ESCLUSIVA JAVORCIC - La scorsa avventura di Igor Tudor in panchina risale alla scorsa stagione di Serie A con la Lazio. Quello che non molti sanno, però, è il livello elevatissimo dello staff che ha affiancato il tecnico croato. Tra i membri dell'équipe, infatti, il braccio destro dell'allenatore era Ivan Javorcic, non un nome qualunque: ex calciatore di Brescia e Atalanta, tra le altre, nonché allenatore con una carriera importante tra le trafila delle Rondinelle, del Sudtirol (campione di Serie C) e del Venezia.
La redazione di Numero Diez ha avuto il piacere di intervistare Javorcic in ESCLUSIVA, parlando appunto della sua storia, dei suoi principi calcistici e del suo rapporto con piazze e personalità cruciali nel corso della sua avventura nel mondo del calcio. Non sono mancate opinioni sull'attualità calcistica, come sul rapporto Giampaolo-Lecce, sulla salvezza del Venezia e sulla corsa Scudetto. Di seguito riportata l'intervista integrale.
L'INTERVISTA IN ESCLUSIVA A IVAN JAVORCIC
ESCLUSIVA JAVORCIC: LA STORIA VERSO L'ITALIA
Addenatrandoci nella tua storia, abbiamo sentito tanti giocatori della ex Iugoslavia arrivati in Italia dopo storie particolari. Qual è stato il viaggio di Ivan Javorcic verso l'Italia?
“È stata la storia di un ragazzo semplicemente innamorato del gioco del calcio. L'Italia in quel momento lì è stata la massima espressione del calcio mondiale: la Serie A era il campionato più competitivo. Quando mi si è presentata questa possibilità di poter venire qua non ci ho pensato un attimo. Sono cresciuto con il mito del calcio italiano. Quando Edy Reja mi ha visionato in una partita con la Croazia e mi ha chiesto di venire a Brescia, ho preso il mio zaino e sono andato via senza sapere nulla: mi sono buttato. La mia carriera e, in generale, la mia vita sono così: scelte difficili e coraggiose. Ho sempre avuto un mio modo di intraprendere questa strada e affrontare le difficoltà. L'Italia per me era il massimo e sono qua da più di 30 anni. Ho passato più tempo qui che la mia infanzia in Croazia, le mie figlie sono nate qua e c'è grande influenza italiana sul mio carattere”.
ESCLUSIVA JAVORCIC: AFFERMARSI IN LOMBARDIA, TRA BRESCIA E ATALANTA
Nella tua tesi per il patentino UEFA Pro hai nominato, ringraziando, mister Giampaolo, appena presentatosi a Lecce. Cosa ti aspetti dal suo ritorno in panchina?
“Lui è stato importante nel mio percorso, soprattutto all'inizio quando allenavo la Primavera del Brescia (Giampaolo allenava la prima squadra, n.d.r.). È stato un riferimento per il suo approccio, metodo, cura dei dettagli e gestione dello staff… Tutto quello che deve fare un allenatore di calcio di un certo livello. Mi ha allenato quando giocavo a Treviso. Lo stimo davvero tanto e penso che sia uno dei migliori allenatori italiani. Sono molto contento del suo rientro in panchina, mi piace un po' questo suo carattere schivo: non parla e non si fa vedere tanto, è abituato a lavorare in campo. Sono caratteristiche che apprezzo tanto, sono felice per lui e lo seguirò con grande attenzione, augurandogli veramente tutto il meglio perché se lo merita. Sono anche un po' curioso perché leggendo le sue dichiarazioni ci sarà qualche cambio, il calcio oggi va avanti e sono interessato alla sua proposta: sono sicuro che farà bene”.
Oltre a esserti consolidato a Brescia, hai vestito la maglia dell'Atalanta, anche se con nessuna presenza all'attivo. Ora queste due squadre vivono momenti opposti: una lotta in Serie B e l'altra è tra le top in Serie A. Che rapporto hai con le due realtà in cui sei cresciuto?
