Ha vinto il Brasile 2-0 e se ne va in finale.
Ha vinto la squadra favorita, la squadra padrona di casa che è riuscita a scacciare via i fantasmi del Mineirão. L’ultima partita che il Brasile aveva giocato nel prato di Belo Horizonte era stato l’1-7 con la Germania, che non può essere facilmente spazzato via dalla memoria dei brasiliani.
Questo 2-0 rifilato agli eterni rivali dell’Argentina diventa un ricordo estremamente positivo nella memoria collettiva di un popolo che ha tifato la propria Seleção e ha sofferto con i giocatori verde oro e alla fine si è preso un premio gigante.
Ora il Brasile al Maracanã il 7 luglio ha davvero la possibilità di fare la storia.
UNA SCONFITTA DIVERSA
Quello che rimane negli occhi maggiormente dopo aver vissuto la favolosa corrida di questo Brasile-Argentina è l’immagine degli sconfitti, è l’immagine della Selección, che una volta tanto dopo 26 anni di delusioni e patimenti se ne esce veramente a testa alta. Perché l’Argentina di questa notte non ha meritato la sconfitta, esce arrabbiata con l’arbitro per un paio di episodi, che l’inadeguato ecuadoriano Zambrano non è riuscito a valutare bene, ma che non ha valutato bene neanche il Var con l’uruguagio Gonzalez. L’Argentina si lamenta per due calci di rigore a detta loro solari: non erano due episodi così netti, ma comunque due situazioni che avrebbero meritato una revisione. Anche perché il Var in questa copa america è intervenuto tantissimo assegnando addirittura 7 gol, due espulsioni e alcuni calci di rigore.
Sarebbe però fuori da ogni normalità andare a parlare di arbitri e di Var dopo quello che abbiamo vissuto stanotte.
Una sconfitta che può portare tanto all’Argentina, che ha giocato meglio del Brasile nella misura in cui è stata meglio sul campo e ha tirato più in porta. Il Brasile era arrivato a questa semifinale segnando 8 gol e non avendone subito nessuno, con una media di 21 tiri fatti per partita e soli 6 subiti. Stanotte ha vinto 2-0 tirando 4 volte e subendo 14 conclusioni da parte della formazione Albiceleste.
Se ne esce a testa alta anche il suo capitano perché adesso riprenderà il tam-tam dei discorsi su Messi e sulla Nazionale e sul fatto che non riuscirà mai, e non è riuscito finora, ad essere decisivo guidando la squadra del suo Paese. Chi ha visto la partita stanotte ha capito però cos’è Messi in nazionale: è un trascinatore. Ha messo tutto quello che ha a disposizione sia a livello di risorse tecniche, che di energie nervose e mentali per riuscire ad arrivare a questo benedetto, che in realtà sembra sempre più maledetto, traguardo. Messi ha colpito un palo, Messi ha cercato di incendiare le linee nonostante l’ottima disposizione difensiva del Brasile.
E credo, anche in base alle parole post partita di Messi, che in questo caso anche per lui questa sia un’eliminazione diversa. Dopo le due finali perse contro il Cile, nelle ultime due edizioni della Copa America, si aveva sempre la sensazione che Messi fosse ad un passo dal rinunciare e dall’arrendersi in Nazionale. Invece a Belo Horizonte nel post-partita Messi in qualche modo ha rilanciato: Messi ci ha detto che questo gruppo gli piace, che questo rinnovamento lo sente molto suo. La sensazione è che davvero la Selección abbia toccato il fondo e abbia cominciato a risalire come successo nelle ultime due partite.
Questa sconfitta potrebbe essere il trampolino di rinascita per un’Argentina che se la può prendere anche con la sfortuna. Le sensazioni e i riscontri trovati in questa Copa America potranno essere sicuramente importanti. Oltre a Messi questa sarà sempre più l’Argentina di Lautaro Martinez. Altra dimostrazione detonante del centravanti dell’Inter che ha giocato una partita anche di grande dimensione perché ha lottato e non si è mai spaventato. Lautaro Martinez è il futuro della sua Nazionale e non solo. È emerso meno De Paul rispetto ad altre situazioni di questa estate brasiliana, però anche lui è un giocatore al quale Messi ha dato il proprio “via libera” e dal quale la Nazionale può ottenere tantissimo.
BRASILE A DUE PUNTE
Avanti però ci va il Brasile lanciato dalle sue due punte.
Due punte che arrivavano alla partita con qualche punto di discussione. Gabriel Jesus non segnava da 675 minuti in partite ufficiali con la maglia della Nazionale e c’era la sensazione che l’attaccante del City stesse bene fisicamente, ma patisse il ruolo alternativo trovatogli da Tite ovvero di attaccante destro. Invece Gabriel Jesus è stato il vero mattatore del SuperClasico delle Americhe dimostrando di aver un killer instinct puro e incontrastabile anche perché stiamo parlando di un ragazzo di 22 anni che in carriera ha segnato 90 gol e fornito 31 assist.
