Attraverso un'intervista ad Assane Diao, Alieu Fadera e Mërgim Vojvoda, il Como ha voluto raccontare come i calciatori musulmani vivano l'attività agonistica professionistica durante il periodo del Ramadan e non solo.
“Per Assane, Alieu e Mërgim, il Ramadan non è soltanto una tradizione religiosa: è una parte fondamentale della loro identità”. Si legge nella nota del club lariano.
LE PAROLE DI DIAO
SULLA SUA ESULTANZA - "Di solito quando segno un gol lo faccio alla fine, per ringraziare Dio e come forma di riconoscenza (Parla del suo caratteristico sujud, la prostrazione al suolo, è un tributo alla sua fede: un gesto che ricorda, anche visivamente, il ruolo profondo che la religione occupa nella sua vita, ndr). Per avermi aiutato non solo a segnare, ma anche a realizzare il mio sogno: giocare nelle partite che amo”.
SUL DIGIUNO - “All’inizio è un po’ complicato non mangiare e non bere durante il giorno, ma dopo qualche giorno il corpo si adatta. E la verità è che sto bene”.
SU I COMPAGNI - “Alcuni compagni mi fanno domande quando arriva il Ramadan. Non conoscono bene questa pratica, quindi chiedono, sono incuriositi. Io glielo spiego, ed è bello ricevere domande interessanti. Ma la cosa più importante è che si mettono nei nostri panni, ci rispettano e ci danno una mano. Questo fa la differenza”.
LE PAROLE DI VOJVODA
SUL RAMADAN - “Per me, il Ramadan rappresenta la fede che porto dentro. Non si tratta solo di non mangiare o bere, ma di cercare la ricompensa e la misericordia di Allah”.
SUL RAPPORTO COI COMPAGNI - “Quando hai altri compagni che osservano il Ramadan, diventa tutto più naturale. Ci sosteniamo a vicenda. Il giorno della partita o alla vigilia ci basta uno sguardo per capire che non siamo soli. E questo, sì, aiuta”.
SUL DIGIUNO - “Per me non è mai stato un limite, anzi. Sono stato fortunato: durante il Ramadan ho segnato in diverse partite, e questo mi ha dimostrato che non è una debolezza, ma una forza”.
LE PAROLE DI FADERA
SULLA SUA FEDE - “Vengo da una famiglia musulmana e ho iniziato a digiunare intorno ai dieci anni. È una sensazione che conosci da piccolo, e viverla è incredibile: ti dà un senso profondo di spiritualità. Sai che lo stai facendo per qualcosa di più grande”.
SUI COMPAGNI - "Il supporto ricevuto è stato davvero importante. Ho un mio angolo nello spogliatoio dove prego ogni giorno. A volte capita che qualcuno dei compagni mi prepari il tappetino per pregare. Sono piccoli gesti che ti fanno sentire rispettato, capito, accolto”.
SUL DIGIUNO - “Non è difficile. Serve solo disciplina. Ogni preghiera ha il suo momento, quindi se riesci a incastrarla con gli allenamenti, funziona. Anche il club mi ha aiutato a gestire al meglio tutto questo”.