In questi giorni di doverosa e responsabile quarantena stiamo riscoprendo la pace della famiglia, della casa, della solitudine. Il mondo si è fermato, il motivo lo conosciamo tutti, e si è fermato da tempo anche lo sport, dai campionati di calcio a quelli di rugby o pallacanestro. Insomma, l’emergenza coronavirus è stata in un certo senso democratica, non risparmiando niente e nessuno. Ecco allora che in soccorso può venirci Netflix: sulla piattaforma per film e serie Tv più famosa del mondo, infatti, da un paio di settimane è disponibile una miniserie inglese che chi scrive ha guardato e ha apprezzato tantissimo. Si chiama “The English Game“ e il nome dovrebbe già dire tutto. Una storia, avvincente e coinvolgente come poche negli ultimi anni, che merita di essere raccontata e conosciuta. Anche perché “The English Game” non è solo la storia di come è nato il gioco più bello, popolare e redditizio del mondo, il calcio: è molto altro. E in questa miniserie tv Julian Fellowes, autore e mente della serie – ideatore, tra l’altro, della famosissima serie cult “Downton Abbey“ -, è eccezionale nel dipingere una storia che mescola la consueta narrativa seriale, costumi, scontri, reti allo scadere e una chissà quanto metaforica lotta tra proletariato e borghesia.
La serie, del resto, è ambientata nel 1879: sono gli anni dell’età vittoriana e degli scontri tra imprenditori e lavoratori, tra ricchi e poveri, tra chi ha tempo di allenarsi per preparare al meglio la gara del fine settimana e chi, invece, ha solo il tempo di lavorare nelle fabbriche. Una lotta di classe, nella nota visione marxista, che si risolve, però, in un campo di gioco.
IL GIOCO DI TUTTI
La forza di questo prodotto televisivo, un gioiello all’interno del ricco catalogo di Netflix, sta proprio nell’aver enfatizzato quanto il football sia davvero un gioco di tutti. Alla FA Cup, che proprio in questi anni vede la propria alba, vi partecipano le squadre più disparate: poche sono le compagini aristocratiche, ancora fortemente convinte che il calcio sia uno sport “per gentiluomini” – come spesso si sente ripetere durante la serie -, innumerevoli, invece, sono le squadre di lavoratori e di gente comune che ha trovato nel football una valvola di sfogo, una passione che in alcuni casi, come quello di Fergus Suter, sfocerà in un vero e proprio lavoro. È lo sfondo perfetto, quindi, per evocare la storia di come il calcio è nato e successivamente cambiato, evolvendosi nel tempo e modellandosi alla modernità a cui ormai si affacciava. Il campo di gioco diventa, puntata dopo puntata – sono sei in tutto -, anche il campo di coscienza per essere non solo giocatori più forti ma anche persone migliori. Emblematica, in tal senso, la trasformazione che vede protagonista Lord Arthur Kinnaird, capitano della squadra più ricca e forte della FA Cup, gli Old Etonians.
Non mancano, e sarebbe strano il contrario, anche i consueti archetipi del gioco del calcio: dal “mercenario” che lascia il proprio club in cerca di gloria – e soldi -, un assaggio del fenomeno sociale degli hooligans inglesi – in un episodio ve ne renderete conto -, alla romanzata rivalità tra Suter e Kinnaird, che per chi non mastica storia del calcio sono veramente esistiti. Fergus Suter è universalmente riconosciuto come il primo calciatore professionista della storia di questo sport. Lo scozzese, proprio per questo, attirò su di sé diverse invidie ai tempi del Darwen, e anche nel corso della serie sarà evidente, e una volta passato al Blackburn Rovers riuscì a conquistare la tanto agognata coppa che per la prima volta andò ad una squadra della working-class britannica. Un evento che ha cambiato la storia del gioco del pallone, in pochi mesi passato dall’essere uno sport per pochi allo sport del popolo. E a Suter, arguto e intelligente difensore centrale, che ai tempi parlava di “combination game” ( l’odierno contropiede), noi tutti dobbiamo davvero molto.
Kinnaird, invece, dopo aver abbandonato gli Old Etonians – squadra da lui stesso fondata con i suoi ex compagni dell’università di Eton -, ha ricoperto il ruolo di presidente della FA per 33 lunghi anni.
NETFLIX E IL CALCIO
Ancora una volta Netflix conferma la propria capacità di saper raccontare come meglio non si potrebbe le diverse sfaccettature del mondo del pallone. Se “The English Game“ è una miniserie che ha il calcio come sfondo sociale, è di altissimo livello la produzione di un’altra docu-serie calcistica come “Sunderland ‘Till I Die“. La seconda stagione, che racconta sotto tutti i punti di vista – dall’aspetto manageriale a quello emotivo dei tifosi – il campionato del Sunderland in League One dopo la retrocessione, è una vera e propria pugnalata al cuore. Nel senso che chi guarda questa serie è come se fosse trascinato dalle parole, intime e sincere, dei tifosi dei Black Cats. Noi vi avevamo già raccontato l’incubo del Sunderland, ma Netlfix ha saputo fare di meglio. A tutti manca il gioco più bello del mondo e Netflix ci ha dato degli ottimi motivi per rimanere a casa.
(Fonte immagine in evidenza: profilo Twitter @netflixIt)