Draft 2019: tutto (o quasi) come previsto

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Paradossalmente il Draft 2019 è stato sorprendente per non essere stato sorprendente. Con le prime 2 pick già praticamente definite, ha destato dell’interesse la vociferata intenzione dei Knicks di non secgliere RJ Barrett paventando a New Orleans la possibilità di ricreare in Louisiana la magica coppia proveniente da Duke University. A bocce ferme e ripulite dall’alone delle comunque numerosissime trade che hanno interessato le retrovie, possiamo guardare più chiaramente quale futuro riserverà la notte di Brooklyn per la NBA.

Fonte: profilo Twitter di Zion Williamson.

Partiamo dalle due posizione più nette: Pelicans e Suns.

NOLA ha praticamente “vinto” il Draft quando quel meno del 7% di possibilità di prendere la prima pick si è trasformato in realtà. Prendere un talento come Williamson è assolutamente obbligatorio e non lascia spazio a nessun altro tipo di possibilità. Potendo costruire attorno a questa certezza, David Griffin ha portato a conclusione (finalmente) la trade di Davis tirando fuori un capolavoro da una situazione estremamente scomoda. Il solo AD  ha portato in dote Lonzo Ball, Brandon Ingram, Josh Hart, le pick N°8, 17, 35, altre possibili 4 scelte future dai Lakers più uno swap nel 2023. In più, ha ripulito il cap cancellando il contrattone di Solomon Hill dal suo libro mastro.

N°1: Zion Williamson. Semplicemente il giocatore più hypato dai tempi di LeBron James. Fisico da defensive end NFL, atletismo dinamitardico, primo passo fulmineo, animale raro da contropiede. Potrebbe tranquillamente diventare il volto della NBA dopo il Re con queste premesse.

N°8: Jaxson Hayes. Pick ottenuta dalla trade con Atlanta per la N°4. Centro estremamente atletico, ottima base per costruire un rim-protector di eccellente livello, mano educata e rim-runner estremamente pericoloso. Dubbi sul fit con Zion.

N°17: Nickeil Alexander-Walker. Con il già presente Holiday e l’appena arrivato Lonzo Ball, Alexander-Walker va a completare un reparto guardie molto interessante. Buon ball-handler, tripla minaccia offensiva, leve lunghissime.

N°35: Marcos Louzada Silva. Classico pick “international” da portare a roster tra circa un paio di anni se le condizioni lo permettono.

D’altro canto la War Room dei Phoenix Suns ha partorito un Draft quantomeno confuso. Tradare la sesta pick (un possibile Garland o Culver, non male da mettere al fianco di Booker) per prendere la 11 con il quale chiamare Cameron Johnson (buonissimo giocatore ma va per i 24 anni, reach troppo forzato) ed un anno di affitto di Dario Saric. Nel frattempo ha scambiato la 32 pick con TJ Warren per praticamente nulla. Per la situazione attuale dei Suns non sembrava il caso di centellinare sui need piuttosto che prendere altro talento giovane da aggiungere a roster. Culver sarebbe stata la pick ideale, disponibile alla 6. Coby White poteva essere un’idea comunque viabile. Trade down per reachare Cameron Johnson pare essere l’ennesimo spreco di risorse per una franchigia che da almeno 10 anni brancola nel buio. In questo caos si aggiungerebbe bene anche la trade su Baynes per la quale hanno preso anche la pick N°24. Pick spesa per Ty Jerome. Bene, I Suns cercano una PG disperatamente ma, considerando l’importanza del ruolo nello scacchiere NBA moderno, perchè non prendere direttamente Coby White? Punto 2, perchè non scalare qualche posizione dalla 24 (idealmente fino alla 18-19) per prendere lì Cameron Johnson?

N°11: Cameron Johnson. Forse il miglior spot-up shooter del Draft ma è anche il giocatore più “anziano” del lotto. Per darvi un’idea, ha 7 mesi più di Devin Booker. Sul fit in sè della scelta rispetto al roster poco da dire, ma l’idea di rivendere una sesta per due giocatori di rotazione potrebbe non essere la migliore delle idee.

N°24: Ty Jerome. Anche qui, buon giocatore (forse limitato atleticamente ma buon QI ed istinti realizzativi). Non assomiglia per niente però ad uno starter da sviluppare in chiave “young core” da portare ai Playoffs quanto ad un buon backup alla TJ MConnell. Sarebbe stato comprensibile un talento da sgrezzare ma difficilmente un altro giocatore praticamente già fatto e finito.

Menzione d’onore per Bol Bol, a livelli “rashardlewissiani” di permanenza in Green Room. I Denver Nuggets lo hanno finalmente chiamato alla N°44, molto ben oltre il pronosticato. Vero, ha qualche pesante red flag sul curriculum (un’operazione ad un piede sinistro per frattura da stress, la stessa che ha tenuto Ben Simmons fuori un anno) ed alcune attitudini in-game da sistemare. Però un centro di 2,18 con questa confidenza con la palla, con le conclusioni da oltre l’arco e due braccia infinite non può non essere un prospetto intrigante. Denver, inoltre, avrà tutto il tempo necessario per svilupparlo e tirarlo a lucido avendo già le rotazioni tra i lunghi piuttosto fornite.

Continua il periodo d’oro del basket canadese. Dopo la vittoria dell’anello dei Raptors, ben 4 talenti provenienti dalla bandiera con la foglia d’acero sono stati chiamati al primo giro. Il nome più notevole è sicuramente RJ Barrett da Duke, seguito poi da Nickeil Alexander-Walker da Virgina Tech, Brandon Clarke da Gonzaga e Mfiondu Kabengele da Florida State. Con le 2 pick al secondo giro di Ignas Brazdeikis da Michigan e Marial Shayok da Iowa State le 6 pick made in Canada hanno battuto il record di 5 ottenuto dalla Francia nel 2016 per il maggior numero di non americani chiamati nell stesso Draft.

 

Fonte immagine di copertina: Flickr.com

SimoneS