"Un amore così grande": Lorenzo Pellegrini, quanto è difficile essere figlio di Roma

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LORENZO PELLEGRINI, QUANTO È DIFFICILE ESSERE FIGLIO DI ROMA - L'Italia possiede diverse qualità e peculiarità che il mondo intero ci invidia: dal mare alla montagna, i paesaggi maestosi, la Storia, il folklore e tanto, tanto altro. Da non dimenticare assolutamente il mondo della musica che, soprattutto nel corso del secolo scorso, ha visto nascere artisti di fama mondiale; dalle menti di questi geni sono nati dei capolavori che, anche a distanza di anni, vengono ascoltati e apprezzati pure dalle nuove generazioni. Il tema centrale di parecchie di queste opere è l'amore, inteso in tutte le sue forme e sfaccettature; Claudio Baglioni lo ha definito “bello” e “piccolo ma anche grande”, Massimo Ranieri, invece, non lo voleva “perdere”, Gino Paoli ne racconta la “lunga storia”, Emis Killa lo vedeva come “tossico”. Ma il non plus ultra delle canzoni d'amore è quella di Mario Del Monaco, talmente bella da venire reinterpretata prima da Claudio Villa e poi dai Negramaro: “Un amore così grande” è un vero e proprio inno alla passione tra due innamorati, che descrive alla perfezione nel testo emozioni e sensazioni. 

L'amore, ovviamente idealizzato, lo si può provare anche nel mondo del calcio: l'adorazione per il proprio beniamino, a volte, raggiunge un livello tale per cui si farebbero vere e proprie pazzie. Sarà l'aria del Mediterraneo, sarà la differenza di calore sia umano che metereologico, ma in Italia, più ci si sposta verso il Sud, più questo “amore” si amplifica. Non a caso, la regina in questo “campo” si trova nella capitale: Roma è una piazza che ti travolge con la potenza del proprio sentimento. E se non si sta attenti, si può rimanere spiazzati dall'effetto boomerang, ovvero passare da cavallo di battaglia a handicap. Roma è “un amore così grande”, ma se le spalle non sono abbastanza larghe da sostenerlo, può far soccombere il destinatario. Lorenzo Pellegrini lo ha provato sulla propria pelle; è passato da momenti in cui è arrivato a toccare il cielo con un dito a periodi di buio totale, in campo e a livello interiore. Lorenzo Pellegrini sta sperimentando quanto sia meraviglioso, e difficile allo stesso tempo, essere figlio di Roma

LORENZO PELLEGRINI, QUANTO È DIFFICILE ESSERE FIGLIO DI ROMA - LE DIFFICOLTÀ DELLA SUCCESSIONE

Nel recente passato la metà giallorossa della capitale ha amato alla follia “l'ottavo Re di Roma” Francesco Totti, il suo successore Daniele De Rossi, e ora sta provando a fare lo stesso anche con Lorenzo Pellegrini. Sin dagli albori della sua esperienza in giallorosso, ovvero quando era solo un pischello di belle speranze, Pellegrini ha dovuto combattere con l'incombenza dei suoi predecessori. Nessuno lo ha mai messo a paragone con due monumenti come Totti e De Rossi, sia chiaro; però anche solo il fatto di avere nuovamente in rosa un "romano de Roma" in rampa di lancio aveva già fatto cominciare a sognare i tifosi della Magica. E questa eccessiva e precoce aspettativa l'ha sempre sofferta, in un modo o nell'altro, anche se non l'ha mai dato a vedere più di tanto. 

Lorenzo è un romano atipico: non è né caciaronecoatto, anzi tutto il contrario. Come lui stesso ha dichiarato, è timido e introverso, uno che fatica ad esternare le proprie emozioni. Si tiene tutto dentro, sia le sensazioni positive sia quelle negative, e sono proprio queste ultime che lo hanno segnato maggiormente. Il capitano, in questi anni di mandato, si è spesso accollato colpe anche non sue; un po' per protezione verso i compagni, ma soprattutto perché sente la responsabilità in maniera dieci volte superiore agli altri. Negli anni si è sentito dire contro di tutto: allenatori esonerati per colpa sua, critiche esagerate, accuse di mancato impegno, e chi più ne ha più ne metta. La risposta a tutto questo fango, contrariamente a ciò che ci si aspetta, è stata l'ergersi a martire oppure il silenzio. E, alla lunga, tutto questo ti logora dall'interno, arrivando sino alla situazione di poche settimane fa. 

LORENZO PELLEGRINI, QUANTO È DIFFICILE ESSERE FIGLIO DI ROMA - SLIDING DOORS

A dirla tutta, un momentaccio pari a quello vissuto quest'anno, Pellegrini lo aveva già provato. E, caso vuole, che sia stato anche in quel caso un derby a cambiare completamente l'inerzia della sua carriera

Riavvolgiamo il nastro: dopo il breve ma proficuo periodo di adattamento alla Serie A con la maglia del Sassuolo, Lorenzo Pellegrini ritorna alla casa base con la voglia di spaccare il mondo e la consapevolezza di poter essere un calciatore cruciale per la propria squadra del cuore. Nonostante tutti questi buoni propositi, inizialmente qualcosa va storto: la prima stagione con la Roma è costellata da prove opache e un rendimento scarso. Nemmeno il fatto di avere Eusebio Di Francesco come allenatore, che ne aveva tessuto le lodi durante il periodo con lui in neroverde, lo aiuta, e pure la seconda annata inizia sulla stessa falsa riga: nelle gerarchie Pellegrini è relegato al ruolo di sostituto di uno sfavillante Javier Pastore. Se le cose fossero proseguite in quel modo, una dolorosa plusvalenza a fine anno non sarebbe stata assolutamente da escludere. 

