Partito ad allenare dalla Promozione siciliana, Roberto Boscaglia è arrivato fino in Serie B, passando per tutte le categorie in mezzo e raggiungendo grandissimi traguardi. Il tecnico siciliano ha parlato della sua carriera in esclusiva ai nostri microfoni.
L’INTERVISTA COMPLETA A ROBERTO BOSCAGLIA
Nella stagione 2018/2019, lei ha allenato Dany Mota Carvalho alla Virtus Entella. Cosa si ricorda di lui? Ci racconta qualche aneddoto?
“Ci siamo sentiti qualche giorno fa dopo il gran gol a Genova, in un campo che porta bene a lui. Lì ha segnato uno dei rigori della serie finale nel match di Coppa Italia con il Genoa di Juric che abbiamo vinto. Veniva dal settore giovanile e io lo trovai come terzo/quarto attaccante. Era un ragazzo di appena 19 anni che però si è messo subito in luce, l’ho messo titolare alla prima partita ed è rimasto così. Era un giocatore in forte crescita, con forza nelle gambe e con un grande fiuto del gol. Si faceva voler bene dal gruppo”.
Rispetto a quando lo allenava lei, in cosa è migliorato Dany Mota? Dove può ancora crescere?
“Dany è migliorato tanto, già in quell’annata con noi. Spesso quando veniva tra le linee aveva un buon primo controllo e poi scopriva la palla, questa era una cosa su cui, anche in quell’anno, abbiamo lavorato. Era un giocatore che prima abbassava un po’ più la testa e giocava meno con i compagni e in quella stagione iniziò a lavorare molto con e per la squadra. È un giocatore che si spende per la squadra e per il proprio reparto. Su questa cosa ha avuto grandissimi miglioramenti”.
Nella rosa del suo Brescia prima e successivamente anche in quella della Virtus Entella era presente Luca Mazzitelli, ora capitano del Frosinone. Cosa ci dice di lui?
“Luca l’ho avuto a Brescia, quando aveva ancora 19 anni. Lui era un giovane, scuola Roma, ma in quell’anno ha fatto un grandissimo campionato. All’Entella invece l’ho voluto io. Veniva da un infortunio e stava giocando poco al Genoa in Serie A. Lo prendemmo e lui fece un bellissimo girone di ritorno con noi. È meraviglioso, un ragazzo stupendo a cui voglio bene e con cui ho un grandissimo rapporto. Si fa voler bene all’interno dello spogliatoio e dà tutto sé stesso, gioca sempre al 101%”.
E su Milan Djuric, attuale centravanti del Monza, che ha avuto al Trapani in Serie B?
“Djuric è un giocatore che ho voluto fortemente al Trapani al primo anno di B. L’ho avuto solo nel girone d’andata, perché poi andò al Cittadella. Era giovane e promettente e lo chiamavamo il gigante buono, era un ragazzo fantastico. È un giocatore molto forte, il classico attaccante con caratteristiche difficili da trovare tutte insieme, perché ha grande copertura della palla, bravo di testa, fisicamente devastante e ha il fiuto del gol”.
A Palermo ha invece avuto Lorenzo Lucca, ora all’Udinese…
“Lorenzo è un ragazzo magnifico, con il quale ho avuto un rapporto quasi da padre a figlio. L’ho avuto in Serie C inizialmente come terzo/quarto attaccante, un po’ come Mota, e invece lui a suon di prestazioni, gol e ottimi allenamenti si è preso la titolarità. Ha fatto grandi cose quell’anno a Palermo. È un ragazzo che non tira mai la gamba indietro e che ci crede su tutti i palloni. È meravigliosamente forte di testa e ha fiuto del gol, ma ha ancora alcuni fondamentali da migliorare. Viene anche a giocare tra le linee e lavora per la squadra, quindi non è solo in area”.
