ITALIANO BOLOGNA - Nessuno mai si sarebbe aspettato un'altra stagione simile da parte del Bologna: invece, dopo l'impresa Champions dello scorso anno, la squadra di Vincenzo Italiano si trova ancora al quarto posto virtuale a nove giornate dal termine. Tutto questo dopo aver salutato in estate pezzi da novanta di quell'impresa come Calafiori, Zirkzee e lo stesso Thiago Motta.
Vincenzo Italiano si è raccontato in un'intervista a La Gazzetta dello Sport, dove è passato dagli splendidi ma poco vincenti anni alla Fiorentina sino ad arrivare all'attuale avventura in rossoblù. DI seguito le dichiarazioni più rilevanti, riprese da CalcioBologna.it.
DICHIARAZIONI ITALIANO SULL'AVVENTURA A BOLOGNA
LAZIO E GRUPPO - "Il gol del 5-0 è stata la sintesi di un gruppo che rema tutto dalla stessa parte. Che è tutto coinvolto, in un’azione portata avanti da tre giocatori nuovi su quattro. Di un gruppo che, chi gioca e chi no, è unito, ed è un segnale molto, molto bello per cercare in questo finale di stagione perché abbiamo una serie di partite una più tosta dell’altra, dal campionato alla semifinale di Coppa Italia”.
POST MOTTA - “Tutti pensavano che sarebbe stata una ‘Missione Impossibile’: ecco, proprio questo c’era scritto sui messaggi che ricevevo. Questa era la panca più bollente dell’universo. Cosa rispondevo? Io dopo aver parlato con tutti i componenti della società mi sono tranquillizzato. Sapevo delle eventuali difficoltà come è realmente successo, ma scortato da compagni di viaggio che potevano darmi una grossa mano per non fare troppi… danni. Cercare di mettermi alla prova, sfidare questa competizione dei dettagli, la più difficile”.
VITTORIA CON IL BVB - “Ho visto la gente gioire come se avessimo vinto la Champions. È stata una vittoria arrivata dopo una rimonta, con un atteggiamento della squadra che voleva regalare a se stessa e alla gente la prima vittoria. Scelgo quella e non il 5-0 contro la Lazio perché, nonostante fossimo stati eliminati, è come se avessimo alzato la Coppa, mancavano solo i caroselli per le strade”.
FIORENTINA - “I tre anni di Firenze sono un po’ macchiati da quelle finali, ma tanti sanno quali e quante cose sono passate in quel tragitto. Chiaro che perdendole qualcosa viene offuscato, ma sono stati tre anni fantastici. Chiaro che l’allenatore è giudicato dai risultati, ma quel che mi hanno chiesto ho dato, anzi forse di più. Per me il percorso conta tanto: qua sembra che sia più bravo chi esce agli ottavi e chi invece perde le finali è una capra. No no…”.
SOGNO COPPA ITALIA - “Ci penso. Intanto bisogna vincere la semifinale e non sarà semplice: l’Empoli ha battuto tutte squadre fuori casa; io non ho mai vinto là, nè in A nè in B. Sono 180’ e vanno giocati. Detto ciò, pensare di poter portare 30-35 mila bolognesi a Roma e al primo anno qui per me sarebbe un sogno che tutti abbiamo, un qualcosa di impagabile”.
ITALIANO - “Io sono questo, me stesso. Ci sono momenti in cui sento di comportarmi come faccio in alcune vittorie, dipende dal mio stato d’animo. Appena stacchi un po’ la testa dall’obiettivo, nel calcio prendi le mazzate. Ero convinto di continuare a lottare per qualcosa di importante, ma lì a 9 gare dalla fine, beh, a chiunque avrei dato io del matto".
RINNOVO - "Con onestà devo dire che non si è ancora discusso di niente. Ma… c’è tutta la mia disponibilità”.
FRUTTI - “Il calcio è come un albero di arance. Seminare è più semplice che raccogliere e la raccolta si traduce in obiettivi: Coppa Italia, semifinale e magari finale; e in campionato cercando di puntare al massimo. A seminare ci abbiamo messo un secondo, ma per vedere i frutti dipende dal clima, dall’acqua, dagli insetti, dal sole, dalle piogge. Ora la parola chiave sarà umiltà. La cosa più difficile fin qui è stata convincere un gruppo che al loro grande calcio si poteva mettere qualcosina in più. Essere credibili, portarli dalla tua parte: non è stato… subito”.
CRESCITA - “Io devo parlare di crescita di squadra. Una crescita che porta Orsolini in doppia cifra per il terzo anno, Ndoye ha lavorato tutti i giorni per arrivare a fare 7 gol, ma anche i giovani: Castro, Dominguez, Fabbian, ragazzi con qualità e carattere. Crescere vuol dire essere stimati dal gruppo. Sono stati bravi loro: c’è il lavoro dell’allenatore, ma anche la loro disponibilità”.