Gli Stati Uniti sono sempre stati allegoria di innovazione, progresso e tecnologia. Sin dai primi anni dell’ottocento, quando milioni e milioni di europei si sono riversati in massa nel nuovo continente alla ricerca di una svolta nella propria vita. Gli USA erano diventati infatti il pretesto per voltare pagina, lasciarsi alle spalle il passato e costruire un futuro nuovo. In molti hanno abbandonato patria e famiglia, mossi solamente dal desiderio del sogno americano. Si partiva senza nulla, con appena una valigia di cartone piena di speranza ed una manciata di ricordi della propria terra. Tanti non conoscevano neppure l’inglese, eppure partivano. E lo facevano per uno splendido ideale che si è sviluppato dal 1800 in poi: The American Dream, ovvero la speranza che attraverso il duro lavoro, il coraggio e la determinazione sia possibile raggiungere un migliore tenore di vita e la prosperità economica.

Da allora l’America e gli americani hanno conosciuto lo splendore economico, politico e sociale che conosciamo tutti e che li ha portati ad essere la fonte di ispirazione per molti cittadini europei. A partire dalla musica e passando per cinema, linguaggio, modi di fare e adesso anche lo sport: dagli USA copiamo un po’ tutto e non ce ne vergogniamo per nulla, siamo solamente dentro un complicatissimo processo chiamato globalizzazione. Ma ciò che ci interessa analizzare oggi é come sta cambiando lo sport, ed in particolare il calcio, muovendosi sempre più verso occidente.

PARAMETRI ZERO, SALARY CUP E FREE AGENT: LA SVOLTA NEL MERCATO MADE IN NBA

La prima grande svolta nel mondo del calcio la sta subendo in prima persona una frazione chiave di questo sport: il calciomercato. Siamo passati infatti dai 100 milioni per Bale ai parametri zero, il tutto senza neanche accorgercene. Gli equilibri dei trasferimenti stanno mutando velocemente, avvicinandosi sempre di più alle logiche dell’NBA. La tendenza si sta muovendo sempre di più verso le dinamiche che muovo il mercato del basket, fatto di draft, scambi e free agency.

Proprio questi ultimi stanno diventando sempre più numerosi. Si tratta dei parametri zero, ovvero coloro che hanno terminato il loro contratto e possono trasferirsi ‘’ gratuitamente’’ ad un altro club. Il gratuitamente va obbligatoriamente tra virgolette, perché tra commissioni, ingaggio e bonus si spende circa come una normale transizione. Basti pensare al recente passaggio ‘’a zero’’ di Alaba al Real, che è costato in realtà circa 130 milioni tra stipendio, bonus alla firma e commissioni all’agente. Questo esempio certifica l’accentramento del potere dalle società ai calciatori, che insieme agli agenti sono diventati i veri re del mercato. Ormai è la banconota che detta legge, non più il blasone  e nemmeno la fede.

Di pari passo si è evoluta anche la concezione sociale di parametro zero. Essere svincolato quindici anni fa voleva dire non essere stato in grado di arrivare a sè nessuna squadra, neppure tra le più sgradite. Oggi, invece, vuol dire non aver trovato (ancora) una squadra capace di soddisfare i propri bisogni economici.

Questo enorme cambiamento é stato probabilmente portato dal post-Covid. Dal 2019 le società si sono travate infatti orfane di alcuni introiti che prima erano delle entrate fisse, come per esempio i biglietti. Di conseguenza ne ha risentito il bilancio e quindi la capacità economica dei club, che si sono ritrovati inabili ad offrire cifre esorbitanti sia per i cartellini che per i rinnovi. Tuttavia questa novità ha portato con se anche un risvolto negativo, ovvero le commissioni agli agenti. Se è certo che anche pagando 10 o 15 milioni di commissioni ad un procuratore si risparmi rispetto ad acquistare da un club, é vero anche questi soldi usciranno dal sistema calcio, danneggiandolo ulteriormente.

