Il Bologna gioca da grande e sogna in grande. La squadra di mister Thiago Motta si sta rivelando come la compagine che più di ogni altra sembra avere il quid in più per scalfire il predominio delle nuove sette sorelle. Un calcio piacevole, propositivo, ponderato, votato all’attacco ma ben strutturato anche nelle retrovie. Mosse di mercato accurate e lungimiranti, segno di grande impegno da parte della proprietà e dei dirigenti rossoblù. Una tifoseria più unita che mai nel sogno europeo che adesso non appare poi così impossibile. Tutti elementi che rappresentano il grandissimo momento del Bologna e delle ambizioni che tutto l’ambiente prova a soddisfare.
Intervistato ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, Remo Freuler ha parlato della situazione del Bologna vissuta dall’interno. Tutti vogliono rendere al meglio, tutti vogliono alzare l’asticella per rendere Bologna una piazza sempre più grande. E Freuler, che avendo vissuto i suoi anni migliori con la maglia dell’Atalanta, sa bene che tali ambizioni possono diventare realtà. E magari sarà così anche per i felsinei. Di seguito le parole di Freuler ai microfoni de La Gazzetta dello Sport.
NUOVA ATALANTA – “Alla fine sono i risultati a fare tutto. Servono quelli, il resto arriva di conseguenza. Perché fare risultato aiuta tutti, i giocatori a insistere in ciò che fanno e anche la società a crescere, a capire, a muoversi nella maniera giusta. Ma sì, le basi per costruire qui la nuova Atalanta ci sono, si vedono: la voglia di arrivare, l’organizzazione, i giocatori giusti. Però servono sostegno e pazienza: quello che si è creato, l’Atalanta non l’ha fatto in un anno. Io arrivai a 23 anni e da lì in sei anni e mezzo ho vissuto di tutto, Mondiali, Europei e Coppe. Gasperini non è un diavolo, ho letto le critiche che gli sono state rivolte: non commento, vi dico solo che devo quasi tutto a lui”.
ARMONIA – “C’è un insieme, fra giovani bravi e ragazzi esperti, ben dosato: ma soprattutto apprezzo la mentalità che non manca mai. Mentalità di ferro. Andiamo in campo con la voglia di farcela, l’idea di dominare, sempre: è il volere di Motta. E poi ci divertiamo a giocare: in campo e anche fuori”.
SARTORI – “Se in ogni posto in cui è stato è arrivata l’Europa, beh, un motivo ci sarà. Quando mi chiamò prospettandomi il Bologna non fu difficile dire di sì, anche perché al Nottingham non ero più felice: di gare ne avevo giocate tante, quasi tutte, poi nelle ultime cinque sono sparito dai radar. Non capivo. Chiedevo ma ricevevo solo non risposte. E ho capito. Fra l’altro anche mia moglie non si trovava alla perfezione: meglio l’Italia. E oggi sono ancora più felice del giorno in cui accettai”.
DIFFERENZE AEBISCHER-DE ROON – “Tipi diversi, anche come esuberanza di gioco. Martin poi è uno che parla sempre, Michel no ma ha altre caratteristiche: ma con lui parliamo la stessa lingua e non ci facciamo capire… L’anno scorso veniva criticato pur giocando in un ruolo non suo da ala destra? Se per una vita fai il centrocampista e d’improvviso ti chiedono di fare un altro tipo di gioco, beh, è dura. Vorrei far provare alle ali il nostro mestiere in mezzo al campo, vediamo come se la cavano…”.
PUNTO DI RIFERIMENTO – “Il mio idolo? Andres Iniesta. Fino a 13 anni facevo l’attaccante nell’Hinwil. Amavo il tennis, il nuoto e con mio fratello Dario giocavamo spesso a hockey su ghiaccio”.
SOGNI NEL CASSETTO – “Vincere il Mondiale con la Svizzera e un trofeo col Bologna. Comunque, di andare sempre più in alto. L’Europa? Semmai ne parleremo a fine girone d’andata, vediamo dove siamo a gennaio: parla il campo, niente altro”.