Ezio Luzzi è l’ultima voce della prima storica squadra di Tutto il calcio minuto per minuto. Parliamo di un giornalista che ha preso parte alle spedizioni Olimpiche e Mondiali, seguendo da vicino le vicende che sono rimaste impresse nella memoria degli appassionati del nostro paese. Nel corso della sua carriera ha stabilito, grazie al suo modo di porsi e alla sua brillantezza, legami con personaggi illustri dello sport. Basti pensare che la prefazione del suo libro, Tutto il mio calcio minuto per minuto, sia stata realizzata da Arrigo Sacchi in persona.
Vincitore di due Telegatti, reporter capace di dare notizie in anteprima mondiale come accadde con l’attentato alle Olimpiadi di Atlanta del 1996, volto della Serie B capace di prendersi il suo spazio nella cronaca calcistica quando la Serie A ne aveva il monopolio. Questo e molto altro è Ezio Luzzi, che abbiamo intervistato in esclusiva, compiendo un viaggio attraverso i ricordi del calcio di ieri, e i ponti con quello di oggi. Non potremmo immaginare un modo migliore per celebrare il World Radio Day 2024, che oggi celebra il 100° compleanno dell’icona dei mezzi di comunicazione di massa.
EZIO LUZZI – UN VITA TRA I CAMPI DI B
Lei diviene la voce della Serie B nella programmazione di Tutto il calcio minuto per minuto per volere di Guglielmo Moretti, direttore di redazione. Da quel momento il campionato, grazie al suo lavoro, acquista sempre più rilevanza mediatica. Come ha fatto a far riscoprire la Serie B agli italiani?
“Scoprire è la parola giusta, nemmeno io la conoscevo. La cosa bella della Serie B è che vai tra la gente, e ancora mi riconoscono. Recentemente sono stato in un negozio dell’EUR, e il commerciante mi ha chiesto se fossi effettivamente io. Sono stato colui che è sceso in provincia, e quando una società di Serie A retrocedeva dicevo ai tifosi che sarebbero risaliti con me. Io quando sono diventato caporedattore di Radiorai potevo scegliere dove andare, ma rimasi a fare la Serie B. Creai anche la rivista dedicata “Super B”, finanziata dalla maggior parte dei presidenti di Serie B dell’epoca, che incolpavano le società di A di prendersi tutti i soldi sul mercato“.
Qual è l’evento più importante avvenuto in Serie B che ha raccontato?
“Lo scoop Orrico all’Inter, anche se non ho potuto raccontarlo subito perché Ameri non mi credette. Un altro fatto importante è stato raccontare in radiocronaca Udinese-Foggia del 1978, la nascita delle sponsorizzazioni sulle maglie, con il presidente Sanson che volle applicare il suo marchio di gelati sulle divise“.
EZIO LUZZI – IL LEGAME CON LA TERNANA
Lei si trasferisce a Terni dopo i bombardamenti su Roma durante la seconda guerra mondiale. Lì si avvicina al calcio giocato, divenendo portiere della Ternana, ruolo che poi abbandona per inseguire la carriera giornalistica. Che portiere ci siamo persi?
“Avevo capito che ero ben più portato per il giornalismo che per il campo. È stato emozionante però raccontare il ritorno della Ternana in Serie B e in Serie A da giornalista”.
Quest’anno secondo lei la Ternana si salverà?
“La Ternana è finita nelle mani sbagliate. Bandecchi aveva detto che l’avrebbe portata in Serie A, poi si è presentato come sindaco, lo hanno votato, e lui ha ceduto la società. Quest’anno, probabilmente, ce la faranno a mantenere la categoria“.
Quali società potrebbero salire in Serie A?
“Diciamo Como e Parma, poi la terza è da vedere tramite playoff“.
Chi sono invece i giovani italiani del campionato cadetto che più la entusiasmano?
“Ci sono molti che sono interessanti perché finalmente le società hanno capito che non devono solo puntare sugli stranieri. Devono ricostruire i vivai come una volta. La B era il serbatoio del calcio italiano, da lì vengono Tardelli e Gentile, che sono sulla copertina del mio libro. E non li ho messi a caso…“.
EZIO LUZZI – LA NAZIONALE E LA MANO DE DIOS
E come mai li ha messi?
