Il Milan di Stefano Pioli, che domenica sera sfiderà l’Atalanta, sta vivendo una stagione altalenante: da contendente per del Napoli per quello che sarebbe lo Scudetto della seconda stella, ha attraversato un mese di gennaio decisamente complicato, prima di ritrovare una serie di tre vittorie consecutive per rimettersi pienamente in corsa per la Champions League.
Abbiamo chiesto il suo parere sul momento del Milan a Peppe Di Stefano, giornalista di Sky Sport che da molti anni segue da vicino i rossoneri, passando dal campo al mercato, che ha parlato in ESCLUSIVA per Numero Diez.
IL MILAN VISTO CON GLI OCCHI DI PEPPE DI STEFANO
Il Milan è tornato a vincere senza subire gol, con tre 1-0 di fila contro Torino, Tottenham e Monza. L’atteggiamento però è cambiato, scegliendo di coprirsi un po’ di più, in totale controtendenza al Milan che l’anno scorso aggrediva partite ed avversario. Crede che sia una “toppa” momentanea per ritrovare compattezza o che la squadra di Pioli possa proseguire su questa impostazione?
“Pioli tempo fa ha detto che il Milan per vincere doveva giocare bene a calcio. Qualche settimana fa invece, nel pieno della crisi di risultati, è stato molto umile ed intelligente, dicendo che sarebbero dovuti arrivare risultati attraverso il sacrificio; una volta arrivati i risultati, come conseguenza sarebbe arrivata la serenità, e attraverso quella serenità sarebbe tornato anche il bel gioco. Non è un caso che il Milan delle tre vittorie sia stato un crescendo: si è partiti da una vittoria complicatissima contro il Torino risolta da un singolo, ovvero Giroud, alla partita con il Tottenham che ha visto i rossoneri lievitare all’interno della partita, all’1-0 di Monza del quale ci si ricorda dell’assedio finale dei brianzoli, ma il Milan veniva dall’impegno contro gli Spurs e ha più volte sfiorato il 2-0 o il 3-0. Adesso sta tornando il Milan che conoscevamo, e l’atteggiamento più difensivo fa parte di quel processo descritto da Pioli che porterà al Milan protagonista nella partita“.
Tanti giocatori sono sembrati un po’ sulle gambe e moltissime squadre sono sembrate andare su altri ritmi: alla base del gennaio complicatissimo per i rossoneri, può esserci stato anche qualche errore commesso in preparazione post Mondiale?
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Non credo che sia stato un problema solo fisico, anche se qualcosa di diverso credo sia stato fatto da questo punto di vista, perché la differenza di brillantezza rispetto a 20 giorni fa è netta: basta guardare Kalulu, Tonali o Theo Hernandez. Credo però che sia stato un insieme di elementi ad aver portato al Milan visto a gennaio, ad un Milan assente, troppo strano per essere vero. È questo che nessuno riusciva a spiegarsi, il fatto di essere passati da 100 a 0: credo che ci siano pochissimi precedenti nella storia che abbiano fatto registrare un’inversione di tendenza così netta. È stata la somma di più aspetti, mentale, psicologico, tattico e anche fisico che ha portato al declino di gennaio, ma adesso il Milan si è ripreso“.
Le tre vittorie di fila del Milan tra campionato e Champions League sono cominciate da quando Ibrahimovic è rientrato tra i convocati. È un semplice caso?
“Il Milan tre anni fa è emerso per una serie di concomitanze: Pioli che si mette a disposizione della squadra, Maldini e Massara che fanno gli acquisti giusti, Milanello si compatta e Zlatan Ibrahimovic, che nomino per ultimo ma che ultimo non è affatto, che cambia la mentalità della squadra e di tutti i giocatori. Ricordo che feci un’intervista a Castillejo, il quale mi disse: “Se in allenamento vedi Ibra che rincorre un pallone o un compagno come un forsennato, e lo fa lui che si chiama Ibrahimovic e ha vinto tutto, tu che ti chiami Castillejo non lo fai?”. Ibra non è che per cambiare la mentalità urla o tira calci e pugni ai borsoni nello spogliatoio, Ibra ragiona da campione quale è, e ti porta al suo livello.
