Dopo aver ripercorso la carriera di Roberto Baggio, attraverso i suoi gol, questa settimana passiamo al suo omonimo Roberto Mancini, attuale CT della Nazionale.
Il Mancio, in termini di spettacolarità realizzativa, ha avuto alcuni picchi davvero mostruosi (che vedremo tra poco), nonostante prediligesse confezionare assist rispetto a segnare personalmente.
Partiamo dunque con la Top Diez Gol di Roberto Mancini, rigorosamente in ordine cronologico, perché classificare queste reti, soprattutto le prime due, sarebbe davvero difficile.

UNA SUPERNOVA A BOLOGNA

Roberto Mancini debutta in Serie A con il Bologna ad appena 16 anni, nel settembre 1981; appena una settimana dopo Franco Battiato regala agli italiani “La Voce Del Padrone”, il suo undicesimo album. Tra le tracce inserite nel disco c’è anche “Centro di Gravità Permanente”, uno dei simboli del cantautore, che sembra calzare a pennello per il giovane Mancini.
Nemmeno un mese dopo il suo debutto, infatti, il Mancio segna il suo primo gol a Como, con un bel pallonetto sull’uscita di Giuliani.
La rete che  ho scelto, però, non è questa, ma la seconda, segnata l’8 novembre 1981 in quello che diventerà uno degli stadi simbolo della sua carriera: l’Olimpico di Roma.
Siamo al 53’, i giallorossi di Liedholm sono avanti di una rete, segnata dal bomber Pruzzo a fine primo tempo. Mancini è entrato in campo nell’intervallo ed è fresco, così Franco Colomba lo serve in area.
Lo scatto del Mancio è strepitoso, brucia l’avversario ed arriva in area, dove si coordina e colpisce delicatamente al volo di destro, scavalcando Tancredi.
Una rete davvero bella, che però non basta al Bologna per portare a casa punti dall’Olimpico, visto che prima Conti e poi ancora Pruzzo siglano il 3-1 finale.
Al termine della stagione d’esordio in Massima Serie, Mancini chiude con 9 reti, un bottino decisamente importante per un ragazzo così giovane in un campionato competitivo come la Serie A di quegli anni. Purtroppo il Bologna retrocede in Serie B, nonostante una grande vittoria alla penultima contro l’Inter.
Per Mancini si scatena il mercato, tutti lo vogliono, ma alla fine a spuntarla è Paolo Mantovani, patron della Sampdoria appena tornata in A.

UNA FACCENDA DA UOMINI

Nel 1983 Bonnie Tyler rilascia “Total Eclipse of the Heart”, una delle ballad più iconiche degli anni ’80, il racconto di una relazione sfibrante ma allo stesso tempo forte e splendido, così come la storia dei primi anni di Roberto Mancini alla Sampdoria.
Nel momento del suo arrivo a Genova, Mantovani sta costruendo, pezzo dopo pezzo, quella che sarà la Sampd’Oro di fine decennio, pescando i migliori giovani italiani. Il Mancio è tra questi, e nonostante qualche mugugno i tifosi si appassionano da subito a quel ragazzo dal carattere fumantino così bravo tecnicamente.
Nella seconda stagione in blucerchiato, Mancini vince da protagonista il suo primo Derby della Lanterna, entrando per sempre negli incubi di Mario Faccenda, ex difensore pilastro del Genoa negli ’80 e della Fiorentina nei ’90.
Dopo un quarto d’ora, spaventato da Mancini alle sue spalle, il difensore rossoblù spedisce nella sua porta il pallone, messo in mezzo da Marocchino.
Nella ripresa, poco prima dell’ora di gioco, il gol che chiude i giochi. Mancini riceve palla e parte, salta Onofri, mandando il pallone alla sua sinistra e sorpassandolo dall’altro lato, per poi concludere dal limite con un diagonale di destro che si infila all’angolino.

CHIRURGIA

Settembre 1987, gli Starship, band rock statunitense, passano come una meteora nel mondo della musica, con “Nothing’s Gonna Stop Us Now”, orecchiabile ballad che scala le classifiche di tutto il Mondo.
Il brano, evidentemente, deve essere risuonato spesso negli spogliatoi di Bogliasco, visto che la Sampdoria da questa stagione diventa inarrestabile. Dopo il successo in Coppa Italia nel 1985, e gli arrivi dei vari Vierchowod, Mannini, Pagiuca e Cerezo, i blucerchiati iniziano a vincere. Per Mancini, però, l’arrivo più gradito è quello di Gianluca Vialli, con il quale forma una coppia micidiale.
Dopo una vittoria e una sconfitta, alla terza giornata la Samp ospita il Verona, squadra sempre temibile, ma che sta concludendo il suo ciclo.
La partita viene sbloccata dall’ex di turno Briegel, che porta avanti i padroni di casa, raggiunti a fine primo tempo da Elkjaer.
Al 63’ Roberto Mancini decide che la Samp quella partita la deve vincere e si mette in proprio. Sulla fascia sinistra punta un avversario e poi si accentra di colpo, per poi calciare un siluro con il destro, che si insacca all’incrocio dei pali, imparabile per Copparoni.
La partita viene poi chiusa nel finale da una rete di Vierchowod, che sigilla la vittoria dei doriani.

