Luis Alberto duro sul suo addio dalla Lazio: "Non volevo rimanere dove non c'è nulla di pulito"

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In una lettera scritta per i canali di Cronache di Spogliatoio, l'ex centrocampista della Lazio, Luis Alberto, ha svelato alcuni retroscena sul suo passato e sul suo addio alla Capitale. Di seguito potete leggerne alcuni estratti:

SCUDETTO - “Ripenso spesso a quel campionato dove eravamo primi. Poi è arrivato il covid e si è fermato tutto. Sono sicuro che senza lockdown ce la saremmo giocata fino all'ultima giornata, invece al rientro dalla pausa abbiamo perso alcuni giocatori per infortunio e il nostro ritmo si è abbassato. Alla siamo riusciti comunque a qualificarci in Champions, che era l'obiettivo dei tifosi e della società”.

INZAGHI - “Vederlo vincere lo Scudetto mi ha resto molto felice. Per noi non era solo un allenatore, ma era come un padre calcistico. Quando non vincevamo una partita, la mattina dopo era distrutto. Noi pensavamo: ‘la prossima dobbiamo vincerla per lui’. Fa la differenza sotto l'aspetto umano. Era molto comprensivo rispetto alle nostre vite fuori dal calcio, ci lasciava molti permessi. Alla fine tutte queste cose ti rimangono dentro”. 

ADDIO ALLA LAZIO - “Ditemi uno che è uscito bene dalla Lazio. Fanno così: guardate ora proprio Cataldi… era lì fin da piccolo. È un peccato perché poi vedi altre squadre che si comportano diversamente: almeno ti fanno fare un saluto o una conferenza stampa. Radu, ma anche con Lulic e Milinkovic-Savic, a nessuno di loro è stato concesso. Tutti escono male perché non parlano in faccia, è un peccato. La Lazio è una società speciale, però non per le persone che ci sono dentro, ma per quello che c’è fuori, che è una roba pazzesca. Ho tanti amici tifosi, quando parli con loro è tutto. C’è gente che lo mette davanti alla famiglia. Noi eravamo felici dentro perché c’erano Inzaghi e Tare. Con Igli ho litigato mille volte, ma sapevamo che eravamo due persone giuste e trovavamo la ragione. Dopo quel periodo è finito tutto. Quella è stata la differenza, anche quando è andato via Sarri, era finito il ciclo. Avevo appena rinnovato, per me l’idea era restare a vita. Non mi andava però di rimanere in un posto in cui non vedevo niente di pulito. Non sono mai stato zitto. Era il momento di andarmene e stare più tranquillo calcisticamente. Quando sono andato via dalla Lazio, ho detto che non sarei andato in un’altra squadra italiana. Non volevo”.

ADDIO ALLA LAZIO - “La Lazio voleva il costo del cartellino e per la Spagna era una cifra troppo alta, così come lo stipendio. Avevo parlato con alcuni giocatori che sono qui a Doha e tutti me ne avevano parlato benissimo, e ne ho guadagnato in vita, posso uscire di casa tranquillamente e fare le cose con i bambini. Hanno detto che me ne son andato per soldi: non è vero. Guadagno di più ma i soldi li avevo anche prima. La fine definitiva è stata la partenza di Sarri. Aveva un carattere particolare. Io pure. Io volevo andare al Cadice in prestito perché non ero contento. Torno dopo 10 giorni in Spagna, era durante la sosta per il Mondiale. Volevo andare al Cadice, mi allenavo come un matto. Lui lo nota e io gli dico: ‘Voglio andare al Cadice’, al mio paese. Mi risponde: ‘No, non vai da nessuna parte. Se ti alleni così, giochi ovunque con me. Ho capito il tuo carattere’. Mi dice così e io gli ho dato fiducia. Ho iniziato a giocare. Gli ho detto dell’offerta dal Qatar, mi ha detto che avrei dovuto rinnovare. Parlavamo tutti i giorni. Mi dicevano che parlavo tanto dentro al campo, ma cercavo di aiutare il mister dentro al campo. Quando è andato via, mi è dispiaciuto. Le sue sedute video erano durante la siesta, per noi spagnoli con tanti video c’era il rischio di addormentarsi! Tatticamente il migliore che ho avuto. Eppure ne ho visti di spogliatoi. L’unico anno in cui mi sono divertito in carriera, però, è stato un altro”.

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Scritto da

Matteo Petrera