Quindi secondo me anche in questo caso sono coincise più cose: Ibrahimovic che rientra in gruppo e riporta una certa attenzione e mentalità, e Pioli che cambia qualcosa a livello tattico, non rimanendo fossilizzato sul 4-2-3-1 che gli ha permesso di vincere uno Scudetto e che ha funzionato benissimo fino a dicembre, mettendosi a disposizione del cambiamento. Poi io sono un estimatore di Ibrahimovic, e qui a Milanello la sua presenza si percepisce anche se non lo vedi. Perché alla sua età torna al Milan e fa la più grande impresa della sua carriera portando a vincere uno Scudetto un gruppo giovane, decide di operarsi al legamento crociato, e dopo tantissimi mesi di stop torna sul campo e corre più degli altri, si allena più degli altri: cosa fa pensare a te giocatore più giovane di poterti sentire appagato per la vittoria di un campionato?“.
In questa stagione, dove è emersa qualche difficoltà in più rispetto alla stagione dello Scudetto, non è mai venuto a mancare il sostegno del pubblico. Anche dopo sconfitte pesanti, per esempio contro Napoli, Sassuolo e nei derby, la Curva e il San Siro rossonero si sono sempre fatti sentire in sostegno ai giocatori. Quanto è sentito all’interno dello spogliatoio il legame con i tifosi?
“Conosco bene i tifosi milanisti perché vivo l’ambiente rossonero da tanti anni, ed è un tifo molto passionale. L’atmosfera che ho sentito per Milan-Tottenham raramente l’avevo sentita in uno stadio, anche se ho avuto la fortuna di vivere molte partite importanti tra cui anche la finale dell’Europeo con l’Italia protagonista. C’era un’energia particolare con il Tottenham, diversa. Vuoi perché era la Champions League, che mancava da tempo al Milan nella fase ad eliminazione diretta, vuoi perché San Siro era davvero stracolmo. Molti dei giocatori sono veri e propri tifosi del Milan e hanno capito cosa vuol dire indossare questa maglia: Calabria, Tonali, Pobega, Castillejo nei suoi anni qui, e portano all’interno dello spogliatoio la passione che si vive fuori.
Il Milan ha dicembre ha preso una valanga di gol e ha perso malamente tante partite: ha preso quattro gol dalla Lazio, cinque dal Sassuolo, tre nel derby di Supercoppa, due con il Lecce, e qualsiasi altro ambiente avrebbe quantomeno fischiato la squadra, eppure nessuno ha detto niente e non sono mai mancati gli applausi e il sostegno, prima, durante e dopo la partita. Non avremo mai la controprova del fatto che magari una reazione da parte dei giocatori sarebbe arrivata prima con una contestazione dei tifosi, ma il sostegno del popolo rossonero ha portato serenità fin dentro lo spogliatoio, permettendo di lavorare senza pressione, nonostante una maglia così pesante“.
IL CALCIOMERCATO DEL MILAN
Capitolo mercato: a gennaio i tifosi si aspettavano qualcosa di più da parte della società, specie dopo il mercato complicato della scorsa estate, complice l’insediamento di Cardinale. Ci si deve aspettare un mercato estivo importante o sarà ancora all’insegna dell’attenzione maniacale ai conti?
“Il Milan quattro anni fa era una società finanziariamente in difficoltà come non mai. Elliott ha fatto un lavoro straordinario e ha riabilitato il Milan, e Cardinale sta continuando questo lavoro di riassestamento. La strada del Milan è questa: non comprerà mai giocatori da 60-70 milioni, almeno in questa fase. Il Milan compra giocatori da 15-30 milioni che possano essere rivendibili, che non vuol dire che li dovrà rivendere per forza, ma che possano formarsi e crescere all’interno di un ambiente bello come Milanello. La proprietà ha dato alla dirigenza un budget per tutta la stagione 2022/2023 di circa 50 milioni di euro, che sono stati spesi tutti in estate. L’intenzione di Maldini e Massara a gennaio era assolutamente quella di proseguire con questa linea e con questi giocatori. Poi si è creata l’opportunità Zaniolo, e da quello che so è stato chiesto alla proprietà un extra budget, ma sono tempi finanziariamente complicati per tutti.
