La Roma giallorossa degli ultimi anni è stato un vero e proprio via-vai di nomi, volti, figure dirigenziali e tanto altro. Sono ben lontani gli anni in cui la Roma lottava per lo scudetto, contrastando l’Inter di Mancini prima e di Mourinho poi. Così come sono lontani anche gli anni del record di vittorie iniziali consecutive, 10, stabilito nella stagione 2013/14 con Rudi Garcia in panchina.
Per non parlare della semifinale di Champions League, raggiunta nella stagione 2017/18. Una delle pochissime note liete della Roma recente, che, dopo l’addio di Spalletti, non ha più avuto una guida tecnica che si sia dimostrata proficua.
L’annuncio di Mourinho, come nuovo allenatore della Roma, datato 4 maggio 2021, ha fatto esplodere una città intera. La speranza era quella di iniziare un progetto pluriennale. Invece, solo qualche mese dopo l’approdo dello Special One a Trigoria, qualcuno già grida al #MourinhoOut.
I NUMERI
Le statistiche delle ultime partite forniscono un riscontro impietoso. Dopo 12 giornate, la Roma di José Mourinho è sesta in campionato e ha raccolto solo 19 punti, frutto di 6 vittorie, 1 pareggio e 5 sconfitte. Alcune di queste sono molto sanguinose come quella nel derby del 26 settembre. O quella dell’ultimo match disputato: il 3-2 del Pierluigi Penzo contro il Venezia, con cui la Roma ha iniziato la terza sosta per le nazionali di questa stagione. Ora i giallorossi avranno due settimane per poter ragionare sulle ultime partite giocate.
Anche perchè, da Juventus-Roma del 17 ottobre, prima gara dopo l’ultima sosta, a Venezia-Roma, i giallorossi hanno disputato 7 partite. Il bilancio di queste ultime vede una sola vittoria (27 ottobre contro il Cagliari), 2 pareggi e 4 sconfitte (tra cui spicca anche il 6-1 contro il Bodø/Glimt in Europa League). È una Roma apparsa lontana parente di quella vista nelle prime giornate. Ma, soprattutto, è una squadra che ha fatto emergere in maniera evidente tutti i suoi problemi.
Lo scorso anno la Roma di Fonseca, dopo 12 giornate di campionato, di punti ne aveva ben 26, occupava il quarto posto in classifica e aveva statistiche nettamente più favorevoli rispetto a quelle di quest’anno. Più vittorie: sette. Meno sconfitte: due. Più gol fatti: 27, contro i 21 di quest’anno. A dispetto dei dati ufficiali anche i gol subìti erano meno. Il computo 17-15 a favore di Mourinho è alterato dal tris proveniente dalla sconfitta a tavolino contro il Verona della prima giornata. La partita era terminata 0-0.
L’ACCUSA
Alla Roma di Mourinho veniva chiesto un maggiore impatto. Soprattutto sul campionato.
La Roma delle stagioni precedenti aveva perso una caratteristica fondamentale per chiunque indossasse i colori giallorossi: il mordente. Era una squadra che raccoglieva punti e vittorie, mostrando anche un buon calcio. Ma non sapeva azzannare l’avversario. E per una squadra che ha come simbolo il lupo, questa è una carenza molto grave.
Chi meglio di Mourinho, allora, per lavorare su questo aspetto?
Il portoghese è un allenatore da sempre noto per fare terra bruciata attorno alla sua squadra, con l’obiettivo di rafforzare il gruppo e creare intesa tra gli uomini.
E, almeno nelle primissime giornate, questo principio sembrava rispettato. La Roma di inizio stagione era una squadra ritrovata, motivata, ruvida, spigolosa e destinata a fare grandi cose. La vittoria con la Fiorentina ne è stata una prova. E neanche la sconfitta di Verona ha fatto preoccupare tifosi e dirigenti.
Con il passare delle giornate, però, qualcosa è venuto meno. All’alba di novembre, la manovra di gioco è diventata più lenta, macchinosa, pesante e inefficace. Gli uomini in campo si sono rivelati meno incisivi e presenti. E i risultati deludenti sono stati la logica conseguenza.