“Perché durante il Mondiale del 1982 l’Italia era in silenzio stampa a causa di dicerie che i giornalisti stavano diffondendo e che facevano solo del male al gruppo. Durante un allenamento mi chiamano Gentile e Tardelli, allora io vado da loro con il registratore acceso. Loro aprivano la bocca, ma non emettevano alcun suono. Stavano scherzando, io la presi bene, scherzai con loro, ma i problemi arrivarono dopo. I giornalisti mi accerchiarono per sapere, e quando gli rivelai che non avevano detto niente, Mario Sconcerti si arrabbiò, dicendomi che fossi un ruffiano. I giocatori, se tu ti comporti bene con loro, diventano tuoi amici“.
Durante il Mondiale del 1974 lei raccoglie le dichiarazione al veleno di Chinaglia contro il CT Valcareggi, reo di averlo sostituito durante Italia-Haiti 3-1. L’intervista però non va in onda per decisione di Ameri, con l’obiettivo di non destabilizzare il gruppo squadra. Secondo lei è ancora possibile un tipo di comunicazione di questo tipo, dove si guarda prima l’interesse delle parti coinvolte nella notizia che quello personale?
“Non puoi più farlo. Prima c’era soltanto la RAI, oggi invece la notizia uscirebbe subito in qualche modo. Io tra l’altro ero presente all’amichevole organizzata dall’allenatore della Lazio Mannocci, che voleva assolutamente prendere Chinaglia dalla Massese nel 1967. Fu Lenzini a dire di no, perché lui veniva da una federazione straniera, ma aveva il papà italiano. Il presidente però non credeva che avrebbe preso il passaporto italiano. Io stesso dissi a Lenzini di prenderlo, assicurandogli che lo avrebbe fatto che e quindi sarebbe diventato tesserabile. Lui non mi credette, anche perché avrebbe dovuto sborsare 15 milioni di lire per prenderlo. Arrivò solo qualche anno dopo“.
Lei è riuscito a intervistare Maradona sia prima di andare al Napoli, nel 1984, sia il pomeriggio della famosa partita al Mondiale del 1986, tra Argentina-Inghilterra.
“Quando è finita la partita all’Azteca, gli spogliatoi erano inaccessibili. Della RAI eravamo rimasti solo io e Galeazzi, perché l’Italia era uscita e non c’era più nessuno. Siamo andati di corsa dentro, c’era una grande confusione, ma a un certo punto vedo Carmando. Lui era il massaggiatore del Napoli e della Nazionale, ma era rimasto in Messico dopo l’eliminazione perché fu Maradona a chiamarlo. Ci fece un cenno e ci aprì la porta degli spogliatoi. Una volta dentro lo vediamo, e io gli dico che aveva toccato il pallone con la mano. Lui, prontissimo, mi rispose che non era stato lui, ma la mano de Dios“.
EZIO LUZZI – LA SUA RADIO
Quando lei ascolta una radiocronaca o telecronaca, le piace il modo con cui viene fatta e i cambiamenti che ci sono stati nel raccontare le partite?
“È completamente diverso ora il modo di farlo. Alcuni dei nomi più importanti in radio li ho lanciati io, come per esempio Repice. La maggior parte sono tutti giovani che non conoscono il sistema che utilizzavamo noi. Nella radiocronaca per esempio devi trascinare la gente, la devi portare in ciò che racconti, partendo però dalla posizione della palla. Avevamo tutto un altro stile e ritmo. Ameri per esempio era impressionante, una mitraglia. Ho lavorato a stretto contatto con lui e Ciotti quando raccontavamo la nazionale. Tra loro due c’era una rivalità sana, ma era quando giocavano a carte che si scontravano di più“.
Con la sua radio ha dato vita al progetto High School Radio, che ospita ragazzi delle scuole primarie di secondo grado e che ha raccolto grandi consensi da parte degli studenti, risultando il più apprezzato nel progetto Buona Scuola secondo i sondaggi del Miur. Che emozione prova a entrare in sala di registrazione con loro?
“C’era la volontà di insegnare ai ragazzi, che arrivavano in radio e facevano la trasmissione. Purtroppo il Covid ci ha fregato, dovendoci fermare. Adesso vorremmo ripartire in un’altra maniera, potendo per altro far diventare i ragazzi giornalisti pubblicisti“.