calcio è pieno.

Fonte foto: calciomercato.com

LA PARABOLA: ASCESA E DISCESA

La carriera di Destro fino a quel momento si può riassumere tutta nel suo goal da centrocampo contro l’Hellas Verona. Una parabola: una salita rapida e una discesa altrettanto veloce. I suoi 24 anni probabilmente non erano abbastanza per reggere la pressione del “predestinato”, e la sua tenuta psicologica è venuta meno quando è finito sotto la luce dei riflettori. Il calcio dà, il calcio toglie, soprattutto se ci sono di mezzo i media. Anche la mancata convocazione al Mondiale 2014 potrebbe aver giocato la sua parte (in negativo). La delusione per l’esclusione ha minato la consapevolezza del bomber marchigiano che ha visto il suo sogno crollare davanti ai suoi occhi. Infine i problemi fisici, perché no, hanno influenzato il suo rendimento fino a farlo calare drasticamente. O magari tutte e tre le cause. Chiaramente si tratta solo di ipotesi, cosa sia successo veramente non lo sapremo mai. Quel che è certo è che da quel momento in poi non abbiamo più visto il vero Destro, se non a tratti.

Questo fino a oggi. Mattia, non più ragazzino, sta provando a risorgere dalle sue ceneri intrise di rimpianti. Il suo ritorno a Genova è passato quasi inosservato. Invece il numero 23 sta facendo ricredere anche i più scettici. Il Mattia Destro che sbagliava un goal a porta vuota contro la Spal sembra essere un lontano parente di quello che stiamo vedendo adesso. Al posto della poca concretezza è tornato l’istinto; la mancanza di concentrazione è stata sostituita dalla cattiveria agonistica; l’imprecisione dalla consapevolezza dei propri mezzi. Sia chiaro, non sarà mai il fenomeno di cui molti parlavano a inizio carriera, però ha trovato la giusta dimensione. Il cerchio della carriera di Destro si potrebbe chiudere esattamente dov’è iniziato. Genova e il Genoa sembrano il luogo perfetto per una seconda primavera, una rinascita che sa di mare e di pallone e fa pensare a “tutto quello che poteva essere, e non è stato.”

Fonte immagine in evidenza: calciomercato.com