LA DIFESA
Le accuse mosse poggiano sulle solide basi dei numeri e delle statistiche. Ma, allo stesso tempo si scontrano con un concetto altrettanto solido. Con Mourinho, la Roma ha iniziato un nuovo percorso.
Un percorso che necessita di profondi cambiamenti, da spalmare su più anni. Lo Special One ha firmato un contratto fino al 2024 e ha il compito di prendere una squadra quasi in frantumi e ricostruirla pezzo dopo pezzo. Con tanto tempo e fiducia a disposizione.
La Roma ha perso tutti i suoi uomini storici nel corso di pochi anni. Dai totem Totti e De Rossi, ai non meno importanti Nainggolan, Strootman, Džeko, Florenzi, Rüdiger e Kolarov. Quella che ha ereditato Mou era una squadra senza un leader vero e proprio; solo Pellegrini poteva costituire un ricambio generazionale di sostanza, tuttavia stentava ad diventarlo. E solo con l’allenatore di Setúbal il 7 ha compiuto un significativo step in avanti.
Grazie a Mourinho, Pellegrini è migliorato sotto tanti aspetti; dalla gestione dei palloni bollenti alla capacità di essere letale e mettere a segno gol pesanti. Chissà se, nei mesi a seguire, il capitano potrebbe non essere l’unico a subire una metamorfosi con lo Special One.
Perchè se un noto proverbio dice che “Roma non è stata fatta un giorno“, c’è tutta la ragione di pensare che neanche la Roma debba essere ricostruita in un giorno.
L’EREDITA’ DI FONSECA
In realtà, i problemi che Mourinho ha ereditato dal suo connazionale Fonseca scavano molto più la profondità. Aldilà della mancanza di un vero e proprio elemento di leadership, che sapesse prendere in mano la squadra nei momenti di difficoltà, la Roma di Paulo Fonseca aveva molte altre lacune. Era una squadra che spesso si faceva trasportare dagli eventi. Senza anima e senza forza per reagire.
Ai senatori si sono succeduti dei giocatori di livello più basso, dei “what if” con pochi margini di miglioramento e dei role player, che adeguano il livello del loro gioco al resto della squadra, pur avendo le capacità per fare il salto di qualità.
Tutto ciò si è tradotto, ad esempio, nell’incapacità, da parte dei giallorossi, di vincere gli scontri diretti nella stagione scorsa. Nei 12 incroci con le altre sei “sorelle” si contano 4 pareggi e 7 sconfitte. L’unica vittoria è arrivata nell’ultimo big match (in)utile: il derby del 15 maggio, vinto per 2-0.
Come se non bastasse, la scorsa annata è stata caratterizzata anche dal passaggio di consegne riguardo la proprietà. L’addio di James Pallotta è stato coperto dall’insediamento di Dan Friedkin, il quale si è presentando, portando lo Special One nella Capitale.
Appare, però, evidente che la Roma, presa in consegna da José Mourinho, è quanto mai un cantiere a cielo aperto.
LE PRIME MOSSE DELLO SPECIAL ONE
È difficile, quasi impossibile, scendere a patti con Mourinho. Una volta approdato in una squadra, il terreno in cui muoversi deve essere consono ai suoi gusti e alle sue abilità.
Come avvenuto nelle sue prime esperienze precedenti, la prima mossa di Mourinho ha conosciuto un’epurazione di massa.
Molti giocatori, reputati inadatti per la squadra, sono stati messi ai margini. Si è creato un vero e proprio 11 titolare prestabilito. E nei ruoli cardine sono stati acquistati dei sostituti. Shomurodov e Abraham hanno sostituito il partente Džeko. Stesso discorso anche per Viña e Rui Patrício, rimpiazzi del lungodegente Spinazzola e dell’epurato Pau López.
Successivamente, José Mourinho è passato a lavorare sulla testa dei giocatori. Uno l’obiettivo principale: infondere in loro l’etica del lavoro vincente. E rendere la squadra una big della Serie A.
I primi risultati sembravano in linea con le aspettative. E anche le cadute sono apparse come prevedibili e preventivate. Anche se spesso ingiustificate.
Tuttavia, la squadra poteva contare solo su pochi giocatori davvero arruolabili. E la coperta corta, si sa, alla lunga non premia.