Il Dio del Calcio ha però altri piani per lui, e decide di rovesciare completamente ogni discorso il 29 settembre 2018; giorno, manco a dirlo, di Roma-Lazio. Pellegrini parte in panchina come previsto, ma subentra al 36' al posto dell'infortunato Pastore, e sblocca il derby con una magia che non si vedeva da parecchio tempo all'Olimpico: la difesa biancoceleste pasticcia, il numero 7 si avventa sulla palla come un falco e la insacca con un colpo di tacco. Gesto tanto straordinario quanto rischioso: come ha dichiarato più tardi, “se la palla fosse finita fuori, in molti non me l’avrebbero perdonato”

LORENZO PELLEGRINI, QUANTO È DIFFICILE ESSERE FIGLIO DI ROMA - LA MOSSA DI SIR CLAUDIO

Da quel giorno a oggi ne sono successe di cose: tante delusioni, ma anche la gioia di aver alzato il primo trofeo europeo della storia della Roma, con Josè Mourinho come comandante. Il rapporto con lo Special One è stato altalenante, esattamente lo specchio della sua carriera sinora: con picchi di alti da “vorrei undici Pellegrini nella mia formazione titolare”, ai bassi del freddo saluto e alle successive accuse di tradimento al momento dell'esonero del portoghese

Potrebbe però essere la genialata di un altro allenatore, che è di fatto un'istituzione a Roma, ad aver nuovamente rimesso sulla retta via Pellegrini. Claudio Ranieri, oltre ad aver risollevato una squadra smarrita e impantanata nelle sabbie mobili, le ha riconsegnato il proprio condottiero rimesso a nuovo; il tutto grazie ad una furba ed estremamente intelligente mossa da scacchista. Sir Claudio, grazie alla sua esperienza ultratrentennale, è diventato una specie di sensitivo per queste cose. Il suo sesto senso, combinato alla romanità, gli ha suggerito una mossa a sorpresa per il derby: “Avevo deciso di tenere Lorenzo in panchina, ma nei suoi occhi ho visto una luce differente. Ho capito che la voglia di esserci, di giocare, era enorme. E ho cambiato idea". Pellegrini era pronto, aveva una fame di rivalsa tale da strappare l'erba, e la stracittadina con la Lazio era la partita perfetta per rilanciarsi con la Roma. La titolarità nel derby dopo cinque panchine consecutive è stata una mossa simbolica da parte di Ranieri: d'altronde, chi meglio di lui può sapere che esiste una sola partita al mondo capace di risvegliare l'orgoglio sopito di un romano e romanista. E infatti sono bastati appena 11 minuti per dargli ragione: Pellegrini controlla al limite dell'area, elude gli interventi della difesa avversaria con una finta e scarica alle spalle di Provedel tutta la rabbia che aveva in corpo. 

In un istante si è passati dalle insistenti voci, che fiutavano una separazione imminente, ad una nuova ventata di amore puro, che ha scacciato pensieri negativi e preoccupazioni, e inaugurato una nuova pagina del ciclo di Lorenzo Pellegrini con la maglia della Roma.

LORENZO PELLEGRINI, QUANTO È DIFFICILE ESSERE FIGLIO DI ROMA - COCKTAIL D'AMORE

I tifosi della Roma, dopo i ritiri del capitano con la C maiuscola Francesco Totti e di "capitan futuro" Daniele De Rossi, avevano un bisogno quasi viscerale di trovare una nuova figura da idolatrare, un figlio di Roma da amare come se fosse il proprio. Il problema è che ognuno è diverso, non tutti reagiscono allo stesso modo alle pressioni e agli errori; Pellegrini non è Totti, lo sappiamo noi, lo sa lui e lo sa anche il popolo di Roma, che sta però provando ad amarlo in egual misura, talvolta eccedendo e andando ad ottenere un effetto contrario. Perché quando ci si arrabbia con qualcuno con tale veemenza, come è accaduto quest'anno e in più di un'occasione, è perché gli si vuole veramente bene e lo si vuole spronare a dare il massimo; Roma non ha però calcolato come avrebbe potuto reagire la controparte

Ma Roma, come ben sappiamo, è una piazza così: prendere o lasciare. L'amore giallorosso è differente da tutti gli altri; è un cocktail di passione ed emozioni che, se miscelato con le dosi sbagliate, può diventare potenzialmente letale. Lorenzo Pellegrini finora ne ha già fatto uso in quantità eccessive, e in due circostanze è stato salvato solo dalla defibrillazione del derby. Attenzione però; se il capitano non impara a misurarne il consumo e a prenderne un certo distacco, potrebbe non esserci una terza rianimazione stavolta. 

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Scritto da

Daniele Bertoni