Per questo motivo questo tornado di cambiamenti necessità di essere regolamentato al più presto al fine di preservare le società, vere protagoniste di questo sport. Ed il primo cambiamento potrebbe arrivare proprio d’oltreoceano. Parliamo del Salary Cup, ovvero il tetto ingaggi, importantissimo per frenare le richieste folli di calciatori e agenti.

BIG DATA, ANALISI STATISTICHE E MATCH ANALYST: MONEYBALL ED IL MONELLO NFL

Da ormai qualche anno a questa parte sentiamo parlare sempre più di ExG, EPV ed Expected Threat. Questi sono soltanto alcuni dei numerosi termini che stanno prendendo piede nelle analisi delle nostre partite. Si tratta di statistiche avanzate, ovvero il risultato dell’incrocio di numerosi dati secondo un algoritmo che alla fine ne rivelerà un solo valore indicativo. Queste tecniche stanno entrando a gamba tesa nel mondo del calcio, soprattutto per quanto riguarda lo scouting di calciatori e l’improvement dei metodi di allenamento. Anche in questo caso si tratta di un ‘’plagio’’, ma questa volta ad un altro famosissimo sport americano: l’NFL.

Nel baseball le società utilizzano infatti i Big Data già da decine di anni per stilare un profilo continuamente aggiornato e completo di quasi ogni sportivo, in modo da poterlo consultare immediatamente al momento del bisogno. A qualcuno di voi si starà illuminando la lampadina pensando a Mobeyball: il celebre film statunitense che ha reso universalmente conosciuti i Big Data e le analisi statistiche di un giocatore. Questa pellicola in effetti è perfetta per spiegare in modo semplice ciò che i numeri potrebbero regalarci. Grazie ad essi si potrebbe arrivare, molto più facilmente che adesso, ad individuare il calciatore più funzionale alla squadra e non il più forte o talentuoso. Bilanciando così una volta per tutte costi e benefici di un investimento che fa una società acquistando un giocatore.

Ne è un esempio attuale il modello attuato dal Milan e da Geoffrey Moncada, capo scout rossonero e maestro delle analisi statistiche. Giusto per citare qualche nome: Maignan, Kalulu, Saelaemakers, Adli, Kjaer. Tutti calciatori acquistati a cifre modeste ma che si sono rivelati estremamente importanti ed adatti alla causa dei campioni d’Italia.

Un’altra importante novità é rappresentata da una figura, sempre importata dal modello americano, che è diventata ormai pane quotidiano anche in Europa: il match analyst. Si tratta di un responsabile specializzato proprio nello studio delle partite al fine di elaborare degli importantissimi dati statistici che migliorerebbero le prestazioni singole e di squadra. La raccolta prevede una mole di dati incredibile. Perfino ciò che può sembrare più inutile, come il numero di salti effettuati o il tempo di reazione ad un contrasto, viene raccolto, selezionato, studiato e trasformato in una statistica. Grazie a ciò allenatore e staff tecnico saranno in grado di oltrepassare la “semplice” descrizione della performance in campo, grazie ad analisi predittive e suggerimenti dettagliati che permettono l’ottimizzazione di una strategia oppure di un gesto tecnico. Lo scopo è quello di individuare le carenze di un calciatore, così da potere sopperire tramite specifiche sedute di allenamento individuale.

DUNQUE, IL CALCIO SI STA ‘’AMERICANIZZANDO’’?

Questa domanda meriterebbe sicuramente una risposta complessa e lunga, in quando andrebbero presi in considerazione numerosissimi fattori. Tuttavia, se si dovesse rispondere in maniera rapida e fredda la risposta sarebbe: si, il calcio si staamericanizzando“. Ma la concezione non va intesa come negativa. Si tratta infatti di una rivoluzione necessaria del sistema che era nell’aria ormai da tanti anni. Il modo di fare calcio era rimasto infatti pressoché identico a 30 anni fa e questa ‘’americanizzazione’’ si sta finalmente andando verso una svolta progressista. Senza di essa di sarebbe andati incontro ad un modello insostenibile fatto di costi esorbitanti, poco studio e tanta incompetenza.

SalvatoreS