Soprattutto quando arrivano i primi freddi invernali. Soprattutto se si tratta di freddi scandinavi.
IL DISASTRO NORVEGESE
Di ritorno dalla sosta di ottobre, la Roma è ospite della Juventus di Allegri. Anche i bianconeri sono una squadra in piena rinascita, dopo un inizio di stagione non esaltante. L’impegno è senza dubbio ostico, considerando che l’Allianz Stadium di Torino è da sempre fortino inespugnabile per i capitolini. Ma Mourinho ama questo genere di sfide. E dove tuti vedono ostacoli da superare, lui vede occasioni per spiccare il volo.
La gara dello Stadium si gioca sul filo del nervosismo e vede la vittoria dei padroni di casa per 1-0. Qualcuno inizia ad addossare a Mourinho la colpa di avere giocatori stanchi a causa di rotazioni limitate. Lui risponde appellandosi all’episodio dubbio del rigore concesso, nonostante il gol di Abraham.
Tra le due tesi, a convincere è la seconda. E la risposta arriva giovedì 21 ottobre.
Seguita da circa 400 tifosi, la Roma vola all’Aspmyra Stadion di Bodø, , per la partita contro il Bodø/Glimt, vale per la terza giornata del girone C di Conference League. La formazione titolare della Roma appare quasi rimaneggiata. Eccetto Rui Patrício, alcuni giocatori non avevano ancora mai messo piede in campo, tra cui Mayoral, Villar, Diawara, Carles Pérez, Kumbulla e Darboe.
Il match è un massacro. Il Bodø/Glimt mette il turbo al minuto 8 con Botheim e si ferma solo al fischio finale. A poco serve il gol di Pérez: il match si conclude sul punteggio di 6-1!
Fulmine a ciel sereno per la Roma giallorossa. Ancora una volta, però, quello che riesce a venirne fuori illeso è solo lui: José Mourinho.
LE PAROLE DI MOU E LA SITUAZIONE ATTUALE
Veleno e, al contempo, antidoto. Origine del temporale e parafulmine della squadra. José Mourinho si dimostra un uomo navigato in questi momenti critici. E nel post-partita rilascia una dichiarazione delle sue.
“Loro hanno più qualità rispetto alla squadra che ho fatto giocare oggi. La responsabilità è mia, c’è differenza tra la nostra squadra ‘principale’ e gli altri ma mi aspettavo una risposta migliore. Ho parlato ai ragazzi e sono stato molto onesto con loro“.
Con una sola dichiarazione ufficiale, Mourinho ha difeso la squadra da attacchi esterni, addossandosi la colpa della sconfitta; ha dato un segnale pubblico e diretto ai giocatori scesi in campo, affermando che devono lavorare per migliorare; e, infine, ha spedito una frecciatina alla società in merito al prossimo mercato.
Dichiarazioni che solo un comunicatore abile, navigato, esperto e anche un po’ subdolo come lui può rendere.
Chi le ha recepite, lavorerà per migliorarsi e potrà solo guadagnare rispetto da parte di Mou. Chi invece si sentirà attaccato sul personale, difficilmente riuscirà a prendere la stessa strada. Ergo, non ci sarà spazio per questo tipo di giocatori.
TIRIAMO LE SOMME
In conclusione, appare evidente che la Roma di Mourinho sia inferiore a quella di Fonseca sotto tanti aspetti. Da quello del gioco espresso, ai risultati e alle statistiche.
Ma sarebbe limitante ridurre tutto il lavoro del vate di Setúbal a semplici dati numerici. Quello che Mourinho si sta proponendo di fare è molto più ampio.
Non si tratta solo di ottenere risultati migliori, ma di mettere su un organico che sappia crearseli da soli. E lottare per trofei di livello non in maniera sporadica, ma continua e consapevole.
Lo Special One ha spinto l’obiettivo oltre l’ostacolo evidente. Ha posto le basi per un progetto pluriennale, che va valutato sul lungo periodo. Primi su tutti, la conquista di un trofeo, l’allestimento di una rosa qualititativamente superiore e psicologicamente pronta ai grandi palcoscenici. E il superamento di tutti i problemi pregressi.
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