IL MONDO AL CONTRARIO

Febbraio 1989, Raf si chiede “Cosa Resterà degli Anni ‘80”, in uno dei pezzi italiani più significativi del periodo.
Del decennio che sta per andare in archivio sicuramente resta la Samp, che vince la sua seconda Coppa Italia nel 1988 e sta galoppando verso la terza. Parallelamente i blucerchiati stanno correndo verso la finale di Coppa delle Coppe, che perderanno a Berna contro il Barcellona.
La semifinale di Coppa Italia mette di fronte alla Sampdoria l’Atalanta, squadra ostica che all’andata, a Bergamo, perde per 3-2, ma gioca davvero bene.
Il ritorno, in programma l’8 febbraio 1989 al Ferraris, viene aperto da una rete clamorosa del Mancio.
Su un cross lungo e alto di Vialli dalla destra, il numero 10 si coordina alla grande e spara una rovesciata perfetta, che non lascia scampo a Piotti.
Un gol in acrobazia, una rete che fa esplodere Marassi e proietta i blucerchiati verso la finale di Coppa Italia 1988/89.

COME LA NEVE A NAPOLI

17 novembre 1990, sulla ruota di Napoli escono il 9 e il 10, proprio alla vigilia dell’incontro tra i partenopei e la Sampdoria. Gli azzurri, Campioni d’Italia nella stagione precedente, confidano che sia un buon segno e che si riferisca a Careca e Maradona, i numeri 9 e 10 del Napoli: non sarà così.
La Sampdoria, dopo la vittoria in Coppa delle Coppe nel maggio 1990, appare matura al punto giusto per poter competere per lo Scudetto. L’incontro con i Campioni uscenti è già un crocevia importante per la stagione dei doriani, che non falliscono.
Dopo il gol di Incocciati, i blucerchiati annichiliscono i padroni di casa, con una doppietta di Vialli e una rete di Mancini, tutte di splendida fattura. Ma il Mancio non ha ancora finito di stupire.
Siamo al 90’, Attilio Lombardo sprinta per l’ennesima volta sulla fascia destra e crossa. Il pallone prende un effetto ad uscire e giunge quasi al limite dell’area, dove c’è Mancini, che non controlla la palla, ma decide di tirare. Il Mancio si piega leggermente, accompagnando con il corpo la conclusione, di collo destro, che è semplicemente splendida, un fulmine a ciel sereno. Il pallone colpisce il palo alla sinistra di Galli e si infila in rete.
Questa vittoria sancisce una sorta di passaggio di consegne tra il Napoli e la Sampdoria, che nel maggio seguente vincerà lo Scudetto.
Dunque quei due numeri estratti sulla ruota di Napoli alla fine erano davvero un segno premonitore… però non si riferivano a Careca e Maradona, ma ai due attaccanti avversari: Gianluca Vialli e Roberto Mancini, i gemelli del gol.

WE GO TO WEMBLEY

Il 15 aprile 1992, la Sampdoria si appresta a raggiungere il punto più alto della sua storia. Al Ferraris, nell’ultima partita del girone di semifinale, basta un punto ai blucerchiati per raggiungere la finale di Coppa dei Campioni.
In uno stadio stracolmo, con una coreografia da brividi, la Samp passa in svantaggio contro il Panathinaikos, che segna con Marangos la prima rete del suo girone.
La paura di fallire ad un passo dalla finale è tanta, ma i doriani si compattano e vengono presi per mano dal numero 10: Roberto Mancini.
Al 36’ Invernizzi lancia in area un pallone che il Mancio addomestica da campione. Con la coscia, infatti, accompagna la sfera verso l’esterno, in modo da eludere il difensore, ma così facendo si trova praticamente sulla riga di fondo. In quel momento, Mancini dimostra tutta la sua follia, calciando forte sul primo palo, con un angolo praticamente nullo, segnando il gol del definitivo 1-1.
La Sampdoria vola così a Wembley, dove, però, perderà la finale contro il Barcellona, chiudendo un ciclo meraviglioso e lasciando Mancini in lacrime per un’occasione che non capiterà più.