“Per quel che è stato il mio vissuto a Brescia, io sono un bresciano d'adozione. Ho giocato e fatto da allenatore qui in tutte le categorie: dal settore giovanile a una breve parentesi in prima squadra in un momento di estrema difficoltà, il più delicato e difficile della storia del club. Il mio sentimento verso il Brescia è diverso, c'è un legame particolare per la città in cui ho vissuto di più, anche con la gente di Brescia. A Bergamo ho avuto un'esperienza sfortunata, come tutto il mio percorso da giocatore. Già in quel momento, però, Zingonia rappresentava un certo sportivo di livello e la mentalità era quella già impostata verso grandi cose. Con il cambio di proprietà vanno fatti i complimenti a una realtà che, secondo me, è un punto di riferimento nel calcio di oggi per come è riuscita a imporsi tra i grandi partendo dal basso e da cui si può imparare tanto. Cominciando dal fatto che c'è un allenatore tra i più importanti in Italia, ma che sta lì da tanti anni”.
Secondo te l'Atalanta può competere per la vittoria dello Scudetto, vista la situazione attuale?
“Assolutamente sì, ne sono convinto soprattutto per incastri e dinamiche di quest'anno. Non vedo una squadra che ha quell'energia e forza di creare un vuoto con le altre. Ci sono tante squadre coinvolte in un processo di crescita. Praticamente le uniche due che non hanno cambiato sono Inter e Atalanta: secondo me sono loro le squadre che potrebbero ambire di più, oltre ai percorsi di Napoli, Juve e ci arriverà anche il Milan. Per quel che si sta creando, l'Atalanta avrà le sue chances. Poi è chiaro che è ancora presto, ma se questa situazione di equilibrio rimarrà fino a marzo, nel rush finale della seconda parte di campionato la Dea ha dimostrato di accelerare. Rispetto agli altri vanno in difficoltà e perdono punti all'inizio. Tuttavia, stavolta anche le altre non volano e sono tutte lì. Questo è un dato molto interessante”.
ESCLUSIVA JAVORCIC: L'IDEOLOGIA DELL'ALLENATORE
La tua tesi è intitolata “Il gioco. L'origine e l'evoluzione del calcio”. Ma qual è effettivamente la tua visione calcistica, a livello modulistico e di stile di gioco?
“Nella mia tesi mi sono concentrato sul mio vissuto e sul mio approccio di studio, curiosità e voglia di imparare da questo gioco. Si chiudeva un capitolo di studio in cui ho inserito tutto il mio sapere. Oggi il calcio cambia e si evolve in continuazione: un allenatore deve avere sempre questa capacità di adattarsi a quel che il gioco ti impone. Ciò che rimane come base è una questione di cultura e disciplina del lavoro come approccio quotidiano. Entrando nello specifico del gioco, sono improntato sull'intensità, la voglia di determinare e il coraggio di competere e dominare quelli che sono i momenti di gioco, per avere la mentalità di scendere in campo per vincere le partite. Poi si entra più nelle sfumature e strategie per il dominio con e senza palla”.
In particolare si nota nella tua carriera la forte influenza del 3-5-2 con le sue varianti. Si tratta del tuo modulo preferito? Che caratteristiche preferisci evidenziare?
“Oggi parlare di sistemi è diverso rispetto al passato, prima era un calcio più posizionale e ordinato. Al giorno d'oggi tante squadre impostano a 4 e difendono a 3, anche in base alle caratteristiche dei giocatori. Penso sia più importante parlare di principi piuttosto che di sistemi di gioco. La maggioranza oggi usa un 4-2-3-1 o 4-4-2 quando non ha palla perché è un modo più ordinato di coprire il campo e questo ti permette di essere abbastanza compatto e aggressivo. Chiaramente ogni allenatore ha le sue sfumature: qualcuno che attende, qualcuno che predilige il pressing. In fase di possesso, poi, si costruisce con una difesa a 3 e totale ampiezza e tanti giocatori interscambiabili tra le linee… Il mio modo preferito va in quella direzione lì, difendendo in una determinata maniera e, quando si ha la palla, si ha un mix tra un calcio posizionale e un calcio fatto di connessioni e relazioni tra giocatori in determinate zone, con un po' più di libertà di movimento”.