Sono tempi di magra per il calcio italiano in generale, bisogna fare i conti e saperli fare bene. Il Milan l’anno scorso ha vinto un campionato senza comprare nessuno a gennaio, nonostante Kjaer infortunato e altri giocatori non a disposizione. Immaginate se fosse arrivato un difensore centrale: non avremmo mai visto esplodere Thiaw, e vedrete che giocatore diventerà. Io non boccio il mercato del Milan, quando si prendono giovani bisogna saperli aspettare. De Ketelaere ora sembra spaesato, ma ha i segni del grandissimo giocatore, va saputo aspettare. La mia sensazione è che l’anno prossimo arriverà un centrocampista di una certa importanza, per integrarlo nelle rotazioni da affiancare a Bennacer e Tonali, è così che si costruiscono le grandi squadre. La domanda da porsi è: è meglio fare un mercato spericolato e mettere a rischio l’integrità della società, o salvaguardarne la salute? Credo la seconda“.
A proposito di giovani da aspettare, un oggetto misterioso della stagione del Milan è Yacine Adli: da promessa a possibile partente a gennaio, poi trattenuto a Milanello ma ancora impiegato con il contagocce. Che cosa manca per vederlo più protagonista in campo?
“Ci sono dei giocatori che devi aspettare in casa, come è stato per Leao, e ci sono dei giocatori che hanno bisogno di giocare altrove. Ricordo Suso, ricordo Niang, che prima di affermarsi nel Milan ebbero bisogno di andare via in prestito al Genoa. Adli secondo me non è un giocatore di primissima fascia, ma non è nemmeno il giocatore che stiamo vedendo adesso, anzi, che non stiamo vedendo. Credo non ci sia compatibilità fisica con il gioco di Pioli: non ha la struttura per giocare in un centrocampo a due e non ha la corsa necessaria per giocare nella linea dei trequartisti dietro la punta, e dunque è in difficoltà. Se giocasse in un centrocampo a tre, da mezz’ala forse troverebbe più terreno fertile ed un gioco più adatto alle sue caratteristiche. Non si può bocciare un giocatore dopo una sola stagione, e quindi sono convinto che andrà in prestito, ad esempio al Torino, alla Fiorentina, al Sassuolo, per capire sul campo se è un giocatore adatto al calcio italiano e al calcio del Milan, ma bisognerà capire quale sarà l’intenzione della società l’anno prossimo con il ragazzo“.
Situazione Leao: il rinnovo non arriva. Il ragazzo è coinvolto nel progetto e lo si vede anche con i messaggi di incoraggiamento verso De Ketelaere, e la questione Sporting nelle ultime settimane sembra essere stata quanto meno ridimensionata. A che punto siamo?
“Da quello che mi risulta coincidono le volontà delle parti. Quella dello staff tecnico di trattenere Leao, quella della società che vuole sforzarsi per andare incontro alle sue richieste, e quella del giocatore, che ha capito che non è il momento di andare via. Leao appena è uscito dalla comfort-zone del Milan, ovvero al Mondiale, nonostante fosse uno dei giocatori più forti del Portogallo ha giocato pochissimo. Perché ci sono dei percorsi di crescita che vanno rispettati. Il ragionamento che sta facendo il ragazzo è: “Ma se vado al Chelsea o al PSG, mi danno la stessa fiducia che mi danno qui al Milan?” Perché Leao, che giochi bene o che giochi male, la partita successiva è titolare con i rossoneri.
Questa garanzia da altre parti non è detto che la abbia, perché la concorrenza sarebbe molto più agguerrita. Se vado al Chelsea e gioco male, la partita dopo la gioca Ziyech o qualcun’altro. Leao è giovane, e di stare in panchina non ne ha particolarmente voglia. Dunque meglio fare un altro biennio di crescita, ed esplodere definitivamente soprattutto dal punto di vista della continuità e della presenza nella partita, che è l’unica cosa che gli manca, perché come talento puro è forse il giocatore più forte di tutta la Serie A. Dunque va trovata la quadra, ma se così non dovesse essere andrà ceduto in estate per non avere il danno di perderlo a zero oltre alla beffa di non avergli rinnovato il contratto“.
Fonte per la foto di copertina: profilo Instagram ufficiale di Peppe Di Stefano.