Difesa azzurra, l’arte di saper soffrire

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La miglior difesa è l’attacco, direbbe qualcuno. Certo, si tratta di un concetto che si è rivelato valido per tutti i match che hanno caratterizzato il cammino degli Azzurri, fino al confronto con la Spagna. Contro la nazionale allenata da Luis Enrique, ecco che gli equilibri sono cambiati e, con loro, anche l’approccio dell’Italia. 

Paradossalmente, il miglior attacco è diventata la difesa degli azzurri. 

I 120 minuti, più rigori, hanno detto molto di quello che è il potenziale a 360 gradi dei ragazzi di Roberto Mancini, mettendo in luce pregi e difetti, ambizioni e limiti.

GIOVANI, MA NON SOLO

Si è fatto riferimento, a più riprese, alla freschezza di questa nazionale. Elementi giovani, mossi dalla voglia di voltare pagina dopo l’assenza ai precedenti mondiali, per i quali una buona metà di loro non è neanche stata presa in considerazione. Ora il palcoscenico è proprio appartiene proprio a loro; non tanto di diritto, quanto per i meriti che hanno dimostrato sul campo e per il ruolino di marcia che hanno mantenuto nel corso degli ultimi mesi. 

Capacità di andare in gol, gioco tanto fluido quanto efficace e diversi elementi della rosa in grado di scrivere il proprio nome sul tabellino dei marcatori. Una reazione scontata dopo una grande delusione a livello internazionale? Certo che no. Servono tanti piccoli dettagli per ottenere una serie di grandi prestazioni ed è necessario comprendere l’avversario, non tanto per adeguarsi, bensì per poter sfruttare al massimo le proprie peculiarità sul rettangolo verde.

Lukaku Donnarumma Italia Belgio

Romelu Lukaku e Gianluigi Donnarumma, poco prima del rigore calciato proprio dal belga (Fonte: Getty Images)

Se il girone di qualificazione alla fase finale del torneo è sembrato piuttosto agevole, dando anche qui per scontati i 3 punti contro un’avversaria sulla carta più debole (citofonare Francia, Germania, Olanda e Portogallo), i confronti con Austria e Belgio hanno messo in evidenza l’arsenale offensivo e difensivo degli Azzurri.  Se prendiamo in considerazione anche la semifinale contro la Spagna, in cui l’asticella si è visibilmente alzata, l’Italia ha fatto capire a tutti una cosa molto chiara: è una squadra in grado di soffrire. A costo di giocare una partita qualitativamente peggiore, dover spezzare la trama avversaria di continuo e faticare nel trovare valide soluzioni offensive. Il match dell’Italia potrebbe essere riassunto così, se dovessimo utilizzare tre concetti. Con un Barella sottotono e due attaccanti centrali, prima Immobile e poi Belotti, in grande difficoltà è stata la difesa, messa in campo da Mancini, a fare concretamente la differenza.

ATTENTI A QUEI DUE

Freschezza, qualità, talento, esuberanza. Serve tutto. Senza disciplina e organizzazione, però, tutto ciò rischia di disperdersi e di non produrre i risultati che, sulla carta, si potrebbero raggiungere. Ci vogliono solidità, equilibrio, rapidità di scelta e freddezza. Tutte qualità che, di certo, non mancano alla retroguardia azzurra. Questa non ha una carta d’identità da neomaggiorenne ma, fino a questo punto del cammino, ha concesso ben poco alle offensive avversarie.

I numeri degli Azzurri sono impressionanti. 33 partite senza sconfitte, 86 gol realizzati e 10 subiti.

Lukaku Chiellini Italia Belgio

La marcatura asfissiante di Chiellini su Lukaku, una delle chiavi del match contro il Belgio (Fonte foto: Getty Images)

La Spagna è stata sempre una sorta di bestia nera per l’Italia e anche, in semifinale, ha dimostrato di saper mettere in grande difficoltà gli uomini di Mancini grazie alla capacità di giocare palla a terra in modo rapido e preciso. Il calcio è tanto bello quanto strano, così com’è stata strana la decisione di Luis Enrique relativa all’utilizzo, forse tardivo, di Álvaro Morata. Ed è stato altrettanto singolare che la coppia di difesa a tinte bianconere sia stata beffata dall’uomo che conosce meglio in assoluto tra gli spagnoli. 

Una sbavatura che, però, non può ridimensionare il grande rendimento di Giorgio Chiellini e Leonardo Bonucci nel corso di tutto l’Europeo. Basti pensare al match contro il Belgio, dove i principali clienti sono stati Kevin De Bruyne e Romelu Lukaku, due fuoriclasse che hanno sempre vantato una certa facilità a rappresentare incubi concreti per le difese avversarie.

Jordi Alba Chiellini Spagna Italia

Il siparietto tra Jordi Alba e Chiellini, prima dei calci di rigore (Fonte foto: Getty Images)

Quando gli italiani, calcisticamente parlando, vanno in difficoltà l’arma segreta è proprio quella di “fare gli italiani”. Per quanto questo concetto sia radicato nella mente delle altre selezioni europee, in riferimento agli Azzurri, rappresenta pur sempre una verità. Sapersi difendere in modo efficace, per poi sfruttare le ripartenze e le iniziative offensive, è qualcosa che ci appartiene. Il gioco perde di bellezza e di percentuale di spettacolo, ma non per questo bisogna vedere un approccio del genere come un limite. La sofferenza appartiene a tutte le squadre, ma è proprio la sua gestione e il suo utilizzo che determina lo spessore carismatico di una squadra. Per non parlare della “trovata” di Chiellini prima dei calci di rigore, forse la vera chiave psicologica che più di tutte ha inciso sull’esito dei penalty. Un altro modo di sfruttare la difesa azzurra. Tra esperienza e impatto mentale che, spesso e volentieri, modificano gli equilibri in campo.

Contro l’Inghilterra, nella cornice di Wembley, non sarà di certo semplice arginare la grande qualità di elementi come Kane, Sterling, Saka, Mount, Foden. E non stiamo citando altri grandi talenti che potrebbero alzarsi dalla panchina, ma gli Azzurri saranno costretti ad portare l’asticella ad un livello superiore. Uno scenario che implica uno standard di gioco superiore, una lucidità da grandi occasioni e una motivazione che potrebbe regalare qualcosa che ha tanto il sapore di un sogno.

Fonte immagine in evidenza: ANSA

CarloC
Scritto da

Carlo Ferrario