In questo vi sono somiglianze tra i tuoi principi e quelli di mister Tudor. Oltre a una vicinanza territoriale, che rapporto hai con lui a livello sia tattico che umano?
“È una storia che si è incastrata, perché le nostre idee calcistiche combaciano e questo ci ha messo sulla stessa lunghezza d'onda. Inoltre siamo cresciuti insieme a Spalato da coetanei e abbiamo vissuto tante cose insieme nelle prime fasi delle nostre carriere. Siamo sempre rimasti in contatto con un rapporto di stima reciproca. Poi è semplicemente nata questa collaborazione alla Lazio: io venivo da un periodo particolare, a lui è venuta quest'idea e io ho visto un'opportunità di crescita e un modo di migliorarmi. Non ho problemi di ego e non ho avuto dubbi ad accettare un ruolo per me nuovo, stimolante e per vedere il mio mestiere da un'altra prospettiva. Sono molto contento di questa scelta, con Igor ho un rapporto aperto, di condivisione e cooperazione.
Continuare con lui da vice? Assolutamente sì, in questo momento la mia idea è orientata verso la collaborazione con lui. Penso sia la cosa più giusta per me e per rispettare il nostro rapporto: vedo opportunità reciproche di crescita. Ci sono state richieste per tornare in panchina da capo allenatore, c'è stata qualche curiosità, ma ho dovuto ringraziare e spiegare questa scelta, mi sembra corretta come strada da intraprendere per completarmi come persona e come allenatore".
ESCLUSIVA JAVORCIC: L'APOGEO AL VENEZIA
Da allenatore sei riuscito a portare giocatori internazionali al Venezia come Cheryshev e Pohjanpalo. Come è stato possibile portare giocatori da club molto blasonati al Venezia?
“È stata un'esperienza molto breve, però molto intensa. La reputo importante aldilà dell'esito, vissuta con grande intensità e che mi ha lasciato qualcosa. Non è stato difficile convincere i giocatori a trasferirsi perché la proprietà internazionale era interessante e arrivava da un'esperienza in Serie A, con l'idea di tornarci nel breve periodo. E comunque Venezia esercita un fascino particolare: è una città meravigliosa e la società portava avanti programmi e idee che attiravano anche giocatori internazionali. La proprietà era predisposta a una visione del Venezia internazionale, rispecchiando anche la città e la gente che sono fantastici. Queste componenti attirano”.
In quella rosa c'erano elementi tuttoggi importanti: Pohjanpalo, Ellertsson, Candela. Il Venezia può salvarsi per te?
“Sì, o almeno ci si deve provare. Ha un allenatore che è esperto di Serie A e può dare qualcosa di importante. La rosa ha qualità e giocatori interessanti, con gamba e fisicità che servono in Serie A. Secondo me si può giocare le proprie chances, anche se il primo step per le neopromosse dalla Serie B è sempre molto difficile, il gap è importante prima di consolidarsi. Ma il progetto Venezia è molto valido per rimanere nella massima serie”.
ESCLUSIVA JAVORCIC: NEL SEGNO DEL SUDTIROL
Che ambiente è quello della Serie B al Sudtirol, visto il campo difficile e la compattezza del gruppo, piuttosto che del singolo?
“In Alto Adige c'è sempre stata questa caratteristica di essere esuli dal calcio italiano. Le strutture sono di altro livello, cosa fondamentale per il calcio di oggi. In Italia siamo indietro rispetto alle realtà estere. Si ha mentalità seria e grande cultura del lavoro, che si trasmette anche alla squadra, a partire dall'ambiente e dalla società con valori di gruppo e di ambizione per fare risultati in un contesto così. Il Sudtirol può dar tanto ai giocatori che devono crescere e formarsi, ma anche ai talentuosi, per riconoscere i valori di squadra, solidarietà e sacrificio, sempre stati presenti nel DNA del Sudtirol”.