UN LAMPO NELL’OSCURITÀ

Settembre 1992, Luca Barbarossa a febbraio vince il Festival di Sanremo con “Portami a Ballare”, un brano che calza a pennello sul Mancini post Wembley alla Samp.
Diventato capitano dei blucerchiati a tutti gli effetti nel 1991, il Mancio resta legato alla Sampdoria, nonostante l’andazzo sembra promettere tempesta.
Nella seconda giornata del campionato 1992/93 i blucerchiati volano ad Ancona per sfidare i dorici, al primo anno in Serie A.
La partita è un vero shock per i doriani, che passano in svantaggio per due volte e restano in 10 per l’espulsione di Katanec.
Al 59’ arriva, puntuale, il guizzo di Mancini a togliere le castagne dal fuoco. Un lancio di Invernizzi lo pesca in area, e il Mancio riesce a passare davanti a Ruggeri, che lo tira giù. Un calciatore normale inizierebbe a lamentarsi e chiederebbe il rigore, ma Mancini, da fuoriclasse, ha in mente altro. Mentre sta cadendo non perde mai il contatto visivo con il pallone e lo colpisce con il sinistro, spedendolo alle spalle di Nista.

L’ULTIMA GIOIA

Aprile 1995, Gianluca Grignani ha appena lanciato la sua bomba con “Destinazione Paradiso”, uno dei suoi brani più apprezzati. La destinazione della Sampdoria e di Mancini, invece, è più vicina, si tratta del Parco dei Principi, lo stadio parigino dove si disputerà la finale della Coppa delle Coppe.
Per giungere all’atto finale, però, i blucerchiati hanno un ultimo scoglio da superare, l’Arsenal di Ian Wright.
La partita di andata nel mitico Highbury è uno spettacolo, i Gunners vincono 3-2, ma Mancini si guadagna la standing ovation dell’intero impianto con l’assist di tacco per il secondo gol di Jugovic.
Due settimane dopo, dunque, la Samp è chiamata all’impresa al Ferraris, e a suonare la carica è sempre lui, il capitano.
Dopo meno di un quarto d’ora un rilancio di Ferri equivale allo sparo di uno starter per il Mancio, che parte in progressione seminando il diretto avversario. Il pallone rimbalza davanti a lui e Seaman è molto avanzato. Mancini non si fa pregare, in tutta l’azione tocca la sfera una sola volta, delicatamente con il destro, mettendo il pallone in rete con un morbido pallonetto.
La serata magica della Samp, e di Claudio Bellucci in particolare, si ferma nella maniera più atroce. Avanti 3-1 all’89’, grazie alla doppietta del giovane attaccante, i doriani vengono beffati da una punizione di Schwarz che coglie impreparato Zenga.
L’Arsenal passerà il turno ai calci di rigore, per poi perdere la finale contro la Real Saragozza.
Per Mancini questa sarà l’ultima presenza europea con la maglia blucerchiata, un finale sicuramente molto amaro per una storia così bella.

DE TACCO (PT 1)

Nell’estate del 1997 Roberto Mancini passa alla Lazio, dove dimostrerà ancora una volta tutta la sua grandezza.
Il 29 novembre 1998, due giorni dopo il suo 38° compleanno, il Mancio segna una splendida doppietta nel Derby romano.
Se il primo gol è un bel destro al volo in diagonale, con il secondo fa definitivamente deflagrare l’Olimpico.
Il minuto è il 56’, sulla sinistra Sinisa Mihajlovic è pronto a mettere in mezzo una punizione. La battuta è come al solito, forte, tesa, sul primo palo; Mancini sfila davanti a Aldair e colpisce delicatamente con il tacco, battendo Chimenti.
La rete non servirà a portare a casa tre punti per la Lazio, perché Di Francesco e Totti impatteranno sul 3-3 il finale.

DE TACCO (PT 2)

17 gennaio 1999, la Lazio gioca in serata a Parma, in una sfida ricca di talento e campioni, tra due formazioni simbolo dell’ultima metà degli anni ’90.
Dopo un primo tempo equilibrato la ripresa si apre con un botta e risposta tra Salas e Crespo, che portano il punteggio sull’1-1.
Al 68’ arriva il colpo del campione, la giocata che non ti aspetti. Su un corner dalla sinistra, battuto dal solito Mihajlovic, Mancini sbuca sul primo palo e colpisce ancora di tacco.
La conclusione, però, è decisamente diversa da quella contro la Roma, tanto delicata e quasi beffarda quella, tanto potente e precisa questa. Il pallone si insacca all’incrocio sul primo palo, lasciando inebetito Buffon (non proprio l’ultimo arrivato). Durante l’esultanza, emblematica la faccia di Bobo Vieri, che strattona Mancini e poi si rivolge ai tifosi dicendo “Questo è matto”.

Si chiude qui questo viaggio quasi ventennale tra le prodezze di Roberto Mancini, un vero e proprio fenomeno, che ha vinto molto, ma che avrebbe meritato sicuramente qual cosina in più, specie a livello di considerazione in Nazionale.

 

 

 

ClaudioC
Scritto da

Claudio Parodi