Il secondo gol se lo è inventato con un contropiede coast to coast che dimostra il grande stato fisico di questo ragazzo e poi anche con la capacità di gestire la frenata. Ha superato Pezzella di gerarchia, vincendo il contrasto, ha battuto Otamendi di spunto e poi è riuscito a far fuori Foyth con un gran gesto tecnico e una notevole gestione della velocità e alla fine ha servito l’assist per il 2-0 di Roberto Firmino.
Quel Roberto Firmino che ha messo i piedi in 5 dei 10 gol segnati dal Brasile in questa Copa America: 2 li ha marcati con due tocchi sotto porta e in 3 è stato l’assist-man. Firmino, a differenza di Gabriel Jesus, è arrivato alla Copa America in una condizione fisica leggermente deficitaria perché la stagione con il Liverpool è stata massacrante e lo ha costretto a superare in fretta dei problemi fisici. L’impressione è che sia un filo stanco e meno lucido nei suoi continui movimenti, però anche senza il 100% della condizione questo è un grande centravanti.
Un Brasile che si è ritrovato a doversi difendere, però ha continuato a confermare la sensazione che questo sia davvero un “Brasile brasiliano”. Prendete l’azione dell’1-0, se non è “fútbol bailado” questo io non capisco cosa lo possa essere. Tutti che arrivano, la palla che si muove velocemente senza angoli retti come diceva Galeano, ma con quelle curve sinuose che caratterizzano le alture al di sopra di Rio de Janeiro. È un Brasile bellissimo che si regge su una difesa che lo rende impenetrabile.
Alisson ha ricevuto più tiri dall’Argentina più che nel resto della sua Copa America, ma il portiere del Liverpool statisticamente ha numeri mostruosi: non ha mai preso gol elle ultime 9 partite che ha giocato. Poi a proteggerlo ci sono dei pretoriani veramente di altissimo livello. Thiago Silva ha 35 anni e 40 giorni prima del fischio d’inizio di questa Copa America si è operato al ginocchio. Il Psg pensava di gestire questo suo problema con una terapia conservativa, ma lui si è reso conto che non sarebbe arrivato al top a questa competizione e ha voluto operarsi. 40 giorni è rientrato in campo ed è stato il lider maximo della difesa verde-oro. Gioca con una tranquillità ed una eleganza che sono solo dei più grandi.
Al suo fianco è germogliato molto bene Marquinhos, non solo per le sue abilità difensive, ma anche per la qualità con la quale ha imparato a fare uscire il pallone. Il merito di questo è da ascrivere a Zlatan Ibrahimovic. Marquinhos racconta infatti che i difensori in Brasile vengono educati a recuperare palla e poi a giocarla in avanti, quando lui arriva al Psg nei primi allenamenti esegue immediatamente il compito imparato. Dopo 3-4 volte che il pallone viaggiava in avanti senza andare con precisione verso Ibrahimovic, lo svedese ha detto al ragazzino: “Tu alza la testa, guarda dov’è Zlatan, miralo e dagli il pallone”. Da lì Marquinhos ha rivelato di aver cambiato la propria visione dell’impostazione del gioco.
Marquinhos che però si è fatto male e sarà da valutare, ma questo certifica le ampie alternative che possiede il Brasile perché al suo posto è entrato un Joao Miranda che si è calato con sangue glaciale all’interno di una partita che stava bollendo. Allo stesso modo ci si può sentire molto bene vedendo il livello di prestazione dello straordinario capitano del Brasile, forse il miglior brasiliano sul campo di Belo Horizonte, Dani Alves. Un 36enne, al momento senza squadra, che ha accettato di guidare questo gruppo con tutto quello che serviva: l’esperienza e il know-how di chi questa squadra la può davvero comandare.
Casemiro è tornato al centro del campo. Arthur è sempre più il regista di questa Seleção, un regista moderno che sa far girare il pallone con tempi e spazi perfetti, ma che quando deve lottare mette via il fioretto e tira fuori la spada. Chi è mancato ieri nel Brasile è stato Everton: ci si aspettava il faccia a faccia tra due giovani rampanti come lui stesso e Lautaro. Tite infatti lo ha tolto all’intervallo per lanciare Willian: altra dimostrazione della profondità della rosa del Brasile.
È stato un grandissimo appuntamento, una delle partite più belle e intense di quest’anno. Il Brasile se ne va al Maracanã e aspetta la vincente tra Cile e Perù per sedersi di nuovo sul trono d’America e per dare un riscontro ad un grande allenatore come Tite. L’Argentina invece sente dolore, ma sente soprattutto il fatto di aver trovato una chiave di volta.