LA SUA CARRIERA
Nella sua carriera da allenatore, Roberto Boscaglia ha portato il Trapani dalla Serie D alla Serie B in 4 anni. Ci può raccontare di questa storica impresa?
“Sono ricordi meravigliosi, abbiamo fatto 6 anni splendidi. Siamo partiti dalla Serie D con un gruppo che ho portato io e che conoscevo, ma anche con una società straordinaria. C’erano il compianto Presidente Morace, che è stato come un secondo padre, e dirigenti con cui avevo un ottimo rapporto. Voglio sottolineare il contributo di tutti quanti, dalla società ai giocatori ai tifosi”.
“Abbiamo poi coinvolto la città. Siamo arrivati a Trapani con molto scetticismo, erano anni che la squadra non andava tra i professionisti. La tifoseria è stata meravigliosa e ci ha amato subito. Quindi è stato un tutt’uno, è stata un’intera città che ci ha spinto fino al sogno, che era la Serie B, categoria in cui il Trapani non c’era mai stato. Un’intera provincia si è stretta attorno alla squadra. Il vero capolavoro dei 6 anni è stata la stagione 2012/2013: siamo ripartiti dopo aver mancato la promozione in Serie B di poco l’anno precedente e farlo, vincendo il campionato, era difficilissimo. Ma ne siamo stati capaci”.
Lei ha raggiunto la Promozione con la propria squadra ben 5 volte. Dall’Eccellenza con l’Alcamo e il Nissa, dalla Serie D con il Trapani e dalla Serie C con ancora il Trapani e la Virtus Entella. Quale è l’ingrediente necessario per raggiungere questo tipo di traguardi?
“Ci sono molte componenti che si devono incastrare. L’identificarsi in una terra, capendo cosa significa la maglia per la gente della città, è determinante. Il giocatore deve capire in che realtà sta giocando. E l’allenatore deve essere bravo a calarsi subito nella mentalità, a vivere la gente e farsi conoscere come persona”.
“Poi ci vogliono competenza, lavoro e sacrificio ed è difficile capire quale è la più importante. Una squadra ha bisogno anche della propria società. Avere la possibilità di essere in una città che ti accoglie e che ti ama è un’altra componente importante. Non c’è un vero ingrediente decisivo, ma diverse cose si devono incastrare per indirizzarti sulla strada del successo”.
Lei è partito dalla Promozione ed è arrivato fino alla Serie B. Quali differenze ha notato tra le categorie?
“Le emozioni e le motivazioni sono uguali, ci sono differenze di qualità. Tra dilettanti e professionisti ci sono tipi di calcio differenti, ma anche tra Serie C e Serie B ci sono cose diverse. In C c’è un calcio meno tecnico e qualitativo e con meno agonismo. In B si corre tanto come in C, ma bisogna farlo con qualità. Devi avere abilità tecniche importanti in cadetteria. Poi c’è una differenza ambientale tra categorie. Le categorie sono comunque così diverse che le squadre che retrocedono fanno fatica a ripartire. Non è facile abituarsi al nuovo livello, anche inferiore”.
Lei ha parlato del legame con la città di Trapani. Quanto è importante la spinta dei propri tifosi?
“L’appoggio dei tifosi è determinante. A Palermo c’è una piazza spettacolare. Trapani è stato meraviglioso, ma anche Brescia e Foggia hanno curve bellissime. A Chiavari invece siamo stati bravi a trascinare una città. I tifosi sono stati con noi fino alla fine e insieme abbiamo raggiunto la promozione. Quando vai in una squadra devi vivere la città e i tifosi, il loro apporto dà qualcosa in più ai giocatori. Il tifoso diventa il dodicesimo uomo in campo”.
Boscaglia ha poi concluso parlando del futuro:
“Ho moltissima voglia di tornare ad allenare. Chi mi chiama in questo momento fa un affare perché ho tanta voglia di rimettermi in gioco. In questo periodo ho visto diverse partite, mi sono aggiornato e